Capitolo 1

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*pss... continuo a 10 voti*

Come tutti i giorni, nella mia Amata Parigi, cercavo di racimolare dei soldi con la mia musica. A me bastava una chitarra ed ero felice. Ero in una lurida metro, come sempre, ma oggi sembrava più sporca del solito.
Che sgarbata, non mi sono presentata. Il mio nome è Abigail Celli, o Ab per gli amici. Sono una ragazza piuttosto solare, anche se la mia vita non lo è mai stata. I miei genitori mi hanno abbandonata quando ero più piccola, manco ricordo le loro facce. A diciotto anni ho lasciato la scuola e la famiglia adottiva per venire ad abitare qui a Parigi. Purtroppo non sempre va tutto rose e fiori, infatti ora sono qui a cantare per strada.
Ricapitolando, io in teoria avrei un tetto da coprirmi la testa, il problema è che quel tetto ora sta a Roma, e io non so come arrivarci. Già. Ogni giorno cerco di mettere qualcosa da parte per poter comprare almeno un biglietto del treno, è da un po' di tempo che ci provo, ma per ora nulla. Sono arrivata a trenta euro e qualcosa, contando che devo anche mangiare, è un po' dura.
Una bambina si avvicinò a me quando finì di cantare il mio pezzo. Era davvero carina, portava un vestitino rosa e aveva i capelli biondi, come il sole lei era solare. E nei suoi occhi riuscì a vedere me stessa.
"Bonjour" disse con una esile vocina, per poi posare delle monetine nel cappello "Merci" le risposi e lei se ne andò via sorridente.
Presi la chitarra nuovamente in mano, iniziando a suonare "Wake me up, When September ends" dei greenday.
Pizzicavo le dita sulle corde, lasciandomi trasportare completamente dalla melodia della canzone che adoravo. Quando finì di suonare sentì un applauso. Nel tempo in cui ero stata a Parigi nessuno mi aveva mai applauso, mai. Aprì gli occhi e alzai la testa guardando la meraviglia che avevo davanti. Un ragazzo con i capelli neri e un ciuffo davanti alla faccia, li raccoglieva con una banda blu. I suoi occhi marroni mi incantarono da subito. Portava una canottiera nera e strappata su cui si intravedeva un tatuaggio sul petto, sembrava ci fosse scritto "Whish you were here" come la canzone dei pink floyd. Si avvicinò a me è si sedette al mio fianco.
"Bonjour, Je m'apelle Riccardo" sembrava un po' impacciato con il francese, ma almeno ci stava provando.
"Ah, sei italiano?" Gli chiesi spontaneamente, mentre la sua faccia si colorava sempre di più di rosso.
"Oddio che figura di merda" disse abbassando la testa e ridendo.
"Tranquillo, mi piace il tuo francese" gli dissi provocando una risatina da parte sua. Mi voltai verso la chitarra e iniziai ad accordarla.
"Tu come ti chiami?"
"Scusa... piacere" dissi porgendogli la mano "mi chiamo Abigail Celli"
"Beh Abigail, sappi che suoni davvero molto bene. Sai io ho una band in Italia: i My Dreams." Disse gesticolando a mo' di effetto favoloso.
"E di dove sei?"
"Roma" a quelle parole mi si bloccò il cuore. Potevo chiedere a questo ragazzo sconosciuto un passaggio per la mia casa? Sarebbe stato troppo sgarbato? Ma in fondo che avevo da perdere?! Non voglio stare un altro anno di più in questa metro. voglio tornarmene a casa, dalla mia famiglia. Un senso di adrenalina e felicità prese il sopravvento del mio corpo.
"Roma? Hai... hai detto Roma?" Chiesi al ragazzo che annuì stranito.
"Oddio! Roma! Come sei venuto qui?" La speranza iniziò a prendere il posto dell'adrenalina aspettando ansiosa una sua risposta.
"Em... in macchina. Sono venuto da solo. Torno domani..." ROMA! Ero ancora rimasta a Roma... non ci potevo credere.
"Ti prego dimmi che puoi darmi un passaggio, mi farò piccola piccola. Guarda ho anche dei soldi" detto ciò presi i soldi che avevo dentro il portafoglio e glie il porsi "e quando arriveremo a Roma te ne darò altri, ma per favore accompagnami-" non feci in tempo a finire di parlare che lui prese le mie mani e le scansò da lui. Quel contatto mi fece stranamente rabbrividire.
"Non voglio i tuoi soldi." disse freddo.
"Cosa allora? Ti prego io ho bisogno di tornare a Roma..." lo supplicai con occhi dolci, mentre le sue mani erano ancora sulle mie.
Sembrava pensarci su, non saprei dire a cosa pensava, se a darmi un passaggio oppure se pensava a cosa voleva in cambio. Sta di fatto che quando si accorse che le sue mani erano ancora sulle mie le tolse subito.
"Nulla... se hai bisogno di un passaggio, forse posso dartelo." i miei occhi si illuminarono all' istante e saltai in piedi dalla felicità.
"Grazie grazie grazie grazie" gli urlai in faccia e lo abbracciai, sentii che era freddo come il marmo, come se non avesse mai ricevuto segni di affetto, perciò mi staccai subito e li ricomposi.
"Facciamo così, ci troviamo domani mattina, qui alle otto" disse per poi pensare un attimo a ciò che stava dicendo.
"Ma tu hai un posto dove dormire?" Mi chiese curioso "Em... si, certo..." mentii.
"Oddio" sospirò "facciamo una cosa migliore, seguimi, vieni con me all'albergo"
Presi la mia roba tutta entusiasta per poi incamminarmi con lui fuori dalla metro. Una volta all'aperto, quasi mi ero dimenticata com'era respirare l'aria pulita. Era una bellissima giornata, alzai gli occhi al cielo e li chiusi assaporandomi la libertà. Riccardo mi prese per il polso trascinandomi con lui.
"Ei, a proposito, chi mi assicura che tu non sei uno stupratore?" Chiesi e lui si bloccò di colpo girandosi verso di me con lo sguardo divertito "uno: sei tu che mi hai chiesto un passaggio. Due: secondo te uno stupratore prima di stuprarti ti porta fuori a cena, e magari ti chiede anche il permesso?" Effettivamente aveva ragione, mi stava offrendo un posto al suo albergo e un passaggio per Roma. Quindi, mi sembrava un ragazzo per bene.
"Allora" cercai di attaccare discorso "dicevi che suoni in una band... Tu cosa suoni?"
"Chitarra. E canto." okay. Non vuole attaccare discorso, allora farò scena muta finché non arriviamo all'albergo.
Dopo un quarto d'ora che camminavamo per le strade di Parigi, nel silenzio più totale, decise di spiccare parola nell'esatto momento in cui stavamo entrando dall'ingresso principale dell'albergo.
"Hai finito con le domande?" chiese in modo sarcastico lasciandosi scappare una risatina.
"Beh, io almeno provo ad attaccare discorso. Tu sei freddo come il marmo."risposi scocciata mentre lui tentava di aprire la porta della sua stanza.
Se aveva deciso di non parlare con me per tutto il tempo, questo viaggio sarebbe stato il più lungo della mia vita.

*seraaaaaa*
È la mia prima storia, siate gentili hahah probabilmente ci sono alcuni errori, se me li fate notare va bene... poi la correggo :)
Grazie a tutte

Vagabonda a Parigi || Riccardo RidolfiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora