Quel pomeriggio, poi lo dissi al mio gruppo di amici. Ci rimasero male ma, d'altra parte, erano contenti che fossi riuscita a dare una svolta alla mia vita, se davvero era quello il mio intento.
Una settimana intensa.
Fin troppo.
All'aeroporto mi accompagnarono Finn e Beth, non so perché Jaxen non venì, ma mi bastò: ci eravamo salutati in precedenza.
Il ragazzo presente era davvero abbattuto ma io promisi ad entrambi che mi sarei fatta sentire.
Così, io e mio padre, lasciammo i miei amici e ci dirigemmo verso la navetta che ci avrebbe portato all'aereo.
Il viaggio sul mezzo di trasporto novecentesco durò poco, dato i pochi chilometri che dividono Melbourne da Sydney.
All'aeroporto ci venne a prendere mia sorella per poi portarci nel suo appartamento non troppo piccolo.
"Sono contenta che siate venuti" continuai a guardarmi intorno sorridendo, non potevo ancora credere di essere a Sydney.
Dopo pochi minuti dalla nostra entrata in casa la porta suonò e l'altra ragazza presente andò ad aprire. Erano quattro ragazzi, probabilmente dei suoi amici che salutai cominciando subito a parlarci.
Dopo poco mio padre non aspettò un secondo in più per uscire di casa e reimmergersi nei suoi affari.
Il più biondo, Luke, chiese: "mh, tu dovresti essere Bailey, non è vero? Brook ci ha parlato tanto di te..."
"Sìsì, sono io."
La mia risposta fu abbastanza secca e distaccata, non volevo aprirmi troppo e cominciare a chiacchierare non conoscendo bene i ragazzi.
Brooklyn notando l'imbarazzo decise di aiutarmi a sistemare le valigie.
Ci ritrovammo, dopo poco, a mettere i vestiti nella cassettiera in sei. Ah, per qualche secondo scordai i nomi dei ragazzi ma lo capirono e li ripeterono. Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings e Michael Clifford.
"Allora, Bay, come è andato il viaggio?" Calum, descritto così anche da Brook, era quello che più socializzava ed era più spavaldo ma nelle sue parole non c'era malizia, più che altro voglia di non rimanere ancora in quel silenzio assordante.
"bene."
Non sapevo il motivo della mia freddezza, in un certo senso non volevo rimanere fottuta. Avevo così tante emozioni dentro di me che mi sentii tutto ad un tratto vuota.
"B-Brook, ti dispiace se mi accendo una sigaretta?"
"No, fai pure". Mia sorella non si era mai preoccupata per me e l'affetto familiare mi era sempre mancato. Di certo non avrei fatto passare ai miei figli quello che avevo passato io.
"Ah ragazze, ho portato delle patatine per la merenda, volete?" Questa volta fu Ashton a parlare; dopo il periodo detto gli uscì una risata e, devo ammettere, che era molto contagiosa.
"Io passo" dissi quasi in un sussurro.
"Devi mangiare qualche schifezza, sei molto magra". A pochi metri da me una testa color verde prato parlò; alzai lo sguardo prima di posarlo su Michael per poi riabbassarlo.
<<non sono affari tuoi quello che mangio o quello che non mangio...>>. Istintivamente avrei risposto così ma mi uscì semplicemente un "no, davvero: ho già mangiato un aereo".
Lui annuì ed Ashton interruppe quel silenzio imbarazzante che si era creato all'interno della stanza.
"Va bene, io le prendo che ho fame"
"Ti mostro dove metterlo" mia sorella lo accompagnò in cucina dove prepararono un aperitivo.
A quel punto in salotto eravamo rimasti solo io, Michael e Luke, dato che Calum era momentaneamente in bagno.
Mi sedetti sul divano sentendomi a disagio mentre continuavo a fumare.
"Volete?" chiesi più tranquilla.
"Se posso faccio un tiro, senza accenderne una" alzai lo sguardo chiedendomi da dove provenisse la voce.
Il ragazzo dai capelli verdi parlò e non potei fare a meno di sorridere sollevata dal fatto che stessi condividendo la prima sigaretta a Sydney con un ragazzo dall'aria dolce.
Okay no, non dovevo farmi complessi.
Lasciai la mia sigaretta nelle mani di Michael quando mi vibrò ripetutamente il cellulare.
Era Jaxen.
"Hei Bay, fammi parlare"
"O-okay" ero abbastanza sconcertata.
"Non riesco a sostenere una relazione così, tu mi hai detto di non essere innamorata e nemmeno io lo sono ma per evitare di affezionarci, dato la distanza, conviene non fare le cose sul serio..."
"Fammi capire, mi stai lasciando?"
"Credo di sí, ma non voglio perderti del tutto, possiamo sentirci anche se non come fidanzati"
"Oh... va bene" sinceramente ero un po' delusa ma, in fondo, me ne ero andata da lui e, per questo, aveva tutto il diritto di non voler continuare.
Michael mi porse la sigaretta ormai quasi finita chiedendomi se tutto andava bene; inizialmente mi pizzicarono gli occhi ma poi decisi di ricompormi accennando un sorriso falso e dissi "sìsì, tutto alla grande".
Inspirai per l'ultima volta il mozzicone di sigaretta che poi spensi nel posacenere davanti i miei occhi.
"Non sei piccola per fumare?" Clifford domandò ancora.
"Sì, ma sono più matura di quanto pensi" riflettei poco dopo aver detto quella grande cazzata, io non ero matura, avevo semplicemente imparato che la vita non ti regala niente e il dolore c'è sempre, bisogna solo imparare a conviverci.
"Mi sembri una tipa sveglia" commentò.
"Lo sono" affermai fin troppo convinta. Il coraggio e l'audacia non mi erano mai mancati, nemmeno con i ragazzi; faceva parte del mio carattere ed avevo sempre amato questo lato estroverso.
Non volevo essere timida, avrei messo a nudo di più la mia tangibile insicurezza.
"Okay okay, che caratterino"
"Non sono uguale a mia sorella, mettiamola così". Lei, infatti, era completamente il mio opposto, sia fisicamente che caratterialmente.
Lei era bella, alta, socievole, sensibile, amichevole e sorridente.
E io... beh. Ero io.
Dopo qualche minuti se ne andarono quasi tutti, rimase solo Michael semplicemente per il fatto che i suoi genitori erano fuori città per qualche settimana e Brook gli aveva chiesto se voleva fermarsi a cena.
Ormai fattesi le sette mio padre tornò a casa quasi esausto.
"Dove sei stato?" chiese la rossa preoccupata.
"Oh, ero in giro per lavoro".
Fulminai mia sorella in modo che non chiedesse al nostro vecchio ulteriori informazioni sulla sua situazione al livello sociale e lavorativo. Entrambe sapevamo il motivo per il quale lui si era fatto sei mesi di galera e le litigate commesse a causa del suo mestiere scorretto e non classificato all'interno dell'ambito sociale; non volevo rientrare nei momenti bui in cui ero caduta mesi prima a causa di tutta quella confusione familiare, almeno non il primo giorno del nostro soggiorno, speravo eterno, a Sydney.
Brooklyn capì i miei sguardi quindi si limitò ad annuire.
Mi rinchiusi in camera per qualche minuto prima che arrivò mia sorella.
"Bay, allora come va?"
"Bene, a te?" evitai il suo sguardo.
"Sì anche a me, ma tu ne sei sicura? Da quando sei qui non hai spicciato parola su questi anni trascorsi senza di me..."
"Ma cosa dovrei dire? Mi hai lasciata da sola dopo la morte di mamma, s-o-L-a. Perché tu quello lo chiami un uomo? È solo un vigliacco e sai qual è la cosa che mi fa stare più male? Io sto diventando peggio di lui, e peggio di mamma. Non ho un punto di riferimento valido, tu stai bene qui, hai i tuoi amici, la tua magnifica vita. E io? Chi ci ha mai pensato a me?" stavo per piangere ma non volevo mostrare la mia fragilità.
"Lo so ma nemmeno io ce la facevo più a stare in quel posto dove tutti ci riconoscevano come le orfane o le figlie di drogati. E comunque, ti prego, non devi pensare al passato, non più. Se sei qui c'è un motivo: cambiare vita. Non mi importa se papà vuole portarti in giro per l'Australia a farti drogare, tu rimarrai con me, per sempre"
"Non importa con chi sto e dove, voglio solo stare bene."
Urlai quasi disperatamente quest'ultima frase, tanto che Michael bussò alla porta chiedendo se fosse tutto okay.
"Sìsì non preoccuparti, ora vengo di là" poi Brook si rivolse a me quasi sussurrando.
"Che ne dici se ti lascio un po' da sola con Clifford? Ti potrebbe far dimenticare un po' la nostra situazione..."
"È uguale" mi rifiutai di guardarla negli occhi.
Uscì dalla camera facendo entrare, al suo posto, il ragazzo.-------------------------
aw le visualizzazioni aumentano, appena arrivo a 1000 farò la copertina, giuro.
Spero che il capitolo vi piaccia❤️
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Through the dark// Michael Clifford
Fanfiction"E se nessuno mi salverà?" "Lo farò io" "e se non ci riuscissi?" "devo farcela, è la mia grande scommessa. Se non dovessi riuscirci mi manderei all'inferno, mi odierei per il resto della mia vita, non potrei mai colmare quel vuoto che mi apparterreb...