Heidi.
«Mamma, te l'ho già detto...». Sbuffo, ignorando la risata di Zayn, che mi sta portando a casa dopo la visita col dottor Harrison. Siamo in macchina da venti minuti, più o meno, e mia madre sta piangendo e facendo domande al telefono da venti minuti. Uno strazio. «Ho visto solo delle ombre, ma'. E il dottore mi ha prenotato gli ennesimi noiosissimi esami», le spiego per la centesima volta.
E lei continua a piangere contro il suo cellulare. Non la sopporto quando fa così.
È emotiva in modo esagerato, andiamo.
«Quindi tornerai a vedere?», mi chiede. Trattengo il respiro, e Zayn rallenta, anche se siamo in autostrada. Non penso gli interessi, in questo momento. Penso solo che voglia sentire la mia risposta, nient'altro.
«Non lo so, mamma», riesco a mormorare.
Mi viene da piangere. E Zayn se ne accorge. Sento l'auto rallentare fino a fermarsi, un singhiozzo formarmisi in gola, e il cellulare scivolarmi di mano. Mi accorgo appena che Zayn mi slaccia la cintura e mi tira a sé, facendomi scavalcare la leva del cambio, fino a farmi sedere a cavalcioni su di lui.
Lascio scorrere una, due, dieci, cento lacrime. Perdo il conto, accoccolandomi contro il petto del ragazzo migliore del pianeta, mentre lui mi accarezza la schiena, cercando di calmarmi. Mi bacia la testa all'infinito, tenendomi stretta. Allora mi accorgo della posizione ambigua in cui ci troviamo. E faccio per allontanarmi, ma...
«Non ti muovi di qui finché non ti sei calmata», mi dice allontanandomi appena e bevendo le lacrime dalle mie guance. Rido appena per il solletico provocato dalla sua barba, e cerco di fare un respiro profondo. Ci riesco, più o meno. «Va meglio?», mormora Zayn stampandomi un bacio sulla punta del naso.
Annuisco appena, posando di nuovo la testa nell'incavo tra la sua spalla e il suo collo.
«Voglio stare bene, non solo meglio».
«Starai bene, Heidi». Scuoto la testa, contrariata. Un'altra promessa praticamente impossibile da mantenere. Faccio per dire qualcosa - non so cosa - ma mi blocco all'istante sentendo la sue dita sulle labbra, a fermare il respiro, insieme alle parole. Tutto immobile, come congelato, bloccato come in un fotogramma.
Io. E lui. Fermi.
Senza dire o fare assolutamente niente per far passare il momento.
«No, Zayn...».
«Hai detto che non posso prometterti nulla di impossibile», mormora continuando ad accarezzarmi la schiena, dalla base alla cima e ritorno. «Ma posso prometterti che cercherò di farti stare bene», aggiunge con la fronte posata sulla mia. Naso contro naso. E le labbra ad un millimetro dall'unirsi con le mie.
«Nessuno può farmi stare bene», dico in un sussurro. Ma in realtà sono la prima a non crederci. La prima a non credere a quello che mi esce dalle labbra, la prima a non avere fiducia. La prima a non credere in niente.
Sento Zayn scuotere la testa, a metà tra il divertito e il contrariato. Sbuffo appena. Non voglio litigare con lui. Non così, non adesso e non per questo. Ma non riesco a spostarmi da dove sono. E non faccio in tempo a muovere un muscolo che dalla sua bocca escono proprio le parole che ho bisogno di sentire.
«Lascia che provi ad aggiustarti».
Sono difettosa. Una macchina che non funzionerà mai più a dovere. Eppure lui vuole provare ad aggiustarmi. Potrebbe essere inutile, qualsiasi sentimento lui provi per me, qualsiasi quantità di tempo vorrà sprecare. Potrebbe essere inutile.
Ma mi interessano davvero le conseguenze?
Mi interessa davvero quella parola? Inutile.
Ho sempre pensato che il significato che si da alle parole cambi appunto da una persona all'altra, che sia soggettivo. Magari io darei un certo significato ad una certa parola. E magari mia madre gli sarebbe un significato diverso, magari opposto.
Beh, ho appena deciso di non dare un significato alla parola inutile. Ho appena deciso che non me ne frega niente, di niente. Ho appena deciso di vivere alla giornata. E ho appena deciso che per lui ne vale la pena. Soffrire, gioire, sorridere, piangere, lottare. Decisamente, ne vale la pena.
«Aggiustami», riesco a dire, trattenendo per miracolo altre lacrime.
Un attimo. Un momento. Meno di una manciata di secondi e le sua labbra sono sulle mie. Vogliose. Fameliche. Felici. Sorride, Zayn. Contento della mia risposta, probabilmente. Sorride contro le mie labbra, totalmente incurante delle auto che ci scorrono intorno alla velocità della luce.
Un attimo, e schiudo le labbra, facendo incontrare la sua lingua con la mia, lasciando che il suo sapore forte si mischi con il mio, tanto dolce. Diversi, eppure che sembrano fatti apposta per stare insieme. Come fossero due pezzi di uno stesso puzzle.
Un attimo e le sue mani si infilano sotto la mia maglietta, spudorate.
Ed è un attimo, prima che mi accorga di quello che sta succedendo.
Ma non faccio in tempo a fermarmi, che Zayn ferma le mani lungo la mia schiena, lasciandomi un ultimo bacio a stampo. Ho il viso bollente, lo so. Le labbra gonfie, so anche questo. Ma non potrebbe importarmene di meno, a dire il vero.
«Scusa», lo sento mormorare dopo un attimo, le labbra premute delicatamente sulla mia fronte. E sto per chiedergli di cosa si stia scusando, ma ancora una volta non faccio in tempo. E fortuna che sono io quella con l'intuito super sviluppato. Certo, come no. «Stavo andando oltre...», mormora ancora. Un soffio di vento caldo contro la mia fronte.
«Ma ti sei fermato», gli dico sorridendo.
Non riesco a smettere di farlo, è più forte di me.
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Blind love. [Zayn Malik]
FanfictionHeidi, 20 anni. Zayn, 22 anni. Lei, cieca. Lui, grande osservatore. Lei gli insegnerà ad ascoltare. Lui le insegnerà a vedere. E insieme impareranno ad amare.