ᴠ - ɪ ᴡɪʟʟ sᴄʀᴇᴀᴍ ᴛʜᴇᴍ ʟᴏᴜᴅ ᴛᴏɴɪɢʜᴛ

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Mi risveglio il sabato mattina con le prime luci del sole, dopo aver cercato di riposarmi invano un'altra, tra le coperte sfatte, anche oggi il mio orologio biologico non mi dà tregua. Mi ripete che non posso dormire, non quando i miei occhi si risvegliano da quel torpore.

Allungo le braccia verso l'alto, per stiracchiarmi tra le coperte sfatte, quando il rumore della porta che si apre attira la mia attenzione.

Osservo Kageyama soffermarsi sulla porta, a piedi nudi, una maglietta nera e dei semplici pantaloncini, il pigiama che indossa ogni sera, sopra la felpa. I capelli neri sono scomposti, più del solito, gli occhi blu ancora semichiusi dal sonno. Vedo le sue gambe tremare, capisco di essermi dimenticato di accendere i caloriferi solo in quell'istante. Siamo a fine anno, ancora non prendo a pieno ogni responsabilità, tra cui il fatto che Kageyama vive con me.

«È tutto okay?»

«Posso dormire con te?»

Mando giù il boccone amaro, poi annuisco. Alzo piano le lenzuola, Kageyama ci si infila dentro in silenzio, mi spinge verso di sé e mi abbraccia, come se fossi il suo orsacchiotto.

Non è la prima volta che succede, anche a Natale, dopo la festa al distretto, è diventato silenzioso. Abbiamo dormito insieme, forse a causa dell'alcool, abbracciati, io premuto contro il suo respiro, con ancora il sapore del gin nella bocca.

Kageyama non è andato via, eppure percepisco sempre la paura sottopelle. E se lo facesse? Se io non fossi abbastanza per rendere valido il motivo per cui lavora per il Karasuno?

«È stata tua madre ad uccidere mio padre.» Mormora Kageyama, le sue dita scorrono piano sulla mia schiena, la faccia è premuta contro il cuscino accanto al mio, quando mi guarda fisso negli occhi. «Lui voleva che lei lasciasse il Karasuno, lei voleva che lui lasciasse me.»

«Kageyama non -»

«Non sto dando la colpa a tua madre, mio padre era una testa di cazzo che amava infilarsi nelle gambe delle donne.» Borbotta piano, un sorriso amaro sulle labbra. «Quando mio padre ha tradito tuo madre, lei lo ha ucciso e io sono stato lasciato ad Ukai. Sai quanti anni avevo? Ne avevo appena compiuti dieci.»

Per un momento rimango in silenzio, ma d'istinto a mia volta incomincio ad accarezzarlo. Bacio la punta del suo naso, appoggio il mento sopra alla tua testa.

Non mi piacciono le coccole, neanche post sesso, Kageyama mi fa venire voglia di provare quelle carezze dolci che mi regalava Kenma quando eravamo ragazzini.

«Hinata?»

«Mmh?»

«Dobbiamo andare per forza alla festa di fine anno?»

«Non sei obbligato a venire, non sei il mio host.»

Kageyama accenna un sorriso, un luccichio cattura la mia attenzione. Lo riconosco, è identico a quello di Oikawa e Asahi, non c'è dubbio.

«Quando ti ha portato Oikawa a farlo?»

«Una settimana fa.»

Un altro pezzo del puzzle combacia. Kageyama ha cucinato ogni sera, la maggior parte dei pasti non comportava una masticazione particolare. Zuppa, ramen, ravioli di gamberi.

Mi sono reso conto che mi piace vederlo cucinare, che sia per me o Bokuto, non fa differenza.

«Hinata?» Ripete ancora, con voce impastata. «Stai bene?»

I ricordi della notte con Oikawa mi ritornano in mente. So cosa prova Nishinoya ogni volta che va a letto con Asahi, so che sapore perfetto e delizioso possiede la pallina che è sulla sua lingua, per colpa di Oikawa.

 ☽ 𝗶 𝗰𝗼𝗿𝘃𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗮𝗻𝗻𝗼 𝘃𝗼𝗹𝗮𝗿𝗲 ᵏᵃᵍᵉʰᶦⁿᵃDove le storie prendono vita. Scoprilo ora