Capitolo 9

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Victoria

Ebbene sì, era arrivato quel giorno.
L'inizio della scuola.
Non avevo preoccupazione o ansia di niente, ma sapevo di certo che al mio arrivo tutti gli occhi si sarebbero depositati su di me. E perché? Prima di tutto perché mia mamma era conosciuta da tutti, e non sapevo neanche il perché. Forse perché era la poliziotta più famosa di San Francisco. Oltre a questo perché ero la nuova ragazza che veniva dalla succursale, di nuova c'ero solo io a parte un'altra ragazza che dicevano tutti fosse una sfigata.
Con chi avrei parlato? Non avevo Chanel al mio fianco e io non ero di certo una ragazza estroversa, più che altro per andare da una ragazza anche solo per chiederle "Ei ciao, mi posso sedere quà?". Io mi sedevo e basta, non dovevo chiedere il permesso.
Inoltre mi stavano tutti altamente sul cazzo, non sopportavo più nessuno di questi tempi.
Al primo posto tra questi era presente mio padre. La convivenza andava abbastanza bene, purché non ci parlassimo. Avevamo dialogato solo due volte, le quali erano piene di indifferenza in confronto all'altro. Ancora non capivo perché mamma mi avesse mandato qui per risolvere la situazione tra noi due. Erano trascorsi anni, perché dal nulla voleva che mi ci riavvicinassi?
Cole era la mia unica salvezza, era sempre dalla mia parte, giustamente.
La sera che facemmo la cena tutti insieme andò alla grande, nemmeno mezza parola con
quell' idiota. Ci parlò a dire il vero solo mia mamma.
Disse a lui come si doveva comportare nei miei confronti, quali cibi mi piacevano per farmeli cucinare, come dovevo andare a scuola, le tipiche regole da rispettare e bla bla bla...
Invece, da quando mettemmo piede in quella casa Cole riuscì a parlare con mio padre, dicendogli che sarebbe uscito per visitare la città, eppure non era il tipo da avvertire i genitori, usciva così e basta, quando e con chi voleva. Mia mamma ci si era abituata, anche se aveva sempre un minimo di preoccupazione. Mio padre, invece, si doveva abituare. La situazione non sarebbe rimasta la stessa, sarebbe cambiata.
Mi riscossi da quei pensieri per andare a vestirmi. Avevo perso fin troppo tempo a fare colazione.
Salii in camera, aprii l'armadio e vidi quel che potevo mettermi.
Opzionai per un paio di jeans chiari con un piccolo strappo al ginocchio, un top nero non troppo scoperto ma scollato sul davanti e degli stivaletti neri in velluto.
Ero sexy da paura, sembrava stessi andando a una sfilata più che a scuola. Ma mi andava bene così. Ero fatta così, tutti avrebbero visto com'ero fatta.
Feci le ultime cose prima di partire e poi salii in macchina di mio fratello per farmi accompagnare a scuola.
«Ma tu l'hai vista la compagna di John?» chiesi a Cole per parlare un pò.
Capivo che eravamo assonnati, ma c'era troppo silenzio per i miei gusti.
«No, perché?»
«Non so, io non l'ho vista. Mi sembra strano, tutto quà» continuai.
Mi sembrava strano, fossi stata io al suo posto avrei voluto vedere la figlia e il figlio del mio compagno. Anche se non mi dispiacque affatto, non bramavo dalla voglia di vederla.
Quando arrivammo a scuola Cole sgommó con la sua Audi, per non passare inosservato, come sempre.
Gli occhi di tutti si voltarono a guardare la macchina, e cinque secondi dopo me, quando scesi dall'auto per raggiungere l'ingresso.
Più avanzavo più mi sentivo osservata, come un giocattolo che tutti i bambini fissassero per la bramosia di averlo tra le mani.
Mi misi un ciuffo di capelli dietro l'orecchio ed entrai subito per recarmi al bar. Stavo morendo di fame nonostante avessi fatto colazione mezz'ora prima.
Mi sistemai lo zaino in spalle e procedei a passo sicuro, fino a che una ragazza non mi venne addosso.
«Ei, stronza. Stai attenta la prossima volta, cazzo» mi guardò con una faccia disgustata, come se avesse pestato merda.
La voglia di tirarle uno schiaffo da rigirarla tre volte era pari al livello del cielo, mi trattenni per non farmi sospendere subito, però.
La guardai con aria di disappunto, era stata lei a non vedere dove le sue zampette stessero andando.
Comunque, presi il borsellino per pagare il cornetto ma la mia vista fu ingombrata da un'altra ragazza, questa più carina della precedente.
Mi fece cascare per sbaglio il portafoglio con alcuni spiccioli dentro, me li raccolse subito scusandosi
«Oddio, scusa. Non..non volevo. Ecco qui» mi disse ridandomi i soldi caduti per terra.
«Tranquilla» le accennai con un sorriso amichevole.
Lei ricambiò il sorriso e dopo seguì due o tre ragazze che la stavano tirando per la mano.

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