Zayn.
Se penso che Nathan era il mio migliore amico, rabbrividisco. Anzi, no. Quasi mi viene da vomitare. Come ho potuto essere il suo migliore amico? come ho potuto fidarmi di lui a tal punto da fargli conoscere mia sorella? Come ho potuto lasciare che la usasse?
Mi fa schifo. Mi faccio schifo io, più di tutto.
Lo guardo negli occhi, quegli occhi color ghiaccio di cui Doniya era profondamente innamorata. Lo guardo negli occhi, cercando di capire se sia cambiato o se sia lo stronzo tossico di sempre. Ha il solito sguardo malizioso che a mia sorella piaceva tanto, e le pupille dilatate a dismisura.
Vera la seconda. Stronzo e tossico.
Non è cambiato di una virgola, c'era da aspettarselo.
«Sei fatto», gli fa notare Harry, addirittura prima che io riesca a formulare un pensiero di senso compiuto. E non ho idea di come, ma riesco a trattenermi dal prenderlo a pugni. Scoppia a ridere, e di riflesso sento i miei pugni stringersi fino a far sbiancare le nocche.
«Ma no, io e la biondina ci stavamo solo divertendo un po'...», dice con voce roca una volta placate le risate. La biondina. Perrie, che compare mezza nuda dietro di lui, con gli occhi sgranati e lucidi dal pianto, e il labbro che le trema leggermente. «Vero, piccola Perrie?», aggiunge strattonandola verso di sé.
La vedo annuire velocemente, ma non lo guarda.
I suoi occhi celesti stanno cercando i miei, in una muta richiesta di aiuto. È terrorizzata, glielo leggo negli occhi. Le ha sicuramente fatto qualcosa. E Perrie vuole scappare, come mai prima d'ora.
«E' una persona, non il tuo giocattolo», sbotto, visibilmente incazzato.
Ma a Nathan non potrebbe fregarne di meno, continua a ridere. Tranne quando mi viene da sorridere, e tendo istintivamente la mano verso Perrie. Allora Nathan sgrana gli occhi, spostando lo sguardo da me a lei, interdetto. Però non dice una parola, nemmeno quando la sua adorata marionetta mette la mano nella mia, scrollandoselo di dosso.
«Vieni in macchina», le dice Harry, sorpreso almeno quanto me che Nathan non abbia mosso un muscolo, se escludiamo la mascella contratta. È strano, in effetti. Non è da lui lasciar andare le sue vittime in questo modo.
«Dove pensi di andare, troietta?», le urla Nate, risvegliandosi finalmente dal suo stato di trance. Ma Perrie è già lontana, stretta ad Harry, che la fa salire in auto, per poi salire con lei a continuare a tenerla stretta.
E così, intento a guardare il mio migliore amico e la mia ex abbracciati, non mi accorgo del pugno diretto contro il mio zigomo se non quando sento il dolore stordirmi, segno che il suo destro è arrivato a destinazione. Sento Perrie gridare, e per poco non cado a terra, quando un secondo pugno mi colpisce dritto sullo stomaco.
Cerco di prendere fiato, piegato in due, e finalmente riesco a reagire, tirandogli un pugno sullo zigomo, che lo fa traballare. «Per mia sorella, stronzo», sputo con rabbia, passandomi poi il dorso della mano sulla guancia e scoprendola sporca di sangue. «Per averla usata». Altro pugno, nello stomaco, che lo fa piegare in due. «E per averla uccisa», mormoro preparandomi a sferrargli un calcio nelle parti basse, ma Harry mi tira indietro per la spalla, cercando di fermarmi.
«Zayn, lascia perdere... ti farai ammazzare», mi dice usando le stesse parole di Charlie, mentre nel frattempo Nathan si sta alzando, ridacchiando divertito. Ho titubato, e in più Harry mi sta fermando dal massacrarlo di botte. «Lascia stare», ripete il riccio spingendomi verso l'auto.
Nathan ride di gusto. In parte per l'anfetamina.
Ma in parte ride di me.
«Prova a toccare di nuovo Charlie, o Perrie, e ti rovino quel bel faccino, Grey», gli dico, lasciando mio malgrado che Harry mi allontani da lui. Gli spaccherei la faccia, ma le prenderei. Le ha prese solo una volta a causa mia. Ma è stato dopo la morte di Doniya. Le ha prese senza fiatare. Senza difendersi.
Questa volta mi farebbe a pezzi, come quando facevamo il liceo. E non voglio che Heidi mi veda in quello stato. Anche se, tecnicamente, lei non mi può vedere. Tecnicamente. Ma capirebbe comunque che mi hanno pestato, sentirebbe l'odore del sangue, e si preoccuperebbe.
Poi si darebbe la colpa per non potermi aiutare perché non ci vede.
La conosco, anche se da poco tempo.
«Le tue donne, Malik... ma un uccellino mi ha detto che ce n'è una terza». Mi irrigidisco all'istante, ad un paio di passi dall'auto. E Harry si blocca con me, stringendo la presa sulla mia spalla. «Allora? Non stavi scappando?». Sbuffo violentemente, cercando di trattenermi dal fare una delle mie solite cazzate.
Io non sono più così. Non bevo, e non mi faccio quasi più. Non faccio a botte per divertimento, contro i più deboli. E di sicuro non spaccio. Io non sono come lui. Lo sono stato, è vero. Ma non lo sono più.
Io sono migliore di lui. Io ho Heidi.
«Com'è che si chiama? Ivy? Heidi?».
«Non devi nemmeno azzardarti a nominarla», gli ringhio contro, voltandomi di scatto. Colpito e affondato, Malik, complimenti. Mi passo una mano tra i capelli, calmando il respiro, mentre Nathan scoppia a ridere per l'ennesima volta. È consapevole di aver appena trovato il mio punto debole, e più che soddisfatto.
«Se no? Mi fai fare la fine di tua sorella?».
Apro la bocca, come se volessi ribattere, ma non ci riesco. Non riesco nemmeno a formulare un pensiero concreto. Ha toccato il tasto dolente per eccellenza, dato che lui è l'unico a sapere davvero come è morta Doniya. L'unico che sappia come è andato l'incidente. E nessuno è mai riuscito a farlo parlare.
Stringo i denti e salgo in macchina. «Zayn...». La voce di Harry mi arriva alle orecchie come attutita dalla distanza, anche se siamo vicinissimi. Ma non voglio parlare di mia sorella. Non penso di averne la forza. «Sei ferito, lascia che guidi io».
Annuisco a stento, passando in silenzio dal lato del passeggero e posando la testa contro il finestrino, cullato dal respiro leggero di Perrie dai sedili posteriori. Chiudo gli occhi, mentre il mio migliore amico mette in moto, nel più completo silenzio.
Ferito, ma non solo esteriormente.
Sto male dentro. Ho come un buco nero al posto del cuore, che mi corrode.
Incolmabile.
«Mi dispiace di avergli detto di Heidi, Zay», mi dice Perrie in un soffio, che riesco a percepire solo perché ho gli occhi chiusi e sono concentrato sui suoni, e non sulla vista come succede di solito. Sorrido appena. Ecco come fa Heidi. Ma non è il momento di stimarmi per una cosa del genere. «Mi dispiace», ripete. E quando la sento singhiozzare per poco non mi sento male.
«Non è colpa tua, Pez».
Mi ignora. Completamente. «Lui mi ha costretta a spiarti... non volevo dirglielo, ma mi ha...». Mi volto di scatto, posandole due dita sulle labbra e scuotendo la testa. Non voglio che si senta costretta a dirmi cosa ha dovuto subire. Ma da come ha la tentazione di ritrarsi dal mio tocco, penso di aver capito.
«Non ti farà più del male, te lo prometto», le sussurro prendendole una mano e stringendola appena, mentre con la mano libera le asciugo le lacrime dalle guance, il più delicatamente possibile. «Puoi stare a casa mia, o da Charlotte», aggiungo con un mezzo sorriso, che per mia fortuna riesce a ricambiare.
«Come faccio adesso?», mi chiede mentre Harry parcheggia, a qualche metro da casa di Charlotte. Inarco un sopracciglio, ma dopo un attimo mi rendo conto. Non fa altro che spostare lo sguardo dal proprio corpo seminudo alla porta di casa.
È nuda. E non solo fisicamente. Si sente come se chiunque potesse leggerle dentro.
«Ti porto in braccio io, piccola», mi viene spontaneo dirle, un mezzo sorriso ad incresparmi le labbra. La vedo arrossire appena, ma dopo qualche secondo annuisce, anche se leggermente titubante. Harry nel frattempo ha spento il motore ed è sceso dall'auto, sorridendo appena. Bah, non lo capisco, ma non fa niente. Mi importa solo di Perrie, in questo momento.
Scendo anch'io, aprendole la portiera e aprendo semplicemente le braccia.
Non voglio che pensi che la sto tirando fuori dall'auto con la forza. Nathan l'ha toccata. E io non voglio che sentendo le mie mani su di sé si ricordi del dolore. Non voglio che stia male, perché l'ho amata. E le voglio ancora un bene assurdo, nonostante abbia sofferto a sapere che mi tradiva.
«Lei è fortunata ad avere te», mi dice una volta stretta tra le mia braccia. Mi blocco qualche istante, ma poi mi viene da sorridere. Mi aspettavo tanta gelosia da distruggere mezzo pianeta, e invece niente. Si limita a nascondere il viso nell'incavo del mio collo, sospirando. Ma mi ha perso ormai, come ragazzo. Posso solo cercare di esserle amico.
Di certo non posso tornare con lei solo perché ne ha bisogno.
«Mi dispiace che sia andata così».
Harry ha appena suonato il campanello, quando sento le labbra di Perrie lasciarmi un bacio leggerissimo sulla guancia e sussurrarmi un "grazie" che in questo momento significa più di qualsiasi altra cosa al mondo. La lascio scendere dalla mia presa, depositandole poi un bacio sui capelli biondi.
Ed è un attimo, prima che Charlotte apra la porta, a bocca aperta e con le lacrime agli occhi. Un attimo, prima che si accorga della sua migliore amica e la tiri a sé, scoppiando a piangere. Un attimo, e vedo anche Perrie scoppiare in lacrime.
«Vai da Heidi», mi dice Charlie posandomi una mano smaltata di rosso sull'avambraccio, ma continuando a tenere strettissima Perrie, quasi fino a farle male. E non posso far altro se non annuire, quando il sorriso della mia migliore amica mi perfora il cervello, facendomi ridacchiare di rimando.
Quel sorriso vale più di uno dei suoi lunghissimi discorsi apparentemente senza senso.
Quel sorriso vuol dire che ha intenzione di abbracciare Perrie e Harry fino a sentirsi male. Vuol dire che ha parlato con Heidi. Vuol dire che la mia ragazza l'ha presa bene, tutto sommato. Vuol dire un'infinità di cose, solo con uno sguardo e un sorriso.
Così la lascio lì, accorgendomi appena della pacca di Harry sulla spalla, seguita da una risatina, che però ignoro. Sta andando tutto alla grande, o quasi. Tutto si sta risolvendo, con Perrie libera dalle grinfie di Nathan. Ora non mi resta che scoprire la reazione di Heidi a tutto questo.
Dalle sue labbra, e non da un sorriso allusivo di Charlotte.***
Heidi.
Non riesco a smettere di pensare alle parole di Charlotte, a quello che mi ha detto sul passato di Zayn. Mi fido di lui, e il fatto che spacciasse per noia, o perché la madre aveva perso il lavoro è... esemplare.
Non fa di lui una brutta persona. O un cattivo ragazzo.
Era così, e posso accettarlo. Solo, non capisco perché non mi abbia detto tutto lui. No, proprio non ci arrivo. Che se ne vergogni? Che non riesca a parlarne? È tutto possibile, in effetti.
Ma all'improvviso sono costretta a riscuotermi dai miei pensieri, sentendo il suo odore arrivarmi prepotentemente alle narici, misto all'odore di sangue ormai secco, e seguito dal rumore leggero dei suoi passi sul parquet del salotto di Charlotte.
Mi tremano le mani, e tal punto che quasi non mi cade la tazza, ormai mezza vuota. Ma le sue mani sono immediatamente sulle mie, e in un istante torno a respirare. «Sanguini». È tutto quello che riesco a dire. In un soffio, e storcendo il naso.
Zayn mi toglie delicatamente la tazza dalle mani e incastra le sue dita con le mie. Piano, con calma. Tanto piano che percepisco distintamente una serie di brividi scivolarmi lungo la schiena. «Ti ho fatta preoccupare». E annuisco, anche se la sua non è una domanda, perché dire che sono stata in pensiero tutto il pomeriggio, è sminuire quello che ho provato.
Ansia. Angoscia. Preoccupazione. Paura.
«Almeno non ti sei fatto ammazzare», mormoro, quasi sperando che non mi abbia sentita. Ma lo sento irrigidirsi contro le mie dita. Ha sentito. Oh, bene. «Scusa», mormoriamo all'unisono. Allora ridacchio, scuotendo leggermente la testa, e facendo ridere anche lui.
«Scusa se me ne sono andato senza spiegarti niente, scusa se ho chiesto a Charlie di dirti tutto, scusa se non ho avuto la forza di baciarti prima di andare da Nathan... ma ero incazzato, e tu eri incazzata e...».
Mi trattengo a malapena dal ridere. È adorabile quando si scusa. Cambia tono di voce, come un bambino piccolo che si sente terribilmente in colpa. Gli poso due dita perfettamente sulle labbra, e lo sento ridacchiare, sorpreso.
«Ti ha fatto molto male?», gli chiedo, spostando le dita verso lo zigomo e sentendolo gonfio e ricoperto di sangue secco. Mugola qualcosa, contrariato, allora alzo gli occhi al cielo, prendendogli il viso tra le mani e posando delicatamente le labbra contro lo zigomo contuso. «Dovresti farti vedere...».
Per tutta risposta mi lascia un bacio a stampo e si allontana di corsa, facendomi rimanere a bocca aperta. Sbuffo, ma tempo mezzo minuto e sento Charlie sedersi al mio fianco, seguita da un altro peso sul divano, dall'altro lato.
Una ragazza. Con un forte odore di shampoo alla ciliegia e bagnoschiuma alla lavanda. Una mano che viene passata tra i capelli. Un respiro che viene trattenuto, e una mano che batte contro la coscia, che sento solo per via delle unghie lunghe.
Perrie, immagino.
«Devi essere Perrie», provo a indovinare, facendo ridacchiare Charlotte, mentre nel frattempo Harry e Zayn chiacchierano dalla cucina. Sento la ragazza al mio fianco borbottare qualcosa, evidentemente sorpresa, allora scoppio a ridere.
Ma non dice una parola. È come impietrita dalla mia capacità. Non che sia una gran cosa, certo. Ci vuole solo una gran concentrazione, tutto qui. Niente di che. Sembra cosa da tanto, ma senza uno dei cinque sensi è abbastanza normale che il corpo umano sviluppi gli altri.
Sento i passi di Zayn e Harry venire verso di noi, e di conseguenza mi volto, ancora prima che le altre due ragazze se ne accorgano. Sono consapevole di sembrare un aliena, la maggior parte del tempo. Devono farci l'abitudine.
«Prenditi cura di Zayn, mi raccomando», mi sussurra Perrie, riprendendosi dallo shock, mentre Harry e il mio ragazzo si avvicinano. Annuisco, con un mezzo sorriso, porgendole una mano, che mi stringe riconoscente.
«Non ci credo che andate d'accordo».
Rido, ma Charlie mi anticipa. «La tua ragazza va d'accordo con tutti», dice alzandosi dal divano e lasciandomi un bacio veloce su una guancia. Mi sento arrossire, e mi copro il viso con le mani, in imbarazzo. «Rimanete quanto volete, noi andiamo a fare una doccia, vero Pez?».
È l'ultima cosa che riesca a sentire con esattezza, prima del mal di testa.
Un dolore che parte con una fitta, che diminuisce appena, ma che non accenna a cessare. Mi massaggio le tempie, mentre Harry e le ragazze si allontanano. E sento lo sguardo preoccupato di Zayn addosso, ma lo scaccio con un mezzo sorriso e un cenno della mano.
«Stai bene?».
«Sì, tranquillo...». Ma non sono convinta di stare bene, nemmeno lontanamente. «Meglio il ghiaccio del pronto soccorso?», aggiungo ironica, avendo sentito qualche secondo prima il rumore del sacchetto pieno di ghiaccio che cozzava contro la pelle del divano. Lo sento ridere, prima che mi metta in mano il sacchetto. Inclino la testa da un lato, curiosa.
«Mi fido più di te che dei medici del pronto soccorso...», mi sussurra con voce roca avvicinandosi lentamente alle mie labbra. Superiamo tutto, io e lui, anche le risse. Ridacchio, divertita dai miei stessi pensieri, prima di sentire - finalmente - le sue labbra sulle mie.
Speriamo solo che duri.
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Blind love. [Zayn Malik]
FanfictionHeidi, 20 anni. Zayn, 22 anni. Lei, cieca. Lui, grande osservatore. Lei gli insegnerà ad ascoltare. Lui le insegnerà a vedere. E insieme impareranno ad amare.