XIV

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🖋 breve nota autrice:
non ho voluto lasciare alcun commento la volta scorsa, perché non volevo che ci pensaste troppo – adesso che avete a vostra disposizione questo nuovo pezzo di storia, posso dirvi che (consapevolmente o meno) nello scorso capitolo avete letto probabilmente la scena più importante di questo racconto, anche se è volutamente passata in sordina. chissà se qualcunə di voi lo ha intuito, leggendola;
non vi spoilererò nient'altro: buona lettura!


“Ma tuo fratello che ha?” si ritrovò a chiedere Manuel qualche giorno dopo, la bocca piena del morso che aveva appena dato al suo pranzo e gli occhi rivolti al suo migliore amico.

Jacopo puntò lo sguardo su di lui, distogliendolo dallo schermo del cellulare che aveva in mano, per osservarlo confuso. “E che c'ha?” si ritrovò a ripetere, un po' perché effettivamente non capiva dove la domanda dell'altro volesse andare a parare, un po' perché si era distratto.

“È strano” fu tutto quello che rispose il più grande, e a Jacopo quasi venne da ridere e chiedergli quando mai l'altro non fosse strano. La stranezza era forse una delle caratteristiche più longeve e radicate nella personalità di suo fratello.

“Che ha fatto?” 

“So’ giorni interi che mi evita” borbottò Manuel, ancora intento a mangiare, lo sguardo più serio del solito e il viso corrucciato.

“E te che gli hai fatto?” fece Jacopo allora, ridacchiando mentre lanciava un'altra occhiata al telefono.

“Oh.” Manuel attirò di nuovo l'attenzione su di sé, una smorfia indispettita sul volto. “Sono serio” fece poi, giusto per rimarcare la sua preoccupazione. “‘stavolta manco ho fatto niente” ammise infine, cercando ancora di trovare una giustificazione al comportamento dell'altro – o, quantomeno, una possibile motivazione dietro di esso.

“Sei sicuro?” chiese Jacopo, la voce piena di diffidenza. Manuel cercò di non prendersela per il modo saccente con cui il più piccolo gli aveva posto quella domanda.

“Sì” mormorò, gli occhi a fissare un punto della tovaglia mentre scandagliava tutto ciò che era successo nell'ultimo periodo. “No.” Alzò quindi gli occhi in quelli del suo migliore amico, che lo stava guardando con una faccia che stava a significare qualcosa tipo lo sapevo io.

“Ch'hai fatto?” 

“Non so se– quando è venuto Albi, il mio collega ch'è stato in Erasmus, ti ricordi? Be', già da lì si era comportato in modo strano. Io non vorrei fosse tipo–”

“Geloso?” lo aiutò Jacopo, e il più grande si trovò a deglutire. Poteva essere quello il motivo dietro al fatto che fossero giorni che Simone lo ignorava?

“Potrebbe.”

Il più piccolo annuì, mentre gli lanciava un'ultima occhiata. “Devi cercare di risolverla sta cosa, Manu. Non se po’ mica annà avanti co’ voi due che fate ‘sti continui tira e molla manco aveste sedici anni, eddai” lo sentì lamentarsi, mentre si alzava dal tavolo con fare drammatico. Ecco il caro, vecchio Jacopo – quello di prima dell'incidente, nella sua forma più splendente, esattamente come Manuel se lo ricordava.

“Lo so” borbottò di rimando, anche se non era vero, ché tanto Manuel non sapeva mai un cazzo, e più che altro non sapeva mai come aggiustare un cazzo. “Vedrò che fare” disse poi, nonostante sperasse che la situazione si aggiustasse da sé, senza che lui facesse proprio nulla, perché se no di sicuro avrebbe combinato casini.

Mantieni il bacio · SimuelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora