Sono appena arrivata nel posto in cui dovremmo vederci e ho parcheggiato. Lo vedo da lontano che si guarda intorno e mi cerca con lo sguardo. Io resto qui chiusa nella mia auto in preda all'ansia. So che questa cosa si ritorcerà contro di me ma ora sono qui e non mi tirerò indietro. Mi do una sistemata al cappotto e al maglione e poi scendo. Non mi ha anticipato nulla di dove andremo, mi ha scritto solo di vestirmi comoda e calda. Effettivamente è inizio novembre e il freddo inizia a farsi sentire anche perché siamo vicinissimi al mare di Marechiaro. Cammino verso di lui fingendomi sicura e lui mi sorride non appena mi vede. Ai suoi piedi c'è una sorta di cestino e non capisco a cosa gli serve. Abbiamo già cenato quindi non credo ci sia cibo, boh non so a che pensare.
«Buonasera» lo saluto quando lo raggiungo e lo stesso fa lui, con la piccola differenza che si sporge verso di me e mi lascia un bacio su una guancia. Avvampo subito quando la sua bocca mi tocca e il cuore inizia a corrermi più forte in petto. Calma Auro, calma. Faccio un respiro profondo e aspetto che mi dica cosa fare.
«Dove mi porti?» gli domando e un sorriso soddisfatto gli compare sul viso.
«Vieni, andiamo» mi prende la mano e mi fa andare con lui su delle scale che portano verso il basso. Sono tantissime ma lui le scende veloce come un fulmine senza dare segnali di affaticamento.
«Gio aspetta, non correre. Se ti fai male mentre siamo qui mi sentirò in colpa per il resto dei miei giorni» lo avverto e lui rallenta un attimo per poi ridere.
«Ma che farmi male, tranquilla» risponde e continua a scendere le scale. Ad un certo punto giriamo a destra e camminiamo in una specie di grottino per qualche metro per poi uscire su degli scogli. «Ci sei?» mi chiede girandosi indietro e cercando i miei occhi.
«Sì, ma dove stiamo andando?» sono troppo curiosa anche se ormai è ovvio che stiamo andando verso il mare.
«Ora lo vedi» mi stringe la mano e sorride. Onestamente non desidero altro, va benissimo così sono già felice della serata. «Che hai in quel cesto Cappuccetto Rosso?» gli chiedo e lui si ferma.
«Tra poco scoprirai tutto, siamo quasi arrivati, aspetta...» lascia il cestino su uno scoglio e fa un salto verso la piana sottostante. «Vieni, ti prendo» protende le braccia verso di me e mi invita a saltargli addosso. Il salto non è molto alto ma non è quello che mi spaventa. Avremo un contatto fisico così stretto che se solo ci penso mi manca l'aria ma non posso evitarlo. Conto fino e tre e mi lancio tra le sue braccia. Le sue mani mi prendono per i fianchi e mi accompagnano con una presa ferma fino a che i miei piedi non toccano terra. Siamo vicinissimi e i nostri occhi si incontrano ed è come se parlassero per noi. Poi distolgo lo sguardo da lui per guardare alle sue spalle: siamo letteralmente a mare e la luna piena che si riflette sull'acqua fa sembrare tutto un quadro.
«È bellissimo qui» dico e lui annuisce contento.
«Sì ma non siamo ancora arrivati, vieni» mi prende di nuovo la mano e mi fa camminare su degli scogli più piccoli che alla fine spariscono dando spazio ad una spiaggia piccolissima nascosta tra le rocce.
«Gio...» dico non riuscendo ad aggiungere altro. Mi mancano le parole per commentare tutta questa bellezza.
«Sì, lo so è bellissimo» mi risponde e poi lo vedo rovistare nel suo cestino «ho portato delle coperte per sdraiarci e qualcosa da mangiare» spiega e io lo guardo attentamente mentre stende le coperte sulla spiaggia.
«Non dovevamo già aver cenato?» chiedo perché io l'ho già fatto.
«Sì, infatti qui ho una crostata alle ciliegie fatta da me e un rustico, sempre fatto da me. Giusto per sgranocchiare qualcosa» spiega e io resto sorpresa dalle sue parole. Ci sediamo sulle coperte e iniziamo a parlare.
«Hai addirittura preparato tu la crostata e il rustico?»
«Sì oggi non c'erano gli allenamenti e avevo tempo. Non sapevo se preferivi dolce o salato e ho fatto entrambe le cose. Vuoi assaggiare?» mi domanda e io annuisco.
«Certo» mi taglia un pezzo di crostata e me la passa. La assaggio subito e devo dire che è deliziosa. «Hanno proprio ragione quando dicono che sei perfetto in tutto» gli dico pulendomi la bocca dalle briciole della crostata.
«Non dare retta a quei cretini, non sono perfetto per niente e ho talmente di quei difetti e di lati oscuri che non riesco a quantificarli nemmeno io» mi risponde sdraiandosi e portandosi le mani dietro la testa. Fissa il cielo stellato e il respiro caldo che gli esce dalla bocca e dal naso crea delle nuvolette in contrasto con il gelo che ci circonda.
«La perfezione è noiosa, i difetti ci vogliono. Come mai conosci questo posto?» gli domando e mi sdraio accanto a lui. Le nostre teste sono attaccate e non mi basta, vorrei avere più contatto con lui.
«Una sera non riuscivo a dormire e iniziai a camminare trovandomi qua. Da quella volta quando ho bisogno di starmene per conto mio ci vengo» racconta e io ascolto interessata.
«Dormi poco la notte?» mi giro verso di lui, mi attira più di quanto lo facciano tutte le stelle messe insieme.
«No di solito dormo, a volte mi capita tipo dopo le partite che non riesco a dormire. Ho troppa adrenalina in corpo e devo sfogare in qualche modo. A casa mi sento un leone in gabbia e così esco e cammino» spiega guardandomi ogni tanto e io annuisco.
«Capito» mi copro col mio cappotto e lui allunga una mano toccandolo.
«Ti sei vestita pesante come ti avevo detto? Fa freddo qui» dice e io faccio di sì con la testa.
«Sì sto bene infatti» rispondo.
«Ti stai trovando meglio qui rispetto all'inizio?» mi chiede mentre il rumore del mare in sottofondo ci fa compagnia.
«Sì dai, un po' sì. Ho deciso di vivermi bene questa esperienza e di non lamentarmi più altrimenti mi deprimo» rispondo e lui annuisce.
«Non è proprio tutto da buttare qui, no?» Chiede ancora e lo guardo negli occhi scuotendo la testa. Tu sicuramente no Gio, tu sicuramente no.
«No, anzi, sto scoprendo tante cose belle e persone che non immaginavo» rispondo e spero abbia capito che mi riferisco anche a lui. Sorride e guarda il mare per poi continuare a farmi domande.
«Quanti anni hai? Non te l'ho mai chiesto» mi domanda curioso e io rispondo subito.
«Venticinque, tu?»
«Ventotto» sorride e torna a guardare le stelle. «Vuoi un Kinder Cereali?» ne prende uno dal suo cestino e me lo passa, io accetto.
«Grazie» mormoro sempre più colpita dalla sua gentilezza e dalla sua cura dei particolari. Do un paio di morsi alla barretta di cioccolato e so che i suoi occhi sono puntati su di me. Mi sta osservando e mi sento un po' in imbarazzo perché non so che intenzioni ha. Ad un tratto poi, allunga una mano verso il mio viso e mi toglie un residuo di cioccolata dalla parte inferiore della bocca. Il suo pollice sfiora le mie labbra e lui è sempre più vicino. I suoi occhi sono prima sulla mia bocca, poi nei miei occhi. Su e giù per un'infinità di volte. Sento il suo respiro caldo sempre più vicino e mi agito.
Cosa sta facendo?
Chiude gli occhi, mi prende il viso tra le mani e si spinge verso di me appoggiando per un attimo le sue labbra sulle mie lasciando toccare le nostre bocche delicatamente. Il cuore mi inizia a rimbombare in petto, ci stiamo baciando ed è tutto quello che vorrei ma non posso farlo succedere. Non posso.
Con non so quale coraggio mi sottraggo da quel bacio e cercando di rendere il tutto meno imbarazzante possibile trovo una scusa.
«Gio» mi tiro indietro e mi metto seduta «è ora di andare» dico e lui dopo qualche secondo di confusione annuisce.
Ce ne torniamo sopra, ci salutiamo con due baci sulla guancia e ognuno se ne va per la sua strada.Ho rovinato tutto? Probabilmente sì. Avevo scelta? Assolutamente no.
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Impossibile || Giovanni Di Lorenzo
Fiksi PenggemarNon si poteva, no. Non avevano altra scelta che stare lontani, dovevano dimenticare quell'amore impossibile. Dovevano stare lontani, non dovevano cercarsi. Non potevano fare altrimenti o si sarebbero fatti male, ma chi decide cosa è il bene e cosa è...