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perché non basterebbero cent'anni di studio

per orientarsi nella geografia del buio


La cosa da sbrigare si chiamava letteralmente "il mio migliore amico è una testa di cazzo", e Lapo, ahilui, si considerava un esperto in materia, a causa delle numerose occasioni in cui aveva dovuto gestire le conseguenze delle azioni di quel problema vivente.

Non gli ci era voluto molto per arrivare a destinazione, né ci aveva messo più di tanto per capire dove dirigersi, consapevole della banalità e della prevedibilità dei comportamenti del moro.

Le finestre dei balconi di casa dei suoi genitori erano aperte, e Jacopo tentò di avvicinarsi all'entrata, dopo aver parcheggiato la macchina nel primo posto disponibile, ma si rese subito conto che nessuno l'aveva sentito arrivare, né era sceso a salutarlo. Non ci pensò due volte, allora, prima di dirigersi verso la loro vecchia – e ancora abbandonata – piscina, contento di poter evitare di perder tempo in convenevoli al momento inutili.

"Heilà" fece, ancora abbastanza lontano dal corpo disteso sulle pietre di Manuel, seduto con le gambe a penzoloni a bordo piscina. Il ragazzo più grande, prevedibilmente, evitò di rispondergli – non gli fu chiaro se per scelta o perché non l'avesse sentito, magari troppo perso nei suoi stessi pensieri.

"Oh" ripeté, e questa volta gli era tanto vicino che ebbe la possibilità di accompagnare il suo saluto a una leggera spinta del piede contro il fianco dell'altro, in un tentativo di smuoverlo e riportarlo alla realtà. In tutta risposta, Manuel portò soltanto gli occhi nei suoi, senza pronunciare parola.

"C'hai gli occhi così rossi che o ti sei fumato tutto il Sud America, o hai pianto fino a mo" constatò Lapo, sedendosi accanto al corpo del suo amico. Lo vide tirarsi su, mettendosi comodo, mentre continuava a strofinarsi gli occhi con una manica della felpa, senza dire niente.

Di solito Manuel non parlava. Non l'aveva mai fatto, parlare. S'era sempre tenuto tutto dentro: anni e anni di pensieri, riflessioni, scelte e pentimenti, tutti compressi in un'unica testa, in un'unica persona che non sapeva come comunicare ciò che aveva dentro col mondo esterno, che non aveva manco mai pensato fosse necessario farlo. E poi era arrivato Simone a cambiare tutto, manco la loro fosse una di quelle storielle d'amore sempliciotte che si vedono in TV – non che Jacopo avesse qualcosa contro le relazioni, sia mai, solo non avrebbe mai scommesso che sarebbe stata una banale storia d'amore a cambiare così profondamente una persona come Manuel.

Per Lapo le persone non si cambiano, non di certo con una relazione, ed era questo quello che aveva continuato imperterrito a ripetere a Simone quando facevano entrambi il terzo anno: mettiti l'anima in pace, te piace 'no stronzo. Rifiuta e vai avanti. Simone gli aveva pure dato retta, dopo tanti ripensamenti e ricadute, fino a quando la vita non aveva dimostrato a entrambi il contrario: Manuel era cambiato, Manuel era enormemente cresciuto – e tutto questo soprattutto per amore, per Simone.

Certo era che i suoi difetti continuava ad averli comunque – la prova provata era il fatto che si trovassero lì, in quel momento, dopo il suo ennesimo casino – ma a Lapo pareva quasi si fossero addolciti persino i suoi lati più rozzi, ad aver a che fare con Simone.

"Ch'hai fatto?" biascicò, giocando piano con le mani che teneva in grembo, in attesa che l'altro parlasse.

Dovette aspettare del tempo, molto più di quanto non fosse necessario a pensare ad una risposta, per ascoltare quella del riccio.

"Te l'ha detto Simone" fece il più grande, spicciolo. I suoi occhi erano fissi sulla pavimentazione ormai rotta della piscina vuota, semi-chiusi nella loro disperazione.

Mantieni il bacio · SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora