capitolo 5

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*ci provo, continuo a venti voti e cinque commenti. Mi scuso per eventuali errori, ma non ho avuto il computer in questi giorni dato che è a riparare, spero vi piaccia lo stesso"

Dopo quella frase rimasi eternamente bloccata. Cosa intendeva? Che noi due saremmo diventati buoni amici, o qualcosa di più? Io non credo di essere attratta da lui in quel senso: lui è bello certo. Direi anche bellissimo, adoro quel modo in cui abbassa la testa quando sorride imbarazzato, o quando gli si fa un complimento; adoro quando si morde il labbro o gioca con quel anellino nero che tiene sulla bocca, adoro quando resta fermo e pensa, oppure quando vuole dire qualcosa di dolce e fa quello strano sorrisetto. Beh certo, su di lui ci sono da dire molte cose in più però. Per esempio non sopporto quando cambia umore così in fretta, oppure lo odio quando mi tratta come se non esistessi, ma anche quando si arrabbia per niente e si scusa due secondi dopo. Anche se le sue scuse rimarranno per sempre le migliori. Senza accorgermene mi ritrovo a fissarlo, provocando da parte sua qualche sguardo fugace. Tolgo i miei occhi dal suo viso al panorama fuori dal finestrino, e quasi subito mi addormento.

Strofino le mani sugli occhi, ancora impastati dal sonno. La vista ancora sfocata, passa un'occhiata fuori dl finestrino, notando che era quasi sera e il sole stava tramontando. Misi bene a fuoco, godendomi il sole tramontare dietro ai capi desolati. L'immagine stupenda del sole che si tuffa letteralmente tra il mare di erba, è la cosa più bella che io abbia mai visto. Nell'auto, come sempre, regna il silenzio. Ne' io ne' Riccardo spicchiamo parola: lui guida e io osservo il panorama. Pensare che dall'altra parte del mondo sono un giorno avanti. E pensando al "futuro" chissà come sarà il mio. Cantante e chitarrista incompresa: così mi definivo quando mi chiedevano la professione in giro. E mi divertivo a guardare le loro facce. Chissà cosa ne sarà del mio futuro, magari diventerò una semplice e noiosa segretaria, di questi tempi è difficile trovare lavoro. Mi rattrista pensare che in futuro non potrò avere un lavoro da sogni. Ma so che se ne trovassi uno sarebbe già tanto. Per ora mi limito a guardare il sole scomparire all'orizzonte, pensando con ottimismo che tutto andrà per il verso giusto. Si beh, magari non oggi, ma non si sa mai.

Mentre fuori si fa buio, noto in lontananza delle luci, probabilmente un piccolo paesino. Potremmo fermarci per dormire e mangiare, non sarebbe male risposarsi un po', tranne per quelle poche volte che siamo scesi dall'auto perché l'auto perdeva. Per fortuna semplice acqua del condizionatore. Decido di esporre la mia idea a Riccardo, anche se non so cosa aspettarmi dalla sua risposta. "Hey, ho notato che lì ci sono delle luci, magari possiamo trovare un'agriturismo per fermarci a dormire, che ne dici?" Rallenta un po' la macchina, come per pensarci su, ma poi si volta verso di me con un sorriso alquanto strano "Penso sia una buona idea" stupita gli indicai la strada per le stradine del piccolo paesino. Rimanemmo qualche minuto alla ricerca di un hotel o di un agriturismo, quando trovammo stranamente un'uomo che ci indicava la strada per l'agriturismo. Quest'ultimo chiamato "il dolce sogno", rassicurante per lo meno. L'uomo era vestito da facchino, sinceramente mi sembrava strano un facchino per un agriturismo, ma non dissi nulla a Riccardo. Non volevo aumentare il male dentro di lui.

Il ragazzo al mio fianco scese dalla macchina, mentre il facchino gli chiedeva se poteva portare l'auto al parcheggio. Non ci pensò su e consegnò le chiavi della macchina al facchino, che salì su quest'ultima facendoci prendere alcune valige. Ci dirigiamo immediatamente verso la struttura rossa, sperando di trovare una camera ancora libera per restare almeno una notte, essendo arrivati all'ultimo minuto. L'agriturismo non è male, sia all'estero che all'interno: al di fuori è ricoperto da mattoni rossi, con alcune arcate verso l'entrata. Sembra una struttura abbastanza antica, e le cose antiche a me non dispiacciano. Entriamo nella sala d'aspetto, dove ci sono due piccoli divani ricoperti di un velo rossiccio e un piccolo tavolino di vetro, nel quale sopra sono appoggiate diverse riviste. Ci avviciniamo al bancone dove non troviamo nessuno.

"Chiamo?" chiede Riccardo alla mia destra, mentre indica uno di quei campanellini. Annuisco e immediatamente sentiamo un trillo rimbombare nella saletta. Aspettiamo un altro po' in silenzio quando vediamo arrivare la figura di una donnetta bassa e cicciottela. Quest'ultima, dai capelli rossi come il diavolo, ci fa un sorriso smagliante, e quando si avvicina noto l'ironico gesto. Mentre la osservo avvicinarsi, noto con dispiacere che non sa truccarsi: l'ombretto le trapassa le sopracciglia, facendole sembrare di un azzurro acceso. "Buonasera" dice rivolgendosi a noi "come posso esservi utile?". Noto qualcosa di strano nella sua voce, e mentre parla continuo ad esaminarla, giungendo ad una conclusione: è italiana. Interrompo di scatto il discorso che si era formato tra la signora e Riccardo, rivolgendomi direttamente al ragazzo stupido alla mia destra "è italiana?! Siamo in Italia e non me l'hai detto?" quasi urlavo mentre le parole mi uscivano dalla bocca.

"Dormivi, ho pensato-" cerca di formulare una frase ma lo interrompo "Hai pensato?! No. Dovevi svegliarmi" mi guarda con occhi bassi per poi rispondere "Eri così carina, non volevo disturbarti. Scusa" detto questo rimango senza parole. Ha detto che sono carina o sbaglio? Sto zitta, ascoltando di nuovo il discorso.

"Scusi" dice Riccardo rivolgendosi alla signora paffutella "Mi può dire se avete una stanza per due?" Mentre fruga nello zainetto alla ricerca, credo, del suo portafoglio. "Ma si certo, i letti sono uniti, ma comunque potete dividerli... nel caso... si beh ha capito". Nel tempo in cui Riccardo paga faccio un piccolo giro nella hall, finché non arriva il momento di andare in stanza. Seguo il ragazzo che, con la testa spaesata osserva tutti i numeri delle camere, fermandosi poi su una e infilandoci la chiave.

Entrammo nella stanza, il cui profumo mi da leggermente la nausea. La camera è di un blu vivace e, come ha detto la signora nella hall, i letti sono uniti. Mi avvicino velocemente a questi per poi tentare disperatamente di separarli, ma con scarsi risultati. "Ci tieni così tanto a dormire staccata da me?" La voce di Riccardo va eco nella stanzetta, ora illuminata da un lampadario pendente "Si." rispondo semplicemente cercando di evitare qualsiasi discorso con lui "Andiamo Ab, ti sei arrabbiata per così poco?" Si avvicina con cautela, per poi allungare il braccio verso di me. La sua mano mi sfiora delicatamente, dalla spalla sin alla mia mano, per poi afferrarla timidamente. Tutto ciò mi provoca un sacco di brividi, quasi incontrollabili. Abbasso la testa, sentendo le mie guance avvampare. La sua mano si sposta dalla mia al mio fianco, per farmi avvicinare lentamente a lui. Passa due dita sulla mia guancia, ormai rossa e calda dall'imbarazzo, per arrivare al mento, che con gentilezza lo rivolge verso l'alto, facendo scontrare i miei occhi con i suoi. Mentre la sua voce rompe il silenzio "Wow"

I suoi occhi. Neanche lontanamente paragonabili ai miei. Ed è qui che capisco di essere alla fine, all'estremo delle mie forze, il mio sguardo non regge il suo, il mio cuore sembra voler esplodere. Cosa mi sta succedendo? Mi allontano spaventata dal suo gesto, per poi rifugiarmi in bagno. Appoggio le mani all'estremità del lavandino e alzò lo sguardo per potermi guardare in faccia. Cosa sta succedendo? Cos'è appena successo? Alzo freneticamente la manopola dell'acqua, per poi passarmi il getto freddo su tutta la faccia. Dall'esterno del bagno proviene un rumore, qualcuno bussa, chissà chi penso sarcasticamente "Si?" Chiedo con voce tremante "Em... ho-ho dimenticato il pigiama, lo vado a prendere okay?" Non rispondo, ma intanto lo sento chiudere la porta alle spalle.

Passano minuti, che sembrano non terminare più, e Riccardo non è ancora tornato. Apro la porta della camera e scendo le scale della hall, per poi stare su un gradino ad ascoltare la conversazione "Signore mi spiace, capita spesso" dice con voce tranquilla si signora paffuta della hall "CAZZO!" la voce di Rick. Mi fiondo giù dalle scale, mentre vedo Riccardo con le mani nei capelli per la disperazione. Mi avvicino a lui, passandogli una mano sulla schiena cercando di tranquillizzarlo, ma lui mi scansa velocemente "Prendi la tua roba. Ora." il suo sguardo mi mette paura, non sapendo come mai questa rabbia cerco di capire il perché, ma vengo subito interrotta e a quel punto mi dirigo velocemente sopra, prendo la nostra roba e torno giù.

Seguo Riccardo sin fuori dal locale, per poi rivolgergli la parola, anche se sapevo che sarebbe stata una mossa sbagliata "Cosa succede?" Chiedo con la voce tremante "Lo vuoi sapere? Ci hanno fottuto la macchina, anzi. MI hanno fottuto la macchina, quel finto facchino di merda!" Le sue urla rimbombano nello spazio vuoto e nelle mie orecchie, mi avvicino a lui per consolarlo, ma anche sta volta mi spinge via.

"Ed è colpa tua Abigail Celli! Sei la mia rovina! In tutti i sensi."

Vagabonda a Parigi || Riccardo RidolfiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora