Capitolo 14 - Do not hurt me

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Le lacrime si stavano confondendo con l'acqua del getto della doccia, ma mi resi conto che stavo piangendo solo quando dalle mie labbra uscì un singhiozzo. Sapevo il motivo ma non volevo ammetterlo a me stessa.
Uscii dalla doccia avvolgendo il mio corpo con un asciugamano abbastanza lungo. Cercai di calmare il mio petto che aveva cominciato a muoversi in maniera frenetica mentre soffocavo le lacrime contro un asciugamano che si stava macchiando di nero a causa del trucco colato.
Presi un lungo respiro e decisi di non vestirmi per dormire ma bensì per uscire.
Non avevo intenzione di guardare lo schermo del mio cellulare, non ne volli sapere niente.
Uscii quindi dal bagno e andai a vestirmi con una canottiera bianca e una stampa nera sul davanti, degli skinny neri con degli strappi sulle ginocchia e delle converse rosse.
Asciugai i miei capelli velocemente e misi un cappello per non prendere una raffreddore a causa dell'umidità ancora presente su di essi.
Non feci in tempo a truccarmi del tutto ma poco importava, infondo era ormai sera tardi.
Andai in salone guardando mia sorella seduta sul divano a vedere la televisione, le feci cenno di alzarsi per seguirmi.
Sospirai entrando nella sua macchina e le dissi semplicemente di andare a casa di Michael.
Il clima era freddo e la pioggia pertinente e implacabile, ma nonostante ciò mia sorella sapeva che accompagnarmi dal ragazzo era la cosa giusta. Non avevo mai chiesto niente, soprattutto a lei, però quella era quasi un'emergenza, avevo bisogno di capire e stavo per aspettarmi il peggio.
Avevo lasciato il telefono a casa, spento. Non mi importava se fossero arrivate delle chiamate o dei messaggi, con solo una telefonata il mondo pochi anni prima era crollato su di me, non volevo accadesse nuovamente.
Picchiettavo le dita contro il mio ginocchio mentre il vento che frusciava al di fuori dei finestrini, era l'unico rumore presente nell'aria.
"Fai presto però, sei stanca Bay, non voglio vederti con le occhiaie domani". La voce di Brooklyn era rassicurante, ma avrei impiegato tutto il tempo a disposizione necessario.
Non avrei voluto impormi di sbrigarmi, mi sarei comportata in malo modo con la pressione addosso.
Non ero mai andata a casa di Michael e ero sicura vivesse con la madre, ma non mi importava di irrompere da lui.
Il senso di ansia stava prendendo il sopravvento su di me, avevo paura, tantissima paura.
Avevo paura di scontrarmi con la verità, non volevo sentirmi dire frasi troppo scomode oppure troppo laceranti.
Volevo girare intorno al discorso per non essere troppo ferita, o comunque in modo troppo frettoloso.
Eppure non appena sentii la voce di una donna rispondere al citofono, tutto quello che riuscii a dire fu:
"C'è Michael?"

Through the dark// Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora