Capitolo 15

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Non mi ero mai accorta della felicità che s'impadronisce di me quando mi sveglio la mattina e trovo Riccardo al mio fianco. Non me n'ero mai accorta fin a quella mattina. Ancora assonnata tastai la parte del letto, trovandola vuota e fredda, e un senso di malinconia e abbondono mi stringeva lo stomaco. Mi alzai di malavoglia dal letto e, dopo essermi vestita, mi incamminai attraverso il corridoio di foto verso la cucina. Luogo dal quale provenivano diversi rumori di posate e bicchieri. Non nego che speravo fosse Riccardo alle prese con la colazione, ma non fu così: Edoardo era davanti a me, seduto ad un tavolo di legno ben apparecchiato, si vedeva che si era appena svegliato, soprattutto dai capelli scompigliati e dallo sbadiglio pronto sulle labbra. "Buongiorno" tossii per farmi notare, e lui subito si voltò a guardarmi, con la bocca piena di waffles. "Ei" rispose impacciato cercando di ingoiare il boccone "waffles?" Chiese porgendomi il piatto che afferrai senza esitare per poi sedermi davanti a lui. Mi guardai attorno mentre mangiavo i miei waffles e una domanda mi sorse spontanea "Rick?" Chiesi immediatamente, e come sempre senza pensare. Ormai sembrava diventato un vizio parlare senza pensare e la maggior parte delle volte aveva pessime conseguenza. Cercai comunque di rimanere indifferente dopo questa domanda affrettata, ma Edoardo sembrava essersi accorto della mia agitazione. "Ti importa molto?" Chiese ridacchiando, ingoiando il suo ultimo boccone e alzandosi per posare il piatto nel lavandino. Il suo occhio era sempre puntato sul mio corpo, palesemente teso. "No, veramente era solo una domanda" risposi mentre continuavo a gustarmi i miei waffles.

"Ha detto che andava a prendersi una boccata d'aria" disse indifferente mentre alzava le spalle. Era stranamente freddo, probabilmente perché non mi conosceva o non si fidava. Mi alzai anche io, posando il mio piatto nel lavandino e appoggiandomi successivamente al tavolo. Mi guardai un po' intorno, non sapendo che fare, insomma: ero in una casa sconosciuta con una persona sconosciuta. Forse sarebbe stato meglio andare a fare un giro per Milano. Così mi alzai e tornai in camera senza dire nulla. Entrai nella stanza azzurra, e mi diressi verso il bagno. Appena entrai corsi allo specchio, mi sciacquai la faccia appoggiando le mani sul lavello e mi osservai. Cosa ci trovava la gente in me? Insomma i miei capelli rossi erano quasi sbiaditi e i miei occhi erano troppo a mandorla per i miei gusti. Ero strana, spesso non mi piaceva socializzare, sembro solare, ma sono sempre triste. Mi faccio sempre dei problemi, e non riesco mai a trovare la loro soluzione, neanche se c'è l'ho scritta davanti. Presi un respiro profondo e sorrisi: doveva iniziare bene la giornata, non dovevo più farmi problemi con Riccardo o con qualsiasi altra persona. Dovevo essere veramente felice. Entrai in doccia e mi sciacquai velocemente per poi rivestirmi e prendere il necessario per uscire. Aprii la porta di casa Brinnò "Vado a fare un giro per Milano, in caso Rick te lo chiedesse" dissi mentre stavo per varcare l'uscii della porta, ma la voce di Edoardo mi fermò. "Voi due siete incredibili, veramente. Non riuscite a fare nulla se non siete insieme. Prima eri così spaesata. Cavolo siete proprio innamorati" queste parole le uscirono velocemente, quasi come se fosse certo di quello che diceva, ma non capiva: amare é una parola troppo grossa per classificare ciò che c'è (o ci sará) tra di noi. "Riccardo é incapace di amare" dissi semplicemente, tralasciando tutti i pensieri che si erano formati nella mia mente. "Questo implica il tuo amore verso di lui. Magari, sei tu che lo stai rendendo capace." Senza aspettare un altro istante, mi chiusi la porta alle spalle salutandolo velocemente e correndo giú per le scale. Mi fermai sui gradini, all'aria aperta, per respirare a polmoni pieni. Mi presi la testa fra le mani, e cercai di pensare velocemente trovando una soluzione. Ma nessuna delle risposte mi convinceva abbastanza. Mi alzi in piedi, e iniziai a camminare senza una meta precisa. L'unica cosa che riuscivo a concludere, era che ogni persona che ci vedeva insieme pensava sempre la stessa cosa: siete fatti per stare insieme. Ma non ci vedevano veramente. Non ci vedevano quando urlavamo, litigavamo e per cosa? Alla fine tutto si risolveva velocemente, con un suo "ei scusa" oppure un abbraccio o un bacio rubato a tradimento. E poi c'erano quei momenti imbarazzanti, quelli di silenzio. Quelli dove ci avvicinavamo troppo per i miei gusti. Mi guardai intorno, notando che mi ero andata a cacciare in un parco giochi. Da dietro un albero, una figura catturò la mia attenzione: aera seduta da sola su una panchina, con una bandana blu che gli raccoglieva i capelli scuri. Feci per avvicinarmi, ma quando mi spostai, notai che non era solo come pensavo. Con lui c'era Sara.

Attaccai la schiena all'albero, sentendo nel silenzio il loro discorso. "Che mi dici di quella ragazza invece, quella Abigail" la voce stridula della ragazza perfetta, mi arrivò sin alle orecchie, come se avesse avvertito la mia presenza. "È sempre in mezzo, non si fa mai gli affari suoi, parla troppo, è sempre positiva e solare come se tutto il mondo le sorridesse. È ora che si dia una svegliata perchè beh, c'è una nuova notizia: il mondo fa schifo." Non percepii nulla dopo quelle parole. Una lacrima salata e cristallina scese sulla mia guancia. Le mie gambe iniziarono a muoversi da sole, come se sapessero già dove andare o cosa fare. Percepivo il vento in faccia, ma non sapevo dove stavo andando, dato che le lacrime appannavano la vista. E quando mi fermai, asciugai gli occhi, mi guardai intorno, ed entrai nel portone della casa di Edoardo. Salii in fretta le scale, ora la delusione e la tristezza si fecero da parte per un sentimento che conoscevo alquanto bene, da quando avevo iniziato questo viaggio con Rick: la rabbia. Suonai ripetutamente al campanello, come se non potessi aspettare un minuto di più, e subito la porta di legno si aprii, rivelando la faccia confusa e scocciata di Edoardo. Entraii facendomi spazio e recuperai le ultime cose che mi apartenevano tornando poi in salotto, dove Edo era rimasto pietrificato sulla porta. "Dì a quel coglione, che voglio risparmiarlo dalla mia insulsa positività, e dalla mia parlantina. Quindi vado a prendermi un treno." Uscii di casa, per poi voltarmi di nuovo indietro, con le lacrime che sgorgavano come acqua "Grazie per l'ospitalità" e detto questo scesi di nuovo gli scalini, per ritrovarmi un'altra volta in strada.

Dopo aver chiesto a diverse persone, ero riuscita ad arrivare alla stazione. La coda per prendere il biglietto sembrava infinita, e io avevo una strana sensazione: sapevo che non sarebbe finita lì. Me lo sentivo. Come continuavo a sentire una vocina in lontananza che chiamava il mio nome, e si faceva sempre più vicina. Mi voltai di scatto, notando un ragazzo sudato che correva verso di me, con la bocca semi aperta, un anellino sul labbro e una bandana blu. "Ab ti prego non farlo"

Ammetto che ho fatto un po' di fatica a pubblicarlo, non lo sentivo mio, ma sapevo anche che qualcuno aveva bisogno di capire come continuava e così mi sono decisa. So che non è come gli altri, e che probabilmente non vi piacerà o non vi emozionerà abbastanza, ma va bene così. Mi farò perdonare con il capitolo dopo.
LukyGirl xx

Vagabonda a Parigi || Riccardo RidolfiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora