Capitolo 7

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Mattia

«Io lunatico, ti rendi conto?! Prima sembra che voglia baciarmi e il secondo dopo, all'improvviso, inizia a dire che io volevo farla arrabbiare, spingendomi pure! Per me quello è un comportamento da lunatica».

Stavo ancora fremendo dalla rabbia, nonostante fossero passate ore da quel momento.

«Non mi è molto chiaro il modo in cui siete quasi finiti per baciarvi, Matti. Hai fatto tutta quella sceneggiata perché volevi davvero baciarla oppure per divertirti? Per quello che ti ho detto ieri, forse? Sta iniziando a piacerti Elena Morelli, Matti? Guarda che infondo è sempre la stessa, sicuro».

Fabio non aveva colto il punto. O forse lo aveva colto fin troppo bene e io non ero pronto ad ammetterlo a me stesso. Sta di fatto che tutte quelle sue domande inutili mi fecero arrivare al culmine.

«FABIO CHE CAZZO CENTRA SE MI PIACE O NO. QUELLA RAGAZZA È PAZZA».

Presi un grosso respiro dopo quel mio sfogo. Mi guardai intorno, alcune persone avevano iniziato a fissarmi in modo strano. Diedi un ultimo morso al panino che avevo fra le mani, ancora infuriato, e ripresi a camminare. Ero quasi arrivato in caffetteria.

Dall'altro capo del telefono sentii Fabio sospirare. Che cazzo aveva da sospirare lui?

«Forse ti ha respinto all'improvviso perché pensava volessi prenderla in giro, che vuoi che ne sappia io! Lasciala perdere e basta!»

Ero riuscito a far innervosire persino Fabio.

Gettai la carta del panino in un cestino, al volo, e mi fermai davanti alla caffetteria. Erano le due meno dieci.

«Eccola, sta entrando. Io ora come dovrei trattarla? Bene? No perché non sia mai che improvvisamente inizi a prendermi a schiaffi perché nella sua maledetta testa sono il mostro di Firenze» la osservai entrare in caffetteria, per fortuna non mi aveva ancora visto.

«Che c'entra ora il mostro di Firenze?»

"Già, che c'entra? Lo so io cosa c'entra."

«Niente, Fabio, lascia perdere. È pur sempre Elena Morelli, comunque. Perché mai dovrebbe piacermi Elena Morelli? Hai ragione tu, è colpa tua! Ieri mi hai detto che le piacevo e ora mi hai confuso. Complimenti, Fabio, sei un amico di merda» sbottai, dando un calcio al cestino di fianco a me, facendomi anche male.

Reprimetti un urlo di dolore e iniziai a respirare piano.

Ero incazzato nero.

«Quando entri in caffetteria fatti una camomilla» sapevo che si stava trattenendo dal rispondermi male, e lo ringraziai mentalmente perché altrimenti avrei peggiorato la situazione.

«Credo che lo farò» sospirai infine.

«Bene. Ci vediamo stasera allora?» mi chiese.

«Sì, va bene. Sicuro che Claudia non farà un'apparizione improvvisa come suo solito?» Quella ragazza, ogni volta che io e Fabio ci organizzavamo per una serata tra soli ragazzi, aveva l'abitudine di spuntare fuori dal nulla.

«Io le ho esplicitamente detto di non farlo, ma per sicurezza ho prenotato in un altro locale. Stasera ci sarà anche musica dal vivo, mi è sembrato figo. Almeno cambiamo anche un po' aria, che ne dici?» ecco, lo sapevo.

Come faceva a vivere una relazione in quel modo?

«Come ti pare. Non dimenticare di mandarmi il nome del locale su Whatsapp» gli dissi, iniziando ad entrare in caffetteria.

«Sì, tranquillo».

Lo salutai e posai il telefono nella tasca dei pantaloni. La prima persona che vidi fu il signor Antonio, l'unico sessantenne lì dentro che mi risultasse simpatico. In pochi giorni eravamo diventati una sorta di amici, era stato lui a suggerirmi le cose di cui parlare con il signor Morelli per andargli sempre più a genio.

Small Steps, il primo caffè è sempre da buttareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora