𝐍𝐨𝐯𝐞.

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La notte trascorse paurosamente silenziosa. Tania aveva cercato di eliminare dalla sua mente le immagini della violenza, ma il volto tumefatto e senza più denti del pedofilo continuava a perseguitarla nei sogni. Riusciva a dormire, però non a riposare.

La mattina si alzò presto, non voleva più assistere allo spettacolo dei suoi incubi. Aveva, inoltre, dentro di sé una strana sensazione, che le ricordava quella che aveva provato quando ebbe portato il tozzo di pane alla sua compagna di cella e ebbe capito che la sua gentilezza e il suo affetto sarebbero stati inutili in quella prigione.
Ingiustizia? Ingratitudine? Un miscuglio di emozioni che al di fuori di Bezdusha le erano sempre state sconosciute.

Non ebbe tempo per riflettere sui suoi sentimenti, in quanto apparve Maxim per il corridoio.

"Buongiorno, Sobakin. Piccolo cagnolino di Bezdusha." Le disse, raggiante.

Tania non riuscì a guardarlo in faccia. Era troppo scossa dal pensiero di quanta violenza potesse generare quell'uomo dal nulla.

Più restava pietrificata, più la ambigua gioia di Maxim si raggelava. Pareva proprio che tutta quella loro complicità di ieri si fosse dissipata, lasciando spazio alla diffidenza. Eppure, chissà cosa le avrebbe voluto dire all'orecchio... lui, per un attimo, sembrava aver lasciato stare le rigide regole delle guardie carcerarie, sembrava che volesse stabilire una qualsivoglia forma di legame con lei e si era dimostrato fin troppo interessato al suo caso.

Maxim, gelido, aprì la porta.

"Hai visite. Muoviti."

Si incamminò, senza badare a lei e senza nemmeno ammanettarla. Non era fiducia in lei. Sapeva che aveva il completo controllo sulla paura di Tania nei suoi confronti. Lei, infatti, lo seguiva, mogia, dietro, proprio come un cagnolino. Forse, pensava, il suo cognome era azzeccato.


Nella sala visite, Tania vide Viktor che la salutava con la mano, come se fosse venuto a prendere una bambina all'asilo. Aveva un sorrisone stampato sul volto.

"Taniusha, ti vedo bene!"

Lei ringraziò, ma sapeva che non era vero. E poteva ringraziare soprattutto il suo diavolo personale, Maxim, per le condizioni in cui si trovava.

"Finalmente ho trovato un po' di tempo per venire a trovarti. Spero che vada tutto bene."

"Hai parlato con i miei genitori?" Chiese lei lentamente.

Lui fece un'espressione stranita. Era caduto dalle nuvole.

"Oh, mia cara, me ne sono scordato! Ma ti prometto che li incontrerò il più presto possibile. Sai, tra il lavoro, gli orari..."

"Sì... il lavoro... "

Rispetto all'ultima visita, Tania era molto più stanca e non si capacitava come lei, dopo tutto quello che aveva subito, era riuscita a non smettere mai di pensarlo, mentre lui, che conduceva una vita pressoché normale, si era pure dimenticato di una cosa così importante per la sua ragazza. Tania doveva sapere che i suoi genitori le volevano ancora bene e che l'avrebbero perdonata e Viktor era l'unico tramite tra lei e la famiglia. Le venne in mente che effettivamente lei non aveva pensato solo al suo fidanzato tutto il tempo... si rese conto che Maxim era riuscito a penetrare nei suoi pensieri e farsi spazio per qualche giorno. Ma ora sarebbe tornato tutto come prima. Lui era una guardia messa là apposta per torturarla e lei doveva pensare al suo unico amore della vita.

"Allora visto che sei sempre al lavoro, hai avuto l'opportunità di parlare con qualche tuo collega? Un giurista, un avvocato, qualsiasi persona in grado di aiutarmi?"

Viktor si perse un po' nel vuoto di nuovo, ma questa volta gli apparve un sorriso fin troppo falso per essere nascosto dai suoi capelli setosi e dal visino angelico.

𝐏𝐫𝐢𝐬𝐨𝐧 𝐨𝐟 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora