"Mamma quando mi compri la nuova scatola di colori? Si sono consumati questi."
" Te la comprerò quando avrò i soldi del prossimo stipendio."
"E quando lo avrai?"
"Il prossimo mese."
"Ah..Va bene. Userò quelli vecchi di Giulia, allora." Le sorride, rovistando nella vecchia libreria.
"Li buttai, Francesco."
Si gira. "Cosa? No! Perché?"
"Quelli che cerchi tu sono quelli che lasciai qui quando andammo a Milano, e poi erano pennarelli. Non funzionavano più, avevano un colore scarico."
Francesco mette il broncio, e si siede sul divano fissando i fogli bianchi sul tavolo.
"Possiamo andarli a comprare alla cartolibreria vicino scuola. Ti va?"
S'illumina all'improvviso e salta dal divano, appiccicandosi alle mie gambe.
"A che ora tornate?" Mia madre si muove svelta a prepararsi la borsa per il lavoro.
"Il tempo di andare."
"In caso non ci vediamo, il cibo è nel forno. Basta riscaldarlo."
Annuisco.
Francesco le manda un bacio volante e mettiamo piede nell'ormai caldo afoso di fine giugno.
"Giulia!"
La madre di Mattia, ci corre incontro con qualcosa fra le mani. Una borsa.
"Stavo venendo a casa tua, proprio adesso."
"È successo qualcosa?"
"No, volevo soltanto chiederti un favore."
"Dimmi."
"In questo borsone ci sono alcuni vestiti di Mattia che ha lasciato qua. Li ho lavati e stirati. Potresti darli a lui?"
Avrei fatto tutto, tranne questo.
Non lo vedo da quel giorno.
Non ho intenzione di vederlo, figuriamoci se gli porto 'sta cosa con i suoi vestiti.
"Ti prego, Giulia. L'ho chiesto a te, perché sei l'unica che ha un rapporto con lui. Per favore." Mi accarezza il braccio, implorandomi con gli occhi.
"Non preoccuparti, zia, adesso io e Giulia andiamo a casa di Mattia e glieli diamo." Francesco le sorride sicuro.
Lo guardo con la bocca semiaperta. "Francesco, mamma ha detto che dobbiamo ritornare presto."
"Ma tanto mamma deve andare a lavorare."
"Si, ma sai che vuole che mangiamo con lei."
"Ma ti ha detto che devi solo riscaldare il cibo, visto che lei deve andare a lavoro. Lo sa."
La madre di Mattia sposta gli occhi da me a Francesco, aspettando una risposta.
"Ora non posso, e oggi ho da fare." Le dico ferma.
"Allora prendilo. Quando vai da lui, glielo dai." Mi sorride porgendomi, il borsone. "Grazie ragazzi." Si allontana verso casa sua.
Guardo Francesco in faccia, con un'espressione da ma-che-cazzo-dici.
"Ho detto qualcosa di sbagliato?"
"Oh no. Ovvio. Come fai a pensarlo?"
Gli prendo la mano, e ci avviamo verso la cartolibreria.
"E quello? Ce lo portiamo dietro?"
"Lo portiamo a chi dobbiamo, non ci resta altra scelta ormai."
"Ma tu hai detto che.."
"Francesco, non farmici ripensare."____________
Non era stata una buona idea. Assolutamente. Sto prendendomi a schiaffi da sola, nella mia testa. È la terza volta che faccio questa strada per poi ritornare al parco dove sta giocando Francesco. Tiro un profondo sospiro ed entro nel palazzo. Sono nervosa. Tantissimo. La mano mi trema, e la bocca è secca. Non ce la faccio nemmeno a parlare.
L'ascensore si apre di scatto, e mi catapulto sulle scale per non farmi vedere. Un vecchio uomo, con un giornale in mano e dei vecchi occhiali, si guarda attorno e mi vede immobile sulle scale. Si toglie gli occhiali e incurva le sopracciglia. Ha un'espressione da deficiente...o forse sono io la deficiente, in questione. In tal caso, formulo un'espressione del tipo ma-che-vuoi, e salgo le scale velocemente.
La porta è chiusa.
Prego Dio che non la faccia aprire.
Lancio sconciamente il borsone davanti alla porta e, in caso non si capisse a chi era destinato, prendo un pennarello appena rubato dalla nuova scatola di Francesco (appena comprata e ancora nella busta) e scrivo su quel tessuto opaco: 'per Mattia'.
Mi alzo subito.
Mi guardo attorno.
Infilo il pennarello nella tasca del jeans.
Tiro un sospiro.
E corro verso l'ascensore, che per mia fortuna, è libero.
Quando sono fuori a quel palazzo, provo una sensazione di sollievo indescrivibile. La mano ha smesso un po' di tremare, e quando mi guardo indietro per esser sicura che non vi fosse nessuno, mi scontro contro qualcuno. Alice. Merda. Non la vedo da una vita.
"Giulia?" Mi guarda sorpresa, con la bocca tinta di un rosso ben messo e gli occhi contornati di nero.
"Uhm. Si?"
"Da quanto tempo!" Si butta addosso, con un sorriso che di vero non ha niente. "Che ci fai qui? Sei venuto a trovare Mattia? Come sta?"
Mi stacco da lei. "Uhm, veramente sto andando da Francesco, nel parco."
"Ah. Sta con Mattia, immagino." Usa un tono che, a dirla tutta, domanda cose che già sa. Aspettandosi risposte che già sa. Fingendosi entusiasta.
"No. Francesco è solo."
"Beh, che ne dici di andarlo a prendere e ci fermiamo un attimo da Mattia? Ci prendiamo una bella tazza di caffè, che non lo vedo da quando era da te."
"No, davvero, non posso. È tardi e Francesco deve mangiare."
"Va beh, sarà per la prossima volta." Sorride a malapena.
"Già. Ci si vede, ciao."
"Ciao." Sorride ancora, guardandomi mentre vado via.
Svolto nella strada del parco, mi nascondo dietro all'angolo della strada e la spio da lontano.
Ha uno specchio e si aggiusta i capelli con le mani. Chiude l'aggeggio, mettendolo nella busta, per poi dirigersi nel palazzo di Mattia.
Ho una brutta sensazione.
Vorrei rincorrerla e dirle di stare lontano da lui.
Lui è mio.
Lui è mio e lei non deve permettersi di andare a casa sua conciata in quel modo. In nessun modo.
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Sei una tempesta non prevista.
Novela JuvenilVorrei dirti che l'estathè lo prendo sempre alla pesca, e sulle patatine non metto sempre il ketchup, vorrei dirti che quando piove di solito dimentico l'ombrello, vorrei dirti che mi giro sempre le dita tra le mani quando sono nervosa e che se rido...