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ma concedimi un ultimo ballo

l'ultima ora, l'ultimo sole, per l'ultima volta

Quando Manuel lo aveva visto aprire gli occhi si era pizzicato forte la pelle dell'avambraccio, colto dalla paura che quello che stava vedendo fosse un'allucinazione bella e buona, e aveva cercato di celare un "Simone!" urlato comunque abbastanza forte da far girare l'altro ragazzo verso di lui.

Quando Simone si era voltato, uno strano peso a gravargli sulle palpebre, la voglia inspiegabile di chiudere gli occhi e tornare a dormire per un po', quel ragazzo tanto giovane coi capelli arruffati gli aveva fatto quasi tenerezza. E avrebbe continuato a fargli tenerezza, se solo non avesse visto il modo affannato con cui si era alzato e catapultato accanto a lui, vicino al letto, con una strana espressione sul volto, che Simone non riusciva ad interpretare.

"Come stai?" aveva detto il più grande, le mani a incorniciare dolcemente il volto dell'amato, come fosse incredulo di quello che stava succedendo. Finalmente, Simò. Finalmente.

Simone si era ritrovato a scostare il viso dalle mani dell'altro, un po' contrariato da quel tocco estraneo. "T'ho fatto male? Ti fa male qualcosa?" gli aveva chiesto quella voce calda, raschiata da qualcosa che somigliava profondamente a commozione.

"Io– no? No." Simone aveva temporeggiato un po', le dita del ragazzo riccio a sostare ancora a qualche centimetro dal suo volto, senza però toccarlo. Da quella distanza così breve, il più piccolo aveva potuto osservare ogni linea dell'espressione dell'altro cambiare, qualcosa di somigliante all'incertezza farsi strada sul suo viso.

Ebbe la conferma che si trattava di incertezza quando vide il riccio indietreggiare (finalmente) di qualche centimetro, ponendo una distanza più consona tra i loro corpi, e mormorare un sussurrato "Simo? Ti senti bene, sì?".

"Ma tu chi sei?" aveva domandato a quel punto Simone.

ho gli occhi così assenti, che tu mi dici "quasi non esisti"

ho gli occhi così persi, come buttare due monete per caso in mezzo a un prato

"Figo!" Sentì la voce di Simone rimbombare dalla "sua" nuova camera, ed inconsapevolmente provò l'impulso di voltarsi e andarsene, nonostante fosse appena arrivato, perché non era sicuro sarebbe riuscito ad affrontare quello che lo aspettava in quella casa.

"Lo so. Molto bella, ve'?" aveva appena detto Jacopo, la voce alta e squillante, quasi stesse provando a colmare tutta la tristezza che però riusciva comunque a trasudare da essa.

"Sì" fece allora Simone, e Manuel fu felice di poter captare un po' di spensieratezza almeno in lui. "E' la camera più bella, è ovvio che fosse mia." Manuel rise, avvicinandosi alla porta della stanza di Jacopo, in cui si trovavano i due fratelli in quell'istante. Simone gli sorrise di rimando, quasi fosse compiaciuto di averlo fatto ridere, nonostante non sapesse che c'era ben poco di divertente in quella situazione. A Manuel sembrava tutto una barzelletta, che però aveva smesso di essere divertente nell'esatto istante in cui il più grande aveva capito che Simone non stava scherzando, e di lui – e di loro, e di qualsiasi cosa successa negli ultimi cinque anni - non si ricordava per davvero.

"E tu dove dormi, Manuel?" gli domandò a quel punto il suo ex ragazzo, con gli occhi vivi pieni di curiosità, come se non stesse vivendo una delle esperienze più traumatiche che un uomo possa vivere nella sua vita. Se solo Manuel avesse potuto, se solo ne avesse avuto ancora il diritto, si sarebbe avvicinato a lui per baciargli le labbra e sussurrargli che era una delle persone più forti che aveva mai incontrato, e che si sentiva veramente tanto fiero di lui. E invece baciargli le labbra non poteva più, quindi: "Di là, nella- nella stanza di là, quella un po' più spaziosa di questa" borbottò spicciolo.

Mantieni il bacio · SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora