Capitolo 2

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*Come promesso continuo a 15 voti*


Entrammo nella sua stanza, che, a dir la verità, era davvero molto carina: c'era un letto e un piccolo divano blu che era esattamente posizionato davanti a una TV. A destra c'era una porta, che suppongo portasse al bagno, mentre a sinistra c'era un'altra stanza, che credo sia la cucina.

Posai la mia chitarra di fianco alla porta insieme alla valigia, da cui presi il pigiama che non usavo da anni e lo appoggiai sul divano. Riccardo entrò in cucina, e poi tornò con due fette di pizza e due birre, sedendosi di fianco a me sul divano.

Mi porse la pizza e la birra che accettai tranquillamente ringraziandolo.

"Scusa... se sono stato freddo... o come dici tu" beh, le sue scuse erano originali per lo meno.

"Tranquillo, capita a tutti un momento di debolezza" risposi sempre sorridente morsicando un pezzo della mia pizza.

"Come fai?" Chiese dopo minuti di silenzio a guardare la TV, voltandosi verso di me. Mi girai anche io è sprofondai nei suoi occhi marroni, non avevo ancora notato la bellezza di quel ragazzo.

"A fare cosa?" Sussurrai piano per non farmi sentire.

"A fare così, ti conosco da qualche ora e non hai mai smesso di sorridere. Quando ti ho visto lì a suonare la chitarra, sembravi la persona più felice del mondo" era confuso, aggrottava le sopracciglia in un modo troppo tenero.

"Beh, sai se suono mi sento meglio, e poi le mie condizioni non saranno delle migliori, ma almeno ho una vita." sorrisi di nuovo e mi stesi sul divano a guardare il film.

"Dimmi un po' di te" chiese infine "come mai sei rinchiusa qui a Parigi?"

"Sai quando da piccoli si ha un sogno? Ecco questo è sempre stato il mio, suonare a Parigi. Certo, nella mia immaginazione non avevo mai pensato nella metro haha" dissi ridendo "Ma comunque cosa c'è di diverso? Sono a Parigi e suono la mia musica. dove non mi importa" scrollai le spalle e ripresi a guardare il film mentre Riccardo continuava a fissarmi.

"Mi piace... dico, la tua filosofia." sorrise e riprese a guardare il film pure lui.

"Tu? Come mai sei qui?" Chiesi

"Avevo bisogno di uno stacco, di amore. Amore che non è mai stato mio, avevo bisogno di vederlo dal vivo, di fare un'esperienza mia. E quale posto migliore di Parigi?" Le sue frasi mi incantarono, cosa voleva dire con 'una amore che non è mai stato suo'?

"Beh, pensavo che comunque dobbiamo fermarci da qualche parte a dormire per qualche giorno no? Potremmo passare per Torino, e poi Milano... se a te... va bene" Cercava di sicuro di cambiare discorso, aveva la voce spezzata e sembrava più impacciato di prima, non volevo fare pressione.

"Certo perché no... Sei tu che mi accompagni" Gli sorrisi e mi girai di nuovo a guardare la televisione. Le mie palpebre si stavano appesantendo e mi misi seduta di fianco a Riccardo per cercare di rimanere sveglia come lui. Ma non fu il risultato migliore, la mia testa mano a mano s'inclinava e senza volerlo la appoggiai sulla sua spalla. Avrei voluto toglierla, ma la situazione sarebbe stata troppo imbarazzante, perciò decisi di far finta di dormire.

Sentii la testa di Riccardo girarsi verso la mia, poi il nulla, mi sembrava di fluttuare, eppure sentivo qualcosa che mi teneva in piedi, o meglio, in braccio.

"Speriamo che tutte le volte non sia così" sbuffó sottovoce.

Riccardo mi aveva sollevata, per poi appoggiarmi su qualcosa di altrettanto morbido, il letto. Sentii una pressione dall'altra parte del letto.

E poi "Buona notte Ab" furono le ultime cose che sentii.

"Piccola mia" Una donna sulla quarantina cercava di avvicinarsi a me, era bellissima: aveva i capelli neri e ondulati e un sorriso stupendo. La persona più solare che avessi mai visto. Era distesa, su un telo bianco in un prato verde, vicino ad un uomo che dormiva.

La sua faccia era bellissima come quella della moglie, sembrava perfetto insieme a lei.

"Abi..." la voce della donna risultava strozzata, quasi come se non riuscisse a parlare perché qualcosa la bloccava, mi avvicinai di scatto a lei con le lacrime agli occhi. Non so perché ma ci tenevo a quella donna. Appena fui più vicina il suo volto si trasformò: aveva la faccia bruciata, il sangue le colava dalla bocca e dagli occhi, la scena più orribile che avessi mai visto.

Mi allontanai di scatto urlando, e ad un tratto il bellissimo prato si trasformò nell'asfalto, e il telo bianco, in un sacco per l'obitorio.

Due mani mi avevano afferrato le spalle e mi svegliai urlando di soprassalto.

"Cristo Abigail stai bene?" Chiese una voce sottile e preoccupata, ma altrettanto roca che il sonno si stava mangiando. Mi voltai trovando Riccardo in boxer di fianco a me che mi guardava preoccupato.

"Credo di si... era solo un brutto sogno, tranquillo" accennai un sorriso toccandomi la testa con la mano e stendendomi di nuovo sul letto.

"Se hai voglia di dirmelo poi io sono qui"

"Grazie" dissi e continuai a dormire.

Non chiusi neanche gli occhi che mi risvegliai immediatamente. Mi guardai intorno confusa, notando che mi ritrovavo esattamente nella stanza in cui mi ero addormentata la sera prima, dopo quell'incubo fastidioso.

Mi alzai dal letto e andai verso la valigia, tirando fuori una cannottiera e un paio di pantaloncini. Sentii un rumore alle mie spalle e mi voltai di scatto: Riccardo dormiva beato sul letto, era così tenero quando dormiva che non capii le sue parole.

"Un amore che non mi appartiene"

Sembra che lui non prova nulla, ma io so che non è così, deve solo scoprirlo. Decisi di andare a prendere la colazione, e quando aprii la porta mi ritrovai davanti un penny. Non ci so andare, lo ammetto, ma mi affascina. Beh, gli sto andando a prendere la colazione, il minimo che può fare e permettermi di usare il suo penny.

Lo presi e uscii dall'albergo, dirigendomi senza meta verso il primo bar che trovavo sul mio cammino.

Erano passati diversi minuti, avevo la colazione in mano e tenevo il penny nell'altra dirigendomi verso la porta dell'albergo. Entrai piano con le chiavi che avevo preso dalla tasca della giacca di Riccardo. Feci attenzione a non svegliarlo e andai in cucina, sistemando per bene la colazione, per poi portarla sul tavolino che c'era sul balcone. Aveva una vista pazzesca su Parigi: il simbolo principale di esso torreggiava davanti all'hotel, con una vista mozzafiato.

Presi la chitarra, sedendomi su una delle sedie attorno al tavolo, iniziando a suonare qualcosa.

Dopo una decina di minuti sentii un rumore alle mie spalle, posai la chittarra di fianco a me e mi voltai. Riccardo si era svegliato, con lo sguardo confuso di prima mattina che mi squadrava da testa a piedi.

"Che cazzo hai fatto?" Chiese con la voce roca, per poi avviccinarsi velocemente a me.

Vagabonda a Parigi || Riccardo RidolfiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora