XIII

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cosa ridi se mi fa male


curare ferite col sale

Quando Manuel aprì gli occhi, le palpebre pesanti e un leggero mal di testa a dargli il ben svegliato, la mano dell'altro ragazzo stava ancora accarezzando lievemente la sua guancia – si domandò quanto tempo aveva passato in quel modo, a lasciargli piccoli tocchi confortanti sul viso.

Si mosse piano tra le braccia di Jacopo, quelle braccia a lui così familiari, che erano state luogo di consolazione e di incitamento, un porto sicuro in cui attraccare indipendentemente da tutto il resto – dalla bufera che si era scagliata sulle loro vite, al mare mosso che li aveva fatti dannare amaramente. Le braccia di Jacopo c'erano sempre state – almeno da quando il più piccolo aveva cominciato a guardarlo di buon occhio, poco prima che diventasse il fidanzatino di Simone – eppure raramente Manuel ne aveva ricercato il conforto, troppo occupato a sbrigarsi tutto da solo o, in extremis, ad essere aiutato da Simone.

Quel giorno, invece, dopo una discussione colorita sui soliti argomenti che Manuel aveva cominciato a detestare dal profondo del cuore – tra cui, nell'ordine: i suoi sentimenti per Simone, i sentimenti di Simone per lui, Simone che aveva cominciato a vedersi con un altro – nelle braccia di Jacopo ci si era tuffato, in cerca di un appiglio e una comprensione che non sentiva di poter ricevere da nessun altro. D'altronde, il fratello di Simone era anche l'unica persona al mondo con cui aveva un confronto su quegli argomenti, e l'unica che avrebbe potuto capire – anche solo lontanamente – i pensieri e i sentimenti del più grande.

"Buongiorno, stellina" gli fece a quel punto Lapo, la testa inclinata in avanti e una mano a cingergli il fianco, più che altro per evitare che potesse cadere, vista la posizione scomoda in cui erano sdraiati.

Manuel rimase in silenzio, il volto poggiato sul petto del più piccolo e una mano sul suo avambraccio, salda al suo corpo come se ne dipendesse della sua stessa vita. Non aveva ancora avuto modo di dire nulla, lo sguardo di Jacopo fisso sulla TV e il calore della sua pelle a riscaldarlo più della copertina leggera che avevano addosso, quando la porta dietro di loro si spalancò con un rumore sordo.

"Lapo–" cominciò la voce, e Manuel non si dovette nemmeno girare per capire di chi fosse. Rimase per qualche secondo fermo così com'era, gli occhi a socchiudersi all'idea in un segno malcelato di rassegnazione – la verità era che si sentiva stanco di tutta quella situazione, più di quanto sarebbe mai stato disposto ad ammettere.

"Simò" mormorò soltanto, poco dopo il saluto di Jacopo. Lo sentì muoversi di poco sotto di sé, così da poter parlare più agilmente con suo fratello.

"Che state facendo?" fu la sola domanda, detta con tono un po' incerto, uscita dalle labbra dell'altro ragazzo.

Manuel rimase in silenzio, mentre "Abbiamo fatto un pisolino, non si vede? Che te sembra che stamo a fa'?" mormorava Lapo, con un sospiro. Simone non disse nulla – né una parola, né un borbottio, niente di niente, tanto che Manuel dovette girare quel che bastava il volto per rendersi conto stesse ancora lì.

"Oh" provò a richiamarlo Manuel, a riportarlo alla realtà – così distante da qualsiasi labirinto in cui sembrava essersi incastrato con la mente. "Che c'è?" chiese poi, un cipiglio sul volto a imitare quello che deformava l'espressione di solito tranquilla dell'altro.

"Mi serve una cintura" spiegò a quel punto Simone, ancora visibilmente in dubbio sul mettere piede o meno in quella camera.

"Sta nell'armadio" fu tutto quello che borbottò Jacopo in risposta, e Manuel si dovette girare verso di lui per lanciargli uno sguardo interrogativo. Il ragazzo, in tutta risposta, scosse soltanto leggermente la testa.

Mantieni il bacio · SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora