dimmi perché resti con me
sono uno stronzo e lo sai più di me
Quando quel giorno, entrando in cucina, Simone si rese conto della presenza dell'altro ragazzo, quasi si stupì di averlo trovato lì: negli ultimi giorni era diventato sempre più difficile trovare Manuel in un qualsiasi posto non fosse fuori dalla quella casa o barricato in camera sua, dove a nessuno era permesso entrare.
"Oi" fece, più per cortesia che per altro, abbastanza risentito dal trattamento che gli stava riservando negli ultimi giorni, dopo il casino successo con Lapo.
"Ciao."
Manuel non era stato più clemente: il suo saluto lo aveva detto alla svelta, masticando velocemente qualsiasi cosa fosse la sua colazione di quel giorno. A Simone non sfuggì il modo in cui il più grande afferrò il suo bicchiere mezzo pieno di succo di frutta per ingurgitarlo in un solo sorso, come fosse di fretta.
"Dove corri?" chiese il più piccolo, l'imbarazzo di quel silenzio ostile a pesargli più di quanto sarebbe stato disposto ad ammettere.
"Da nessuna parte" fece l'altro, e Simone lo maledì per non aver nemmeno avuto la prontezza di inventarsi una scusa – una qualsiasi sarebbe andata bene, sarebbe stata meglio di quello.
"E allora perché stai scappando via?"
Manuel stoppò i propri movimenti per qualche secondo, colto in fallo da quell'accussa da cui sapeva di non potersi difendere. Simone aveva ragione, e lui non aveva alcuna intenzione di addossargli colpe che non aveva, arrivare a farlo sentire in difetto inutilmente. Sapeva di doversi assumere le proprie responsabilità, anche se non era sicuro di volerlo fare: non era certo che sarebbe stato in grado di sostenerne le conseguenze.
"Non sto scappando" disse, nonostante quella sembrasse un'emerita bugia anche alle sue stesse orecchie.
Simone rimase in silenzio – buono, comprensivo Simone. Il più grande si maledì mentalmente per essere – in ogni vita e in ogni realtà – la rovina della sua bontà, la scritta fatta con dell'inchiostro nero a macchiare la sua gentilezza. Si ritrovò a sospirare, lo sguardo a scontrarsi con quello di Simone che lo osservava freddo, ferito. Non ci fu un momento in cui capì che ciò che stava per fare fosse la cosa giusta, né quello in cui comprese di avere abbastanza forza mentale per attuare nell'effettivo quella che fino ad allora era sempre stata solo una remota possibilità, un'idea che aveva tentato per il maggior tempo possibile di combattere, anche se inutilmente.
"Simo, la verità è che dobbiamo finirla qui."
"Che significa che dobbiamo finirla qui?" Manuel quasi non sentì quella frase sussurrata con voce incredula, il baccano nella sua testa più rumoroso di tutto il resto.
"Che tra noi è finita."
Vuoto, silenzio. Il niente.
Le parole che Simone aveva pensato di dire fino a quell'istante gli morirono sulla lingua, prima che avesse anche solo la possibilità di dar loro voce. Il suo cervello sembrò trasformarsi in una distesa infinita di nulla, il niente a mangiarsi anche l'ultima delle sue sinapsi ancora attive.
"In che senso–" cominciò, per poi fermarsi. Strinse la mano attorno al braccio di Manuel che ancora teneva sotto le sue dita, come una maniglia alla quale ti aggrappi fino allo sfinimento, fino a che persino con le unghie non riesci a reggerti più.
Provò a pensare a qualcosa da dire: una scusa, una constatazione, qualsiasi cosa non sembrasse inutilmente vuota e ridicola. Provò a pensare a qualcosa in generale, pregò il suo cervello di pensare abbastanza velocemente da formulare un pensiero coerente, in quel deserto di gelo e buio in cui Lapo li aveva catapultati giorni prima, da quando li aveva beccati insieme in cucina.
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Mantieni il bacio · Simuel
ChickLitIn cui Simone, dopo un incidente, non si ricorda più nulla degli ultimi cinque anni della sua vita e Manuel, sotto consiglio del medico, si ritrova a dover fingere di non essere completamente e perdutamente innamorato di lui. Il fatto che il destino...