Capitolo 12

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Eravamo da poco in viaggio verso Milano, anche se io avrei preferito tagliare e andare direttamente verso Roma. Continuavo a pensare alle parole di Lorenzo sei così innamorata vero? Cioè amore è una parola grossa, con un significato profondo: amore è quando una persona riesce a farsi amare e a farti amare. Quando sei innamorato riescono a farti sentire bella, simpatica, quasi senza difetti. Io e Riccardo litighiamo e basta, non può essere amore. Lui è così bipolare, egoista, egocentrico e presuntuoso. Anche se devo ammettere che lo trovo estremamente dolce quando si vede, che dentro si sente quasi come se non appartenesse a questo mondo. Quando pensa, o quando si morde il labbro; quando mi abbraccia, o quando è ubriaco. Sorrido al pensiero di ogni volta che ci ritroviamo il mattino dopo abbracciati. "Sei ancora arrabbiata?" chiese come se sapesse già la risposta. "Non sono arrabbiata"risposi voltandomi verso di lui e sorridendogli, leggendo nei suoi occhi un barlume di speranza "Sono solo delusa" continuai, cercando di essere leggermente più seria, mentre quella strana luce nei suoi occhi si spegneva lentamente. Ci fu qualche minuto di silenzio, in cui io continuavo a guardare fuori dal finestrino e lui aveva gli occhi fissi sulla strada, quando li distolse, fu per dire qualcosa che non mi aspettai: "Vuoi sapere come ci siamo conosciuti io e Francesca?"non sapevo sinceramente perchè me lo stesse chiedendo, ma la curiosità mi lacerava dentro. Non esprimeva quasi mai quello che pensava, e ora che voleva farlo di sua spontanea volontà, non potevo tirarmi indietro, perciò mi limitai ad annuire. "Io e lei eravamo vicini di casa. Io ero quel solito ragazzo a cui non fregava nulla di lei, e lei era la solita ragazza che credeva nell'amore a prima vista, o robe del genere." rise mentre io lo guardavo sempre più interessata "scusa, mi ricorda quasi te." commentò, per poi continuare il suo racconto.

"L'unica vostra differenza è che lei era perdutamente innamorata di me. Ma io prima di conoscerla veramente, non sapevo neanche chi fosse: l'avevo notata qualche volta, quando passava sotto casa mia, e dal vialetto guardava dritto nella mia finestra e sospirava. Ma a parte quelle volte, non l'avrei vista neanche se mi fosse caduta addosso. Poi un giorno venne a casa mia con la sua famiglia, per cena. Io fui veramente stronzo quella sera: la presi in giro, e subito dopo non la guardai, non la ascoltai e non le parlai. Se ne andò via piangendo e capii di aver commesso un errore, non era da me, non ero fatto così. Quindi il mattino dopo mi presentai a casa sua con la colazione e andammo a scuola insieme. Anche se lei non lo crede, io notai come tutti ci guardarono quel giorno, ma a me non importava, lei era simpatica, e quando la vidi da più vicino, notai anche che era molto bella. Da quel giorno diventammo inseparabili, tutti i pomeriggi insieme, mi divertivo veramente con lei. Ma quando se ne uscii con quella frase, quel giorno, scappai. "Sono innamorata di te Rick" così, di punto in bianco, in uno dei momenti più silenziosi dei nostri pomeriggi. Mi alzai dalla sedia senza dire una parola e me ne andai. Le spezzai il cuore, ma non potevo, non potevo illuderla così, lei era come una sorella per me. Poi non la vidi più a scuola, i suoi genitori mi chiedevano perchè non mangiasse più, che fine avevo fatto, e io di certo non potevo dirgli che ero scappato perchè la figlia era innamorata di me, no. Non dovevo. Ma le volevo così bene. Un giorno i suoi genitori mi dissero che era chiusa in stanza da tre giorni di seguito, così andai da lei, e la baciai." sospirò, come se quello fosse stato l'errore più grande della sua vita. E a parer mio lo era. Aveva fatto così tanti errori in questa storia, che quasi non lo riconoscevo. Ma l'errore più grande di tutti, fu quello che non voleva commettere: illuderla. "Quindi, tu non eri innamorato di lei?" chiesi arrivando da sola alla conclusione, dato che lui non l'aveva esplicitamente affermato. Negò con la testa "No, credo anche che lei lo sappia, ma è troppo innamorata per lasciarmi andare ora che mi ha, se così possiamo dire." sospirò di nuovo, continuando a guardare dritto la strada, come se quella fosse la sequenza dei suoi ricordi, quelli che stava vivendo in quel momento. "E io sono troppo vigliacco da dirle la verità" sussurrò in fine. Decisi di evitare altre domande, per non ferirlo ancora di più. Mi misi a guardare di nuovo fuori dal finestrino, continuando a pensare alla storia appena raccontata. Ma lui non sembrava aver finito di esprimersi "Sei la prima persona a cui dico al verità sai? Neanche i miei amici la sanno, ma solo perchè sono troppo vigliacco pure per dirlo a loro" disse di colpo, mentre io mi voltai stupefatta "E come mai a me si e a loro no?"chiesi quasi ridendo, era una cosa stranissima da dire: ai suoi amici, quelli che conosce da una vita, non dice una cosa così importante e a me si. "Tu... non lo so" sospirò di nuovo, negando con la testa. Posò di nuovo gli occhi sulla strada, stringendoli in una direzione a me sconosciuta. Guardai nello stesso punto in cui stava osservando lui, notando una figura slanciata di una ragazza, con una mano sporgente sulla strada. Guardai Riccardo, che si voltò contemporaneamente verso di me.

"Le diamo un passaggio?" chiese, mentre nella mia mente formulavo l'idea di avere un'altra ragazza in macchina per chissà quanto tempo. No, non poteva essere, ero estremamente gelosa. Non volevo quella ragazza in macchina con noi, avevo un brutto presentimento. "Non penso sia una buona idea, chissà che tipo è, magari" non feci in tempo a finire la frase che lui mi interruppe bruscamente "Beh, anche tu potevi essere una strana ragazza, eppure io ti ho dato comunque un passaggio." disse duramente, mentre io abbassavo lo sguardo "E comunque la macchina è la mia, non avrei neanche dovuto chiederti un parere". E così ci avvicinammo alla figura della ragazza, così vicino da poter notare la sua bellezza: era alta e slanciata, abbastanza in forma, con una canottiera e dei pantaloncini che le mettevano in risalto parti che io avrei tenuto nascoste, ma avendo il suo fisico. Aveva dei lungi capelli marroni scuro, mossi al punto giusto, come se fosse appena andata dal parrucchiere, e due occhi di un azzurro chiarissimo. Alla sua destra si trovava una borsa verde, mentre in spalle teneva uno zainetto in stile americano. Appena parcheggiammo al suo fianco, poggiò le lunghe mani sul finestrino abbassato dalla mia parte, sorridendo e mostrando i denti incredibilmente bianchi."Dove devi andare?" le chiese con voce roca Riccardo, notando gli occhi di lei illuminarsi alla sua vista, mentre nella mia pancia cresceva una strana sensazione di sentire il suo sangue sulle mie nocche. "A Milano" rispose lei, con voce altrettanto attraente, mentre si mordeva il perfetto labbro inferiore. "Possiamo darti un passaggio se vuoi, andiamo giusto lì. Posa le borse dietro." la informò Rick, mentre lei apriva la porta del sedile posteriore e ci poggiava delicatamente le borse. Chiuse la portiera e si avvicinò di nuovo al finestrino "Posso chiedervi se posso gentilmente stare davanti? Soffro di stomaco" disse accompagnando il tutto da una smorfia. Mi aspettavo una risposta dura da Riccardo, come faceva di solito, ma la sua risposta non mi entusiasmò.

"Certo, Ab vai dietro" disse guardandomi, più come un ordine che come una domanda, mi alzai sbattendo la porta e mi sedetti dietro. Mentre una limpida lacrima scendeva invisibile sulla mia guancia. E mi trovai di nuovo a sospirare guardando fuori dal finestrino.

So che era inaspettato questo aggiornamento, ma ho notato che a qualcuno di voi piace veramente la storia e oggi mi sentivo stranamente Babbo Natale. Tanto il capitolo era già preparato, tempo di correggerlo e l'avrei postato.
Spero vi sia piaciuto LukyGirl xx

Vagabonda a Parigi || Riccardo RidolfiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora