Capitolo 1

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Mattia

«Buongiorno tesoro, come mai già sveglio a quest'ora?» la signora madre mi guardò sorpresa. Nelle mie orecchie "Small steps" di Tom Gregory mi distraeva, così abbassai uno degli auricolari per ascoltarla meglio.

«Vi ricordo che mi avete costretto ad andare a lavorare in quel buco di caffè con quella e suo padre, perché sopportarli davanti agli per tutta la vita non era abbastanza per voi. Il mio turno inizia alle otto».

«Mattia, Elena è una bravissima ragazza. Smettila di essere maleducato con lei e il signor Morelli».

«Hai proprio perdite di memoria, madre. Anche la signorina Morelli ieri ha tirato fuori le unghia. E poi perché dovrei smetterla? Potrebbero mica licenziarmi? Ah no, scusate, non possono, certo che no, non lo farebbero mai. Pagate il signor Morelli per tenermi lì senza uno stipendio» risposi in tono ironico, sistemando il mio zaino sulla spalla.

«Perché avrebbe dovuto assumere uno scapestrato che non sa fare nulla come te se non per soldi?»

Evitai di ribattere contro mio padre, rimisi il mio auricolare all'orecchio e mi avviai verso la porta. Erano le sette e mezzo del mattino ed ero già stanco delle persone. Avevo voglia di dormire, dormire, dormire e dormire. E invece non potevo, ero costretto ad andare a lavorare in una stupida caffetteria per imparare che cos'è la vita reale. Come se non lo avessi già capito. Come se non lo avessi già capito dopo l'incidente.

Presi il cellulare dalla tasca dei pantaloni e composi il numero di Fabio, il mio migliore amico.

Pensavo fosse già sveglio, dato che doveva seguire un corso privato di strategie di marketing, invece non potevo sbagliarmi di più. E io che volevo affidarmi a lui per prendere appunti e registrare le lezioni che mi sarei perso stando a lavoro.

«Buongiorno Caffè Morelli, come va la vita? Dov'è la buonissima colazione che mi è stata promessa ieri? If you walk with me we can take small steps!» varcai l'entrata della caffetteria con tutto l'entusiasmo che riuscii a raccogliere in me, riponendo poi i miei auricolari nello zaino. Non volevo dare l'impressione di dover essere costretto ad essere lì, non avrei mai dato quella soddisfazione a nessuno. I miei genitori mi avevano detto che il signor Morelli non sapeva che io fossi a conoscenza del fatto che lo stavano pagando per farmi stare lì. Quindi dovevo partecipare alla farsa.

«Caffè e cornetto al cioccolato ti vanno bene?» Elena uscì da quella che doveva essere la cucina con un vassoio fra le mani, spazzando via il mio finto entusiasmo.

Aveva già tutto pronto. Come al solito. Sempre perfetta in tutto.

«Preferisco un cappuccino con latte di soia e una brioche vuota» affermai, sedendomi su uno degli sgabelli posti davanti al bancone. Non lo avevo nemmeno mai bevuto un latte di soia.

La ragazza mi fissò a lungo, probabilmente indecisa sul da farsi. E dire che a scuola faceva qualunque cosa gli si dicesse subito appena uno gli faceva gli occhi dolci, senza se e senza ma... Pensava che così facendo diventasse automaticamente amica delle persone. Era ingenua, in quel momento invece non lo sembrava più.

«Domani forse sarai accontentato, ma per oggi ti farai andare bene questo».

«E se non me lo facessi andare bene?»

«Allora preparati tutto da solo o va in un altro bar, Ottavi, non mi importa niente. Qui non abbiamo tempo da perdere con i viziati come te».

Il giorno prima, appena la vidi, pensai subito che avesse qualcosa di diverso. Più che altro fisicamente. Era leggermente dimagrita, aveva schiarito i capelli e non li teneva più legati. Ma a quanto pareva era cambiata anche caratterialmente.

Small Steps, il primo caffè è sempre da buttareDove le storie prendono vita. Scoprilo ora