Passato.

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8.

"Certe cose è meglio che te le scordi,

perchè ti mangiano dentro

e non te ne accorgi."

Francesco tiene ben stretta la sua mano dentro la mia, mentre attraversiamo la strada accanto all'asilo. -"Io non voglio ritornare a scuola domani!" Dice con tono lamentoso.

"E perché?"

"Perché mi hanno lasciato tutto il giorno da parte, e non mi hanno fatto giocare con le macchinine."

"E' solo il tuo primo giorno, vedrai che andrà meglio col tempo. Ora ti hanno etichettato come 'il nuovo' ed hanno bisogno di tempo per conoscerti, anche a me sarà così. Sicuramente." Se ci rimango fino a settembre, vorrei aggiungere, ma non voglio ancora dirlo né a lui né a mamma. Se lo dico a Francesco finirebbe per implorarmi a portarlo con me, mentre mamma.. beh mamma non penso mi lascerà andare via facilmente.

Percorriamo la lunga strada alberata dove è situato il negozio in cui mamma lavora. La osserviamo dalle vetrine trasparenti del negozio mentre piega perbene un maglioncino. Entriamo e subito Francesco mi lascia la mano e le corre incontro, abbracciandola. Lei sorride e gli accarezza i capelli. Mi avvicino anch'io, salutandola.

"Allora? Com'è stato il primo giorno di scuola?" Chiede a Francesco.

"Non male, è carina." Mente.

Non penso ci sia qualcuno più carino di lui, davvero. Cerca sempre di non far trasparire nulla delle cattive sfumature del suo carattere e mantiene sempre la calma, a volte è lui a dar conforto a noi. Negli ultimi anni ho dato molti problemi a mia madre, rendendola ansiosa e turbolenta mentre lui cercava di farsi da parte, e riportare la serenità con la sua vocina adorabile e le sue fantasie.

"Bene, meglio così." Mia mamma l'ha creduto, come sempre del resto.

"Giulia mi ha comprato l'ovetto, ha detto che me lo comprerà ogni giorno perché è il premio per tutti i bambini che vanno a scuola. A Milano non lo davano vero, mamma?"

Mia mamma mi guarda e riporta lo sguardo su Francesco. Annuisce, sorridendogli. -"Qui le maestre sono più carine."

"Oh chi sono questi ragazzini?" Una voce si intrufola nella conversazione.

Una donna sui quaranta anni, con i capelli color rame e gli occhi verdi spunta tra noi, con un sorriso amichevole sul viso.

"Sono i miei figli." Le sorride mamma.

Lei sembra squadrarci attentamente. -"Che carini, siete passati qui per vedere vostra madre come se la passa al suo terzo giorno di lavoro?"

"Già." E' simpatica, più o meno.

"Sai, che Alice ha la tua stessa età?" Mi chiede.

Alice? Scuoto la testa.

"Beh mia figlia si chiama Alice ed ha diciassette anni, magari potreste essere amiche."

"Si.. immagino."

Perché mai dovrei programmarmi gli amici?

"Alice vieni qui." Alza la voce e guarda alla sua destra.

Una ragazza bionda, alta ci raggiunge. -"Che c'è adesso?" Ha l'aria scocciata.

"La figlia della nostra nuova commessa ha la tua età, penso. Perché non uscite qualche giorno? Si è appena trasferita e non conosce nessuno."

Ma lei che ne sa?

"Ah." Alice sembra solo adesso accorgersi della mia presenza e mi sorride. -"Per me è okay."

"Sai, anche lei non ha molti amici. E' una tipa strana." Mi confida sua madre.

"Mamma!" Alice la rimprovera.

Ridacchio. -"Okay."

Mia madre guarda la scena divertita. Penso sia contenta se mi farò delle amicizie qui. All'inizio era contenta del fatto che io avrei rivisto Mattia ed, insieme, avremmo ripreso la 'bellissima amicizia' che avevamo. Ora sembra detestarlo.

"Beh, se non c'è altro io andrei. Il mio turno è finito." Dice mia mamma.

"Oh si, vai."

Si infila la giacca leggera ed esce dal negozio seguita da me e Francesco.

Quando arriviamo vicino casa, mia madre sta cercando le chiavi per il cancelletto, mentre noto che Davide si avvicina sorridendomi. -"Ciao Giulia."

"Ehy."

"Hai da fare?"

Mia mamma mi lancia un'occhiata divertita ed entra dentro, trascinando Francesco con se.

"No."

"Bene, ti va di fare un giro?"

Annuisco portando le mani nelle tasche della tuta.

"Mi dispiace per ieri.." Inizia. Lo sapevo che iniziasse con questo discorso.

"Non è colpa tua. Non c'entri tu."

"Avrei potuto evitare di portarti lì o avrei potuto difenderti."

"Davide, sono abbastanza adulta da difendermi da sola." Spiego freddamente.

Non mi va di parlarne, sono stanca di queste merdate che ruotano attorno a Mattia da quando ho messo piede qui.

"Perché ce l'ha tanto con te?"

"Chi?" Chiedo, anche se so perfettamente a chi si riferisce.

"Mattia, sai, sembra nervoso."

"E' incazzato con me da anni, e ora che ha la possibilità di farmela pagare, diciamo che non la sta trascurando." Dico ridendo, ma non c'è niente da dire. Sto cercando di alleggerire una cosa che, in realtà, mi fa star male. Non me l'avrei immaginata così.

"Se è incazzato con te è perché ci tiene, Giulia. Altrimenti non se ne importerebbe più di tanto."

"Ci teneva, forse intendi. E' passato, Davide. Siamo passati io e lui, il nostro rapporto è passato. Tutto ciò che ci è rimasto, sono i ricordi." Non voglio davvero piangere ancora.

"Secondo me, ci tiene ancora. Praticamente gli ultimi giorni li ha passati con te, a noi non ci ha cagati minimamente e questa è una cosa da miracolo. Non si staccherebbe mai da noi, siamo tutto ciò che ha."

"Non ha altri amici?" Chiedo.

Scuote la testa. -"Dice che gli bastiamo noi."

"E' una cosa bella, questa."

Annuisce. -"Lo conosciamo da anni, ormai. Sembrano secoli. Ha parlato di te i primi tempi e da come ne parlava, posso dirti che ci stava ancora male. Si sta comportando così perché ha sofferto in questi anni e, come hai detto tu, vuole fartela pagare. Disse che eri l'unica cosa importante della sua infanzia, e che come ha voluto bene te non ne avrebbe mai potuto volerne ad altri."

Gli occhi mi bruciano, e mi mordo il labbro inferiore per trattenermi. Non so che dire. Non posso parlare, piangerei soltanto.

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