Capitolo 31

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Mattia

La prima cosa che ci chiese Mario quando tornammo in cucina fu: "Che è successo?"

Io e Elena ci scambiammo uno sguardo d'intesa, non potevamo dirgli subito che ci eravamo riavvicinati. O almeno così doveva essere.

«Niente» rispondemmo in coro senza volerlo, facendo accigliare il signor Morelli e facendo inarcare invece le sopracciglia di Viola.

Eravamo fregati e infondo lo sapevamo. A Viola poche cose le si potevano nascondere.

«E Mattia sta sorridendo davvero dopo mesi per niente?» mi sentii, come in poche volte in vita mia, in imbarazzo.

Abbassai lo sguardo e mi morsi l'interno guancia. Stavo sorridendo, era vero, ma non riuscivo a smettere. Non potevo controllarlo neanche volendo. Ero ancora arrabbiato con Elena, ma il solo pensiero che volesse me mi faceva impazzire. Avrei voluto urlarlo al mondo intero che mi aveva baciato e che non voleva davvero quel musicista del cazzo. Che in realtà forse provava qualcosa per me, che per una buona volta sarebbe potuta essere davvero mia.

Che forse sarei potuto essere l'unico per lei, e lei l'unica per me. Dovevo dirlo a Paolo.

Una gomitata nello stomaco mi riprese dai miei pensieri. Fulminai Elena con gli occhi.

Amavo anche quando mi faceva male.

Mi indicò i suoi genitori.

Giusto.

«Dobbiamo uscire con gli altri, abbiamo anche fatto tardi. Andiamo?» mi rivoltai verso Elena, era meglio evitare gli sguardi dei signori Morelli o mi avrebbero scoperto. Ero troppo contento per poter fingere.

«Voi due non me la raccontare giusta. Quando mai uscite insieme ultimamente?» la voce di Viola era bassa, poco dopo continuò. «Ma state sorridendo, quindi va bene così, niente più domande Mario».

Guardai di nuovo Elena, anche lei si stava trattenendo. Era la cosa più bella che avevo mai visto fino a quel momento.

«Non va bene così! Se siete tornati insieme e non me lo dite giuro che a te ti faccio ritornare a casa tua» Mario mi riprese per una spalla, costringendomi a voltarmi verso di lui, poi passò a guardare sua figlia al mio fianco, «e a te, dimentica tutte le tue solite uscite e le nottate dai tuoi amici».

«Non siamo mai stati insieme, in realtà» specificò Elena, facendomici pensare.

«Sai quello che intendo, non fare la puntigliosa adesso» la rimproverò suo padre, forse scherzando o forse no. Almeno non ero l'unico a notare quanto lo fosse sin da bambina. Sempre attenta a ogni parola che gli altri dicevano.

Non mi misi a pensarci troppo, perché dalle mie labbra uscì una domanda che non avevo previsto.

«Vuoi tornare a non stare insieme a me?» Elena strabuzzò gli occhi, io deglutii.

Per un attimo avevo dimenticato, inspiegabilmente, di essere davanti ai suoi genitori.

«Mattia!» Mi beccai un'altra gomitata, che questa volta mi provocò un gemito di dolore.

«Allora?» suo padre, dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio, e sorprendendomi, incitò Elena a rispondere alla mia domanda.

Quest'ultima finì per arrossire e abbassare gli occhi grigio-azzurri. Non riuscii più a trattenermi e allargai il mio sorriso. Alle volte Elena sapeva ancora essere tenera come quando eravamo al liceo, sembrando una piccola e dolce bambina ingenua.

Anche se sapevo benissimo ormai che sotto c'era un piccolo diavolo. Forse il mio piccolo diavolo.

«Dobbiamo andare via» borbottò poi, tirandomi via per un braccio verso l'uscita della cucina.

Small Steps, il primo caffè è sempre da buttareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora