lo scorrere del tempo\

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Il telefono vibra nella tasca.
Un messaggio: mamma.
'Io mi sono avviata a lavoro. Dove siete?'
Cazzo.
Francesco.
Cammino velocemente verso il parco.
Non voglio che accade la stessa cosa della scorsa volta.
Cinque minuti, gli ho detto.
Cinque minuti e poi torno.
Ne sono passati venti, invece.
Venticinque, con precisione.
Supero il cancello del parco. L'altalena è vuota, ma riconosco la chioma castana che ride sullo scivolo.
Un sollievo.
"Francesco, andiamo a casa?"
Mi sorride divertito mentre mi si avvicina. "Dai, aspetta. Voglio stare un altro po'."
"È tardi. Andiamo."
"Ma Mattia resta da solo poi."
Mattia...?
Mattia.
"Cos...cosa?" Mi guardo attorno.
Inizialmente non lo vedo, poi si.
È seduto su una panchina poco distante dallo scivolo. Ha le gambe incrociate e le mani nelle tasche del jeans strappato. Ci sta osservando e non so decifrare la sua espressione. Un sorriso, forse. Un sorriso spento.
Mi rigiro velocemente verso quell'ometto che ora mi guarda supplichevole. Scuoto la testa.
"Ma dai Giulia, abbiamo sempre mangiato tardi!"
Andiamo Francesco, cerca di capirmi. Non posso dirti di si, dopo che ho dannatamente cercato il tuo amichetto, che ci sta guardando.
"Ti prego. Per favore. Farò di tutto." Mi trascina per la mano. "Possiamo divertirci insieme!" Urla trascinandomi verso lo scivolo rosso.
"Cosa? No, dannazione. Smettila."
"Non sai andare sullo scivolo?"
"Francesco."
"Guarda, ti faccio vedere io come si fa."
"Francesco."
"Aspetta!"
"Francesco, andiamo a casa?"
Scuote la testa.
Sbuffo istericamente e mi siedo su una panchina del cazzo. "Muoviti. Ti do poco tempo, e poi però la smetti di fare il deficiente e ce ne andiamo."
"Solo questo, solo cinque minuti e andiamo via."
Fingo di non sentirlo.
Prendo il telefono dalla tasca e mando un messaggio a Giuseppe, chiedendogli dove sta. Includendo il letto.
"Ehy."
Salto per lo spavento.
Si siede accanto a me, mantenendo le distanze.
"Come va?"
"Cazzi miei."
"Hai comprato la chitarra, poi?"
"Cazzi miei."
"A chi stai scrivendo?" Guarda il telefono che c'ho fra le mani.
Mentre sto per aprire bocca, mi interrompe. "Ah aspetta, fammi indovinare. 'Cazzi miei'?"
Mi volto. "Mi stai prendendo per il culo?"
"Sto semplicemente ripetendo le tue risposte, signorina cazzi miei."
Roteo gli occhi al cielo, e riporto l'attenzione allo schermo del telefono, rispondendo Giuseppe. O forse non tutta l'attenzione..
"Mi dici come cazzo stai, per favore? E mi rispondi sincera, senno ti faccio fare il giro del parco, includendo un bel bagnetto estivo."
"È una minaccia?"
"Prendila come ti pare. Allora?"
"Sono semplicemente cazzi miei."
Non so come, ne quando mi ritrovo come un sacco di patate buttato sulle sue spalle. Sta camminando veloce. Troppo veloce.
"Rimettimi subito giù!" Gli schiaffeggio continuamente la schiena. "Ti ho data una risposta diversa!"
"Ora ti ci rimetto, tranquilla bimba."
Sento le sue mani prendermi ed aiutarmi a scendere. Peccato che il concetto di mettere giù, è diverso.
Mi catapulta nella fontana del parco, dove i bambini si divertivano gettandosi acqua addosso.
I capelli si bagnano, lasciando gocciolare l'acqua sul viso. E poi sulla maglia. E poi sul pantalone.
La mia bocca aperta, cercando di far uscire in fila indiana tutti gli insulti che il mio cervello sta elaborando. "Sei una grandissima testa di cazzo!" Gli urlo mentre si allontana. "Stronzo!"
Si allontana lentamente, non voltandosi. Dopo vari tentativi di uscire, tutti inutili perché finivo col scivolare, devo ricorrere a quella a cui non avrei mai voluto.
"Mattia! Aiutami a uscire da sta cosa!"
"Che hai detto?" Si gira.
"Aiutami a uscire da sta cosa!"
Si avvicina. "Per favore."
"Cosa?"
"Mattia aiutami ad uscire da sta cosa, per favore."
Roteo gli occhi. "Mattia aiutami ad uscire da sta cosa, per favore."
"Mi manchi."
"Mi manc.."
Mi fermo. Non l'ho detto. No. Infondo è stato lui a dirlo. E io stavo ripetendo. Ma no. Non deve averlo sentito.
Mi guarda per un tempo interminabile.
"Mi aiuti adesso?"
Mi stringe il fianco con un braccio e mi aiuta a scendere.
Mi sistemo la maglia quasi del tutto bagnata e i capelli.
"Sei un grandissimo stronzo."
"Se parli di nuovo ti ributto là dentro e ti ci rimango."
"Stronzo."
Si ferma. "Mi stai provocando?"
"Cazzi miei."
"Che stronza stratosferica."
Camminiamo verso la panchina.
Francesco se ne frega di tutto e continua a gioire del tempo in più rispetto ai cinque minuti pattuiti.
"Quando vai a casa c'è un borsone fuori alla tua porta. Ci sono dei vestiti che hai rimasto a casa tua. Sono puliti." Gli dico.
Ormai è qua, non ha senso che non glielo dico. Anzi forse era meglio che mi portavo il borsone qua in mezzo almeno evitavo quella cosa che avevo messo in scena, manco avessi rubato qualcosa.
"E tu come fai a saperlo?"
"Della borsa?"
"Eh."
"Te l'ho portata io."
"Hai suonato?"
"Che importa?"
"Hai suonato si o no?"
"No. Tanto manco c'eri."
"Non potevi sapere che non c'ero."
"Sul serio? Ceh mi stai dicendo che avrei dovuto suonare dopo quello che è successo? Con quale voglia?"
"La voglia c'è. È l'orgoglio che fotte."
"È ragionare prima di parlare."
"Ero incazzato."
"Non me ne frega niente. Eri incazzato con chi? Con me? Che non c'entravo niente? Per non parlarne delle altre cose."
"Non pensavo fottutamente niente di tutto quello. Volevo soltanto trovare un modo per ferirti."
"Ci sei riuscito. Pienamente."
"Vuol dire che ci tieni."
Lo guardo cercando di capire se prenderlo a calci in culo o chiedergli se è serio.
"Sono un disastro. Un cazzo di disastro. La verità è che non ci capisco un cazzo di niente. Di me. Della mia vita. Ma so solo che da quando hai rimesso piede qui, hai completamente stravolto la mia vita. Ho continuato a fare cazzate. A prendermela con te. Solo per rendermi conto di quanto sei fottutamente importante per me. E sono una grandissima testa di cazzo, e tutto quello che vuoi. Sono un completo disastro che non ci capisce niente. Ma tu..tu sei la parte più bella di qualsiasi mia sfumatura. E ogni volta che ti urlo di andartene, voglio soltanto che tu rimanga. Perché poi magari un disastro come me ha bisogno solo di una come te."
Il cuore batte troppo. Troppo forte.
"Te lo giuro che migliorerò. Ce la metterò tutta. Basta che c'ho la sicurezza di avere te."

Sei una tempesta non prevista.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora