Il mattino seguente mi alzo dal letto, nel quale ho passato solo due o tre ore di sonno, e cammino barcollante per la cucina, dove mia madre versa distrattamente del caffè nella sua tazza rossa. Ha lo sguardo fisso sulle mattonelle bianche della cucina, e delle grosse occhiaie sotto occhi.
- Come stai?
Le chiedo, con un occhio mezz'aperto e l'altro completamente chiuso. Ho soltanto sonno, molto sonno.
- A giudicare dal tuo aspetto, penso di stare come te.
Sposta uno sgambello dal bancone e vi si siede sopra, stringendo tra le dita lunghe la tazza.
- Nah, non sei messa così male.
Sbuffa una risata, cercando di alleviare la tensione.
- Vedrai che alla fine ne usciremo.
Cerco un modo di spezzare questa catena di silenzio che va avanti da ieri sera.
- Ne usciremo di sicuro. Come però? Questo é l'importante. Se ne usciamo bene, o se ne usciamo male.
- In qualsiasi modo ne usciremo, avrai sempre noi.
- Sai cosa, Giulia? Io, più che arrabbiata, sono delusa. Sono delusa dalle mie aspettative e dalle illusioni che mi ero creata. Quando eravamo a Milano ho passato notti in bianco, a pensare ad un modo per mandare avanti la mia famiglia: io, tu e Francesco. Non volevo più pesare su tua nonna, solo perché non avevo più un marito e i miei figli non avevano più un papà. Giorno dopo giorno, dopo essere uscita dal letargo e aver dato aria alla mia anima rassettata per mesi, mi autoconvincevo che avrei potuto farcela, avrei potuto mandarvi avanti. E così, non ci ho pensato due volte a spargere i curriculum qui, a Roma; a chiamare le mie vecchie amiche che abitano ancora qui e chiederle di spargere la voce nei negozi se cercavano qualcuno. E bom, ecco che finalmente arriva un posto accettabile. E i miei sogni riprendono vita, riprendono la virgola che tuo padre aveva messo per continuare la nostra storia. Ero entusiasta, anzi forse entusiasta é troppo poco. Ho creduto in tutto questo tempo di poter garantire una vita ai miei figli, di farli divertire e sorridere prima di andare a letto, di arrivare a casa la sera e vedere la mia famiglia al completo, e soprattutto di riconoscere il sapore di casa. Arrivata ad oggi, penso di esser riuscita a fare almeno la metà di tutti i miei desideri qui. Ci ho creduto davvero tanto, e non é solo una sconfitta economica, ma anche personale. Mi dispiace, se non sono capace di vivermi la mia famiglia.
Delle lacrime le cadono dagli occhi scuri e lucidi, che lei si affretta ad asciugare con le mani.
- Mamma, io al tuo posto, non ce l'avrei mai fatta a ricostruire non solo la mia vita, ma anche quella di altre due persone. Mi hai messa al mondo due volte. Mi hai urlato addosso, aiutata a cucinare e comprato il gelato nei miei momenti peggiori. Ora sei troppo offuscata per vedere chiaramente le cose come stanno, ma credimi che la famiglia che sognavi di portare avanti, é già andata avanti. Con te. E lo fa ancora, in ogni vittoria e in ogni batosta. Se, a volte, ti senti una madre incapace guarda me e Francesco ridere di te mentre scleri con qualche elettrodomestico che non sai come funziona o quando ti arrabbi che ti si rizzano i capelli, per non parlarne di quando ingozzi cioccolata come una bambina.
Si sforza di sorridermi, mentre mi accarezza la guancia. - Siete anche meglio di ciò che speravo.
Le sorrido. - Puoi contare su di me.
- Giulia, io.. Volevo soltanto dirti che, beh.. Stanotte ho mandato alcune e-mail a vari ristoranti e negozi di Milano, che ho trovato sul sito del lavoro. Ci ho pensato a lungo, prima di inviare, a prescindere dal fatto che se qui a Roma, spunta un posto di lavoro, vado qui senza ombra di dubbio. Solo che...non voglio mandarvi su giù per...
- Mamma, va bene. Va bene. Ovunque.
Lei annuisce sollevata e mi stringe le spalle.
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Sei una tempesta non prevista.
Ficção AdolescenteVorrei dirti che l'estathè lo prendo sempre alla pesca, e sulle patatine non metto sempre il ketchup, vorrei dirti che quando piove di solito dimentico l'ombrello, vorrei dirti che mi giro sempre le dita tra le mani quando sono nervosa e che se rido...