6.
"E riconobbi il tuo sguardo in quello di un passante,
ma pure avendoti qui ti sentirei distante.
Cosa può significare sentirsi piccolo,
quando sei il più grande sogno, il più grande incubo.
Siamo figli di mondi diversi, una sola memoria
che cancella e disegna distratta la stessa storia."
Sere nere di Tiziano Ferro mi rimbomba nelle orecchie, mentre me ne sto rannicchiata, alle undici e mezza di sera, sulla panchina della mia strada. Non c'è niente da fare. La riproduzione casuale ti capisce meglio delle persone.
Sto davvero riconsiderando l'idea di andarmene a Milano. Non ha senso star qui. Sono ancora in tempo per la scuola, che inizio direttamente a settembre dato che mancano pochi giorni alla fine dell'anno scolastico. Tanto mamma ha Francesco.
Delle persone sbucano sul marciapiede di fronte a me. Sono cinque ragazzi che parlano e ridono allegri. Tra essi riconosco i capelli di Mattia ed il tatuaggio che ha dietro al collo.
Spero vivamente che non mi vedano.
Mi sposto più verso il bordo della panchina ombreggiato dall'albero silenziosamente, ma mi cade il telefono sulla panchina emettendo un udibile rumore, rumore tanto udibile che l'attenzione dei cinque ragazzi cade vertiginosamente su di me.
Che figura di merda, dio mio.
Voglio fottutamente rientrare dentro, ma per entrare dovrei passare davanti a loro.
Ovviamente.
Do loro le spalle raccogliendo il telefono dalla panchina. Sento dei rumori dietro me.
Chiudo gli occhi. Non che mi aspetti di essere uccisa o robe del genere, ma cazzo ci manca solo che mi prendano per il culo.
"Cos'è successo?"
Mi giro di scatto e mi ritrovo Mattia con una sigaretta tra le dita, mentre sbuffa il fumo nell'aria.
Da quando sono qui non ricordo di averlo visto una volta senza fumare, davvero. Fa altro oltre fumare?
"Ehm.. penso mi sia caduto il telefono." Mi guardo la pancia.
"Pensi?" Sbuffa una risata.
Alzo la testa scocciata. -"Mi è caduto il telefono. Contento adesso?"
Fa spallucce. Si gira dietro e penso se ne stia andando, invece grida un "ci vediamo domani ragà" ai tizi dall'altra parte della strada. Tutti lo salutano con la mano e scompaiono dalla nostra vista, tranne una. Sta attraversando la strada e in una frazione di secondi è 'inciampata' sulle labbra di Mattia.
Ha i capelli neri con le punte rosse ed un trucco alquanto pesante. Prima di andare via mi rivolge un'occhiata del tipo 'sta attenta a quello che fai' e va via.
"Ma che cazzo ci fai qua a quest'ora?"
"Buonasera anche a te." Mi risiedo sulla panchina.
Si siede al mio fianco. Mi porto le ginocchia al petto e le cingo con le braccia, poggiandovi sopra la testa.
"Allora? Ancora mi hai risposto." Mi guarda incrociando le gambe sulla panchina.
Scrollo le spalle. -"Semplicemente non ho sonno."
"Mh."
"E tu?" Chiedo.
"Io cosa?"
"Tu che ci fai?"
Alza le sopracciglia. -"Non penso sia una cosa che ti riguardi."
"Che stronzo." Scuoto la testa. -"Mi fai fare un tiro?"
Recita la parte di chi ci deve pensare, ma poi mi passa la sigaretta.
"Sono uscito." Dice.
Sprigiono via il fumo nell'aria. -"E dove sei andato?"
"Non mi piacciono gli interrogatori, dovresti saperlo."
Roteo gli occhi. -"Come vuoi."
Restiamo in silenzio ed io inserisco di nuovo il cavo delle cuffie nel telefono. Ne infilo solo una e ripasso la sigaretta a Mat. -"Era la tua ragazza?"
Fa un tiro. -"A quanto pare."
Che allegria. -"Non sei contento?"
Si gira. -"Oh santo Dio, ho una ragazza sono l'uomo più felice del mondo." Urla imitando una voce felice gesticolando con le mani.
"Da quanto sei fidanzato?" Gioco con il filo della cuffia.
"Ma che sei gelosa?"
"Oh mamma, non ti si può dire niente oh."
Prende la cuffia libera e la infila. Ti scatterò una foto fa da colonna sonora.
"Ricorderò e comunque anche se non vorrai, ti chiamerò perché tanto non risponderai." Canta, quasi sussurra.
Come fa ridere adesso pensarti come a un gioco e capendo che ti ho perso, ti scatto un'altra foto.
"Ed i giorni da prima lontani saranno anni. E ti scorderai di me quando piove, i profili e le case ricordano te." Dico.
"E sarà bellissimo perché gioia e dolore hanno lo stesso sapore con te. Io vorrei soltanto che la notte velocemente andasse e tutto ciò che hai di me di colpo non tornasse. E voglio amore e tutte le attenzioni che sai dare, e voglio indifferenza semmai mi vorrai ferire." Adesso stiamo praticamente urlando insieme.
Non ci sarebbe da meravigliarsi se qualcuno nelle vicinanze ci lanciasse pomodori addosso.
Continuiamo a canticchiare la canzone beatamente. Mi sento bene. Mi sento libera.
"Bene dopo questa potremmo andare sotto ad un ponte a fare un concertino, tanto la chitarra già ce l'ho. Magari porti un tamburo e compriamo un microfono di plastica ."
Rido e lui sorride. -"E' da molto che suoni la chitarra?" Gli chiedo.
"Cinque anni."
"Mi piacerebbe molto imparare a suonarla." Ammetto.
"Tuo padre è molto bravo,potrebbe impararti."
"Mio padre è morto, Mat."
Si gira di scatto. Abbasso lo sguardo sulle scarpe.
"Cosa? Cazzo, mi dispiace non sapevo niente."
"Tranquillo."
"Da quanto?" Chiede.
"Un anno fa."
"Oh." Riporta lo sguardo sull'asfalto. -"Beh allora potrei impararti io. Cioè non sono un chitarrista vero e proprio me la cavo, ma niente di che e.."
Lo interrompo. -"Smettila. Sono sicura che lo sei."
Si arrende. -"Okay. Facciamo che ogni sera dalle sette in poi vieni da me. Per la chitarra ti presto la mia, tanto non la uso spesso."
"Mh okay."
"Okay." Sospira. "Andiamo a dormire, adesso? Ho davvero sonno."
Annuisco e mi alzo.
Mi accompagna vicino al cancello.
"Buonanotte" Dico.
"Buonanotte."
Attraverso il giardino di casa e arrivo al portoncino. Mi ci vuole qualche minuto per centrare la serratura con le chiavi. Chiudo il portoncino e salgo lentamente le scale, inciampando nei gradini. Arrivo in camera e mi catapulto sul letto. Senza mettere neanche il pigiama, ho davvero troppo sonno. Mi addormento subito dopo con il sorriso sulle labbra.
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Sei una tempesta non prevista.
Dla nastolatkówVorrei dirti che l'estathè lo prendo sempre alla pesca, e sulle patatine non metto sempre il ketchup, vorrei dirti che quando piove di solito dimentico l'ombrello, vorrei dirti che mi giro sempre le dita tra le mani quando sono nervosa e che se rido...