6.

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Heidi.

Ho sempre sognato di avere una serra, fin da quando ero bambina. A sei anni, mia madre mi aiutò a piantare un piccolo cespuglio di violette, in un vaso sul davanzale della mia finestra. E da quel momento ho sempre adorato i fiori.
Soprattutto le orchidee, le peonie… e le rose.
«Wow», ripeto, vagamente intontita dall’odore fortissimo di rosa che pervade l’aria.
Zayn ridacchia, continuando a tenermi la mano. E sì, se voleva sorprendermi c’è riuscito. Alla grande. Non ci vedo, e l’ha capito, portandomi in un posto in cui non mi serve vedere. Una serra, in cui mi basta usare l’olfatto per orientarmi.
Quel ragazzo, che conosco appena, ha capito.
Incredula, mi volto verso di lui per abbracciarlo, lasciando che mi sollevi leggermente da terra, nonostante mi scombussoli l’orientamento. Non mi interessa. È stato talmente dolce che sinceramente del resto non me ne potrebbe fregare di meno. Lo sento sorridere, mentre mi accarezza la schiena, e non posso far altro se non sorridere anch’io.
«Piccola, così mi stritoli», mi fa notare Zayn facendomi ridere. «Vieni, c’è una panchina una decina di metri più in là». Sorrido, mentre mi mette giù, e cerco di ritrovare l’equilibrio, già precario di per sé. Provo a fare un paio di passi, senza lasciargli la mano, ma quasi non mi ritrovo con la faccia sul pavimento.
Lui ride, ma poi mi sorprende. Ancora.
Si mette dietro di me e mi mette le mani sui fianchi, facendomi arrossire. Come al solito, niente di nuovo. «Inizia a camminare, ti guido io», mi dice in un orecchio. Sento il suo respiro caldo poco sopra di esso, e rabbrividisco. Non dal freddo, però.
Il che forse non mi era mai successo, mai.
Abbasso le palpebre, anche se non serve. E inizio a camminare, con Zayn subito dietro, le mani ancora sui miei fianchi. Mi fido, nel modo più assoluto. So per certo che non ha intenzione di farmi cadere, è come se lo sentissi in un certo senso. Continuo a camminare, finché non stringe leggermente la presa, segno che devo fermarmi.
«Posso fare una cosa?», gli chiedo dopo un po’, una volta abituatami all’odore di rosa. Lui smette di tracciare linee immaginarie sul mio polso, curioso. Mi viene da sorridere. quel contatto mi piaceva, parecchio.
«Devo avere paura, Heidi?», mi chiede di rimando, rompendo il silenzio della serra.
Rido, scuotendo leggermente la testa, e mi alzo in piedi, costringendo anche lui ad alzarsi. È curioso di sapere come faccia senza vedere? Beh, gli altri quattro sensi funzionano. Ed è ora di fargli vedere come. «Rilassati, voglio solo vederti… a modo mio», mormoro avvicinandomi e portando le mani sul suo viso. «Chiudi gli occhi», aggiungo con un mezzo sorriso.
«Sì, devo avere paura…», lo sento mormorare, prima che obbedisca.
Alzo gli occhi al cielo. Ma lo ignoro completamente. Sono troppo concentrata sul suo viso per poter pensare ad altro. Parto dalla fronte, sfiorandone ogni centimetro, per poi salire verso i capelli. Sono morbidi, tanto. E tirati verso l’alto in un ciuffo, ma rasati sui lati. Sorrido, e «E’ ora di andare dal parrucchiere», mormoro, facendolo ridere.
Scendo verso le sopracciglia, sulle palpebre e le ciglia. Ha le ciglia lunghissime, quasi gliele invidio, e mi fa sorridere, perché le sbatte velocemente, facendomi il solletico ai polpastrelli. Scendo ancora sugli zigomi e lungo la linea della mascella. La sua pelle è incredibile. Liscia e morbida, quasi quanto quella di una ragazza.
Scendo ancora, e incontro una barriera al liscio di poco prima.
La barba. Che io adoro, letteralmente. È della lunghezza giusta, qualche millimetro.
Continuo a sfiorargli il viso, lungo le guance, la linea della mandibola, il naso… e alle labbra mi fermo, sentendolo sorridere. Soprattutto perché sono sicura di essere arrossita. Sono in imbarazzo, totalmente.
Perché? Semplice. Le sue labbra. Mi mettono in imbarazzo.
Perché mi viene da pensare a come potrebbe usarle, quelle labbra. E non per parlare. Mi viene da pensare di poterle sentire sulle mie, muoversi in sincrono. Mi viene da sentirle sul collo, sulla spalla. Ovunque. E cerco di immaginare la sensazione che mi darebbero le sue labbra… ma non ci riesco. Non riesco, perché non ho un primo bacio a cui poter paragonare la morbidezza delle sue labbra sotto le dita.
Non ci riesco.
Ma riesco a immaginare come sarebbe un primo bacio dato da quelle labbra. E inevitabilmente arrossisco. E per fortuna che ha gli occhi chiusi, o si sarebbe già messo a ridere. Distratta, mi scappa un sospiro, che lo fa sorridere. Lo sento, dato che ho ancora il polpastrello posato sul suo labbro inferiore…
Mi ritraggo all’istante, ma lui mi tiene stretta per i fianchi.
«Tranquilla, non mordo», mormora avvicinandosi sensibilmente. Tiene le mani alla base della mia schiena, in modo che io sia costretta ad avvicinarmi, tenendo le mani sul suo petto. E arrossisco, ancora. Lo sento ridacchiare, allora gli do uno schiaffo sulla spalla, in modo che mi lasci andare. Ma niente da fare. Continua ad abbracciarmi. «Ti da fastidio?», mi sussurra in un orecchio, facendomi rabbrividire.
Sbuffo, anche se dentro di me sto sorridendo.
E «Sì, mi da fastidio», mento, cercando di essere convincente. Mi da fastidio? Ma che diamine mi passa per la testa? Deve avere dei problemi, seri. A chi darebbe fastidio che emana tanto calore corporeo da sembrare una stufa?
A nessuno. Nessuno sano di mente, almeno.
Ma è chiaro che Zayn non sa leggere nel pensiero, quando si allontana da me. Appena, mezzo passo. Sono ancora immersa nel suo odore, che mischiato al fortissimo odore di rosa diventa anche più buono se possibile, più incredibile di quanto non sia già. E ha ancora le mani posate sui miei fianchi, e non accenna minimamente a volerle spostare.
«A cosa pensi?». Torno in me all’istante, non volendo perdere nemmeno per un istante la sensazione delle sue dita che mi sfiorano la guancia. E scuoto leggermente la testa, sorridendo. Non posso dirgli che penso dia bellissimo, mi prendere per pazza. «Pagherei oro per entrare nella tua testa in questo momento…», mi sussurra schioccandomi un bacio sulla punta del naso.
«A quanto tu sia gentile con me». Okay, Heidi. Quasi. Mezza verità.
«Sai, non mi pento di esserti venuto addosso quella mattina», lo sento dire, il respiro praticamente sul mio viso. E la cosa strana è che non voglio che si fermi, ma vorrei anche conoscerlo meglio… diciamo che baciare uno sconosciuto non è mai stato tra le mie priorità.
«Perché?», riesco a chiedere dopo un po’. Mi manca l’aria, letteralmente.

Blind love. [Zayn Malik]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora