𝐃𝐢𝐞𝐜𝐢.

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Era giunto il giorno. Si sentiva parecchio nervosa ma nulla le avrebbe proibito di varcare la soglia di quel portone. Il suo vestito bianco era splendido e lei non era da meno. Quando sentì l'organo attaccare, entrò. Sotto gli occhi ammagliati di tutti gli invitati, camminò sicura per tutta la navata. Si sentiva così bene, era un momento perfetto, lei era perfetta. E l'amore che provava per lui non era da meno.

All'altare le venne da piangere di gioia, ma il pensiero che le si potesse rovinare il trucco la trattenne. Il prete cominciò e, dopo aver detto i voti, lo sposo le alzò il velo, per scoprirle il volto. Non appena si trovò innanzi l'espressione di pura gioia di lei, non resistette e la baciò con sentito amore. La navata esplose in un applauso fragoroso:

"Evviva Ludmilla, evviva Vasilii, evviva gli sposi!"


L'inizio del loro amore fu splendido: Vasilii e Ludmilla si conobbero per caso, prima che lui decidesse di avviare la sua carriera nell'ambito politico. Bastò un solo sguardo tra loro per far scoccare la scintilla durante una fiera a Novgorod. I due decisero da quel momento che sarebbero appartenuti l'uno all'altro.

Ludmilla, a quell'epoca, era una donna di straordinaria bellezza, i capelli erano lunghi fino alla schiena ma biondi, delle lentiggini sfioravano il suo delicato viso e il suo corpo era slanciato. Si vestiva con abiti semplici, non le interessava apparire, sapeva di essere bella, ma non le interessavano gli uomini. Con Vasilii fu diverso.

Lui, nonostante il suo aspetto mediocre rispetto a quello dei ragazzi che corteggiavano Ludmilla, possedeva un fascino nascosto, dato dal suo carattere e la sua sconfinata cultura, che sottolineavano la sua onestà e bontà. Ludmilla si innamorò del suo sguardo buono e sensibile, sapeva che quell'uomo non l'avrebbe mai ferita e le avrebbe dato tutto l'amore che desiderava, per sempre.

Sembravano destinati a stare assieme e i primi due anni di relazione trascorsero così perfetti e senza alcun litigio che i due si convinsero a sposarsi, per coronare il loro sogno d'eterno amore.

Dopo il matrimonio, trascorsero una settimana in luna di miele in Thailandia e si congiunsero più e più volte in un giorno solo: facevano l'amore sul letto addobbato con fiori e candele, facevano l'amore in spiaggia di notte, quando nessuno vedeva, facevano l'amore in piscina, facevano l'amore ovunque e ogni qualvolta ne sentissero il desiderio. Ludmilla si rendeva conto sempre più che non le bastava avere Vasilii nei soli, monotoni posti. Se si cacciavano in situazioni scomode appositamente, lei si eccitava e lui godeva di ciò.

Tornati dall'idilliaca fuga d'amore, Ludmilla non lasciava neanche un istante scappare Vasilii dal suo vorace amore. Voleva sempre di più, di più, di più. Finché non si rese conto che dietro a quella passione così forte si celava un desiderio ben più profondo: lei voleva un figlio.

Ne parlò subito con l'amato che, alla notizia, esplose di gioia: l'abbraccio, la baciò e iniziarono subito a fare l'amore.

Ma, i bei tempi di passione, si trasformarono man mano in tempi di delusione. Ludmilla non riusciva a rimanere incinta e si rivolse a diversi specialisti, medici e non. Chi le prescriveva pillole, chi piante terapeutiche, chi addirittura le posizionava pietre antiche sul ventre per richiamare gli spiriti della fecondità. Nessuno riusciva a capire come mai i due non riuscissero ad avere il tanto desiderato pargolo.

Passarono mesi di incertezza, convinti che avrebbero dovuto ricorrere alla fecondazione in vitro oppure all'adozione, ma finalmente il flusso mestruale di Ludmilla non si presentò per un mese... poi per due... e scoprì di essere incinta.

I due sposi erano al settimo cielo, erano riusciti a superare quel periodo di incertezze e lo avevano fatto insieme.

Ludmilla iniziò a comprare di tutto per il futuro neonato, dalle culle ai vestitini. Vasilii la supportava e tornava anche lui a casa  con qualche giocattolo, non vedendo l'ora di poterci giocare assieme e, soprattutto, amarlo.

Il pancione crebbe sempre di più, la figura snella e aggraziata di Ludmilla andava arrotondandosi e la stanchezza per la fatica di portare dentro di sé la sua creatura si fece sentire prepotentemente. La felicità, però, attenuava tutto e i mesi trascorsero lieti, in attesa del piccolo.

A metà dell'ottavo mese, in un giorno di ottobre, il bimbo decise che era l'ora di uscire. I medici constatarono che era un po' precoce, ma dalle analisi sembrava che fosse tutto apposto. Così Ludmilla, tra atroci sofferenze e urla di dolore, spinse fino all'ultimo centimetro e lui nacque.

Il neonato pianse, ma lo fece solo per pochi secondi, alchè le ostetriche e le infermiere accorsero immediatamente per prenderlo dalla madre. Ludmilla ebbe un impeto materno così aggressivo che non si lasciò portare via il figlio così facilmente, fu Vasilii a convincerla.

Quando giunse il pediatra, non portò con sé buone notizie. Si affiancò al letto e guardò Ludmilla con compassione:

"Signora Zhertva, mi duole riportarle che suo figlio è affetto da una rara malattia genetica recessiva, colpisce in maggioranza i maschi e, purtroppo, non ci è possibile fornirgli le adeguate cure. Temo che non ce la farà."

Gli occhi di Ludmilla si sbarrarono. Non poteva succedere, non ora che erano riusciti a scappare dall'infertilità, non ora che aveva affrontato una dolorosa gravidanza di otto mesi e mezzo. Vasilii intervenne, serio e professionale:

"Dottore, cosa potremmo fare? Sono disposto a tutto per mio figlio."

Il dottore rifletté un attimo.

"L'unico centro che si occupa di questo tipo di malattie si trova a Mosca, ma presumo che sia troppo lontano per raggiungerlo in tempo."

Vasilli e Ludmilla si guardarono e annuirono a vicenda.

Qualche minuto dopo si stavano indirizzando verso la stazione ferroviaria, con il neonato avvolto tra fasce e pochi medicinali con loro. I medici avevano acconsentito a quella pazzia solo perché credeva che per loro non c'era più nulla da fare.

Corsero con tutte le forze che possedevano in corpo e riuscirono a prendere un treno in partenza in quell'esatto momento. Si sedettero sui sedili, uno di fronte all'altro e Vasilii prese la mano alla moglie.

"Ce la faremo, ce l'abbiamo sempre fatta, moglie mia. Sono sicuro che il nostro amore aiuterà anche nostro figlio."

Calò il silenzio, Ludmilla era stanca. Appoggiò la testa al finestrino e strinse al petto il pargolo.

Dopo una sola ora di viaggio, il piccolo smise di respirare e spirò, in grembo alla madre.

I due amanti si ritrovarono in treno, in silenzio, ad aspettare che giungesse a Mosca.

Per tutto il tragitto Ludmilla guardò fuori dal finestrino per impedire a sé stessa di fissare gli occhi vitrei e mortalmente spalancati di suo figlio. Anche se col tempo la sua pelle cominciò a indurirsi e farsi fredda, lei non tolse lo sguardo dalle steppe russe.

Ludmilla tolse la mano da quella di Vasilii.

Il loro amore non era servito a niente.

𝐏𝐫𝐢𝐬𝐨𝐧 𝐨𝐟 𝐇𝐞𝐚𝐫𝐭𝐬Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora