Charlotte.
A volte mi chiedo cosa farei se non avessi Harry e Zayn. Cosa sarei, se al primo anno di liceo non mi avessero messa di fianco al riccio? E cosa sarei che Perrie non mi avesse fatto conoscere Zayn? La risposta è la più semplice. Ma anche la più crudele che si possa dare.
Non sarei niente.
Non mi sarei tinta i capelli di rosso. Non fumerei. Non sorriderei come una bambina a vedere Harry sistemarsi in modo maniacale i capelli. E non riderei al vederli litigare per la minima stronzata.
E se non fossi quella che sono, non avrei visto Zayn innamorarsi di Perrie. Non l'avrei visto soffrire dopo la morte della sorella. E non lo vedrei sorridere al parlare di una ragazza, a suo dire straordinaria, che non lo vedrà mai.
Se non fossi quella che sono, non sarei arrogante, presuntuosa, irascibile per la minima cosa. Magari non mi piacerebbe leggere, o suonare il pianoforte. Magari il mio colore preferito non sarebbe il rosso, e magari odierei il gelato al pistacchio.
Magari non sarei innamorata di Harry, se non fossi quella che sono oggi. Se non avessi sofferto, e se non avessi i migliori amici del mondo. Non sarei niente. Non esisterei.
«Stai bene?», mi chiede Harry mentre tampono i capelli con un asciugamano. Lo guardo dallo specchio, e mi perdo nei suoi meravigliosi occhi verde smeraldo, preoccupati oltre l'inverosimile, in questo momento. E sono indecisa se dirgli la verità o la più grande bugia della mia vita.
Non mi piace mentire, non a lui.
Vada per la verità.
Scuoto la testa, lasciando scorrere una lacrima che sto trattenendo da quando Zayn mi ha lasciata a casa di Harry, regalandomi un sorriso e un abbraccio dei suoi. Una lacrima, e rivedo le mani di Nathan strette intorno ai miei polsi. Una lacrima, e la sua risata mi perfora i timpani, facendomi tremare. Una lacrima, e rivivo la scena in cui Perrie mi salva, facendo sì che Nate mi butti a terra, mezza nuda.
Un'ultima lacrima, seguita da un singhiozzo mal trattenuto, e Harry mi attira a sé, abbracciandomi. E infondendomi una dolcissima sensazione di calore e sicurezza. Il calore e la sicurezza che mi servono per non crollare.
«Mi sento sporca», riesco a sussurrare, le labbra contro la sua clavicola. Mi sento sporca, usata. Come violata. Ho un terribile mal di testa, e se chiudo gli occhi non faccio altro che rivivere il ghigno di Nathan all'infinito. I segni sui polsi mi bruciano da morire... e come se non bastasse ho bisogno di un abbraccio.
Uno di quegli abbracci carichi di sentimento, di quelli che col loro calore ti fanno dimenticare tutto. Uno di quegli abbracci che ti rimangono impressi nella mente. Ed è proprio questo che mi sta dando Harry: uno di quegli abbracci.
«Non voglio chiudere gli occhi e vedere i suoi occhi, Harry», mormoro ancora, tra le lacrime, mentre lui mi lascia con delicatezza un bacio sui capelli umidi. Delicatezza, amore. È questo quello di cui ho bisogno. Solo questo, nient'altro.
«Puoi rimanere per stanotte...».
Mi irrigidisco, sentendo le sue dita affusolate sfiorarmi la pelle arrossata dei polsi. Ma dopo un attimo mi sento meglio, come se con quel tocco stesse lavando via tutto il dolore. Come se cercasse di far passare il dolore e la sensazione di inadeguatezza, dal mio corpo al suo.
«Solo dormire...», dico piano, facendolo ridacchiare.
«Solo dormire», mi promette allontanandosi appena e avvicinando i miei polsi alle sue labbra. Vi lascia un bacio su ognuno, seguito da un mezzo sorriso. E ad ogni bacio mi sento meglio. Viva. Rinata. Curata da ogni male. Perché è come se Harry fosse la mia panacea. Come se riuscisse a farmi stare bene, anche solo con un bacio.
E finalmente riesco a sorridere.
Il sorriso più vero della giornata. E forse il migliore di sempre.
~
Heidi.
Due giorni di assoluta follia, per quanto mi riguarda. Due giorni in cui riuscire a smettere di pensare al mio primo bacio mi è parsa la cosa più difficile della Terra. Due giorni in cui ho canticchiato come un fringuello, aggirandomi per l'appartamento come se galleggiassi nell'aria.
Due giorni in cui Victoria si è trattenuta dal fare domande poco opportune, lasciando che la mia mente rivivesse quel bacio migliaia di volte, all'infinito. Come se non mi stancassi mai di immaginare le labbra rosee e piene di Zayn premute contro le mie.
Ma ovviamente non è capace di trattenersi dal farmi il terzo grado per più di quarantotto ore. È più forte di lei, preferisce parlare piuttosto che stare in silenzio e tenersi tutto dentro.
Il mio opposto, paradossalmente.
«Sono stufa di aspettare che tu mi dica qualcosa», mi dice sbuffando, e distogliendomi quindi dalla lettura di Ragione e Sentimento. Smetto immediatamente di far scorrere le dita sulla pagina in Braille e inclino la testa da un lato, aspettando che Vicki continui. «Racconta…», è l’unica cosa che le esce dalle labbra.
Rido, e la sento avvicinarsi. La curiosità ha preso il sopravvento. E chi la ferma più ora?
Così inizio a raccontarle tutto quanto. Dalla serra al negozio di Niall. Dalla litigata con Charlotte a quanto fosse stato dolce Harry a portarmi fuori di lì prima che la situazione degenerasse. Da come mi avesse tirata su di morale Zayn a come mi avesse spinta verso il fondo del negozio, tra le pile di cd.
«Niall ci ha interrotti», borbotto, sentendola trattenere il fiato quando arrivo a descrivere le dita di Zayn che tracciano cerchietti immaginari sulla mia guancia. «Per colpa tua», aggiungo, scoppiando a ridere.
«Beh, io… quindi le tue labbra sono ancora vergini!», sbotta, dandomi uno schiaffo sulla spalla, come per incitarmi a parlare. Ma non riesco, sto morendo dal ridere. Le tue labbra sono ancora vergini. Da dove le escono certe espressioni? Continuo a ridere, finché anche lei non scoppia a ridere, allora provo a tornare seria.
«No», mi limito a dire, sorridendo.
Ma non fa nemmeno in tempo a reagire, e io non faccio in tempo ad aggiungere altro, che suonano alla porta. La mia migliore amica sbuffa, tanto forte da scompigliarmi i capelli. Ma poi si alza e inizia a borbottare cose senza senso, andando verso la porta d’ingresso. Niente di nuovo. Victoria borbotta, è il suo segno distintivo.
“Borbottare” può anche essere diventato il suo secondo nome, per quanto ne so. E per quanto me ne importi. Fatto sta che quando la sento lanciare un gridolino quasi non mi viene un colpo. «Vic, non urlare!», strillo a mia volta, trattenendomi dal ridere. E rido, quando sento una risata familiare riempirmi le orecchie. «Stavamo parlando giusto di te», abbasso volontariamente la voce, sentendo Zayn avvicinarsi.
«Mi dirai mai come fai a riconoscermi?», mi chiede, un attimo prima di lasciarmi un bacio sulla punta del naso. Sento Victoria trattenere il fiato per un istante, e se ne accorge anche Zayn, che ridacchia... a qualche centimetro dalle mie labbra.
«Odori di buono», ammetto in un soffio, sorridendo.
Sto cercando - inutilmente - di immaginare la sua espressione. Ma non faccio nemmeno in tempo a maledire la mia cecità che sento le sue labbra posarsi per un attimo sulle mie. E Victoria tirare un urlo che quasi mi spacca i timpani. Mi viene da ridere, ma la voce di Zayn mi anticipa. «E tu sai di buono, siamo pari», mormora sorridendo contro la mia guancia.
«Mi sta venendo il diabete, io esco», ci dice la mia migliore amica.
Scoppio a ridere solo quanto sento la porta sbattere, e Zayn tirare un sospiro di sollievo. «Qual buon vento ti porta nella mia umile dimora?», gli chiedo dopo qualche minuto di silenzio per niente imbarazzante. Smette per un attimo di sfiorarmi la mano, ma ricomincia subito dopo, ridacchiando.
«Volevo chiederti di uscire per farti conoscere una persona... ma ora sinceramente sono curioso di sapere come fai a leggere con quei puntini...», aggiunge scostandomi una ciocca di capelli dal viso. Rido, appena, trattenendomi dallo scuotere la testa.
Non voglio che smetta di toccarmi.
È come una droga. Ne ho bisogno, per sopravvivere. E so che probabilmente è sbagliato che io mi sia affezionata così tanto in poco tempo. Ma non mi interessa. Ho deciso di vivere l'attimo come viene, e non di preoccuparmi di quello che potrebbe succedere.
«L'alfabeto Braille all'inizio era un trauma, ma in fondo non è tanto difficile... vuoi provare?», gli chiedo, abbassando volutamente le palpebre. È una domanda stupida, idiota. Ma lui gira intorno al tavolo e mi lascia un bacio su ogni palpebra, facendomi sorridere.
«Apri gli occhi, piccola».
Obbedisco, senza saperne il motivo. Insomma, tanto è inutile. Non ci vedo, occhi aperti o chiusi che siano. Non vedo la luce da tre anni, né i colori, né il mio riflesso. Ma evidentemente Zayn vede qualcosa che io non vedo.
«Tanto non ci vedo…».
«Grazie per aver riacceso la luce», mi dice posandomi un bacio sulla fronte.
E quando una piccola lacrima scappa al mio controllo… per un attimo vedo meno scuro. Come una stanza nella penombra, ma più sfocato. Per un attimo ho visto i contorni delle cose, grigio su nero. Apro la bocca diverse volte, ma dopo una manciata di secondi torno a vedere tutto nero.
Il buio, di nuovo.
«Ti sembrerà una cosa da pazzi, ma mi sembra di aver visto qualcosa», mormoro in un soffio, troppo shockata per aggiungere qualsiasi altra cosa. Ho visto un contorno, nel mio mondo perennemente nero. Non so se ridere dalla felicità o scoppiare a piangere per essere sprofondata di nuovo nell’oscurità. «Ho bisogno di sentirmi dire che…».
«Ti credo, Heidi», mi anticipa Zayn prendendomi il viso tra le mani. «Ti va di dirmi cos’hai visto?», lo sento aggiungere dopo un attimo, mentre le sue dita mi asciugano le lacrime dalle guance.
Tiro un sospiro, forse di sollievo, non lo so.
Zayn mi crede. Sollievo.
Vuole sapere cosa ho visto. Esasperazione. Frustrazione.
«Ho visto il contorno del tuo viso, credo… leggermente più chiaro del resto», riesco a dire dopo una manciata di secondi. È tutto quello che riesco a tirar fuori. Forse perché sono confusa, su un milione di cose. Forse è la sua vicinanza. Forse ho solo bisogno di distrarmi, di vivere la vita di qualcun altro per un paio d’ore e dimenticarmi del resto.
Mi riscuoto quando sento le dita del ragazzo che ho di fronte intrecciarsi con le mie e alzarsi, facendo poi alzare anche me. Mi viene spontaneo sorridere, perché sento come se Zayn avesse capito perfettamente cosa sto pensando, e il mio desiderio di evadere.
È assurdo. Ma è la cosa più reale che ho.
«Devi venire con me in un posto», mi dice a fior di labbra. Ridacchio. Anche lui ha un buon sapore. Buonissimo. «Charlotte aspetterà, c'è una persona più importante che voglio farti conoscere», aggiunge passandosi la lingua sulle labbra. Ma siamo talmente vicini che leccandosi il labbro inferiore finisce per leccare anche il mio.
«Chi sarebbe?».
«Safaa Malik, la mia sorellina... quella dello shampoo alla camomilla», aggiunge facendomi ridere, mentre delicatamente mi stringe a sé nell'abbraccio più sentito e voluto della storia. Un abbraccio di cui ho un bisogno immenso, più di quanto io stessa riesca ad ammettere. Un abbraccio che mi serve per non crollare nella consapevolezza che non ci vedo, di nuovo, quando anche se solo per un istante qualcosa ho visto.
«Non è un po' presto per presentarmi alla famiglia?», scherzo mentre le sue dita giocano con le mie, e mi faccio trascinare fuori casa, fino alla sua auto. Cammino tranquilla, fidandomi di lui. Senza più la minima paura di cadere.
Ridacchia, aiutandomi a salire in auto e allacciandomi la cintura.
«Mia sorella è un angelo, ti piacerà».
Sorrido, scuotendo leggermente la testa. Non è sua sorella che deve piacere a me. So per certo che mi piacerà, io amo i bambini. E poi, se mi piace almeno la metà di quanto mi piace Zayn, siamo a cavallo. Il problema è un altro. E se non le piacessi? Se reagisse come Charlotte e mi definisse un "problema"? E se...
~
Zayn.
«Le piacerai», le sussurro vedendola soprappensiero, mentre si tormenta le mani. Borbotta qualcosa che non riesco a sentire, facendomi sorridere. Decido di lasciar stare. In fondo, è normale che sia scossa dopo quello che è successo.
Ha visto qualcosa.
Se le credo? Certo, o sarei già scappato a gambe levate. E scappare da lei vorrebbe dire farle male, oltre che fare male a me stesso. E non voglio farle male. È come se ormai mi stia diventando quasi impossibile starle lontano.
Il suo sorriso. Mi fa sentire bene. In pace col mondo. E i suoi occhi, anche se non ci vedono, mi illuminano la giornata. Per questo l’ho ringraziata per aver riacceso la luce, quando ha riaperto gli occhi.
Perché ho rivisto il cielo limpido dei suoi occhi.
Perché se lei si sente al buio da tre anni, da quando non ci vede… lo stesso vale per me. Da quando Nathan mi ha portato via mia sorella, io sono al buio. Finché quel giorno in metropolitana Heidi non ha riacceso la luce.
Mi riscuoto dai miei pensieri, parcheggiando perfettamente in linea davanti a casa mia. In linea? No, impossibile. Di solito parcheggio tutto storto. E ammetto che potrebbe essere che io lo faccia apposta per infastidire mia madre. Sì, molto probabile. «Zayn!», mi urla mia sorella correndomi incontro, appena scendo dall’auto. La prendo in braccio, iniziando a farle il solletico, e con la coda dell’occhio vedo Heidi sorridere, per poi passarsi una mano tra i capelli.
«Ciao pulce…».
«Pensavo che doveste andare da Charlie», mi dice tormentandosi una ciocca di capelli. Ridacchio, lasciandola scendere e aprendo la portiera ad Heidi. Un attimo, e le mie dita si ritrovano incastrate nelle sue, mentre la aiuto a scendere. Un attimo e vedo mia sorella iniziare a saltellare e ridere, felice.
Ride anche Heidi, forse divertita dalla situazione.
«Ridete nello stesso modo», mi sussurra in un orecchio mentre Safaa la prende per la mano libera e comincia a trascinarla lungo il vialetto.
Le seguo, divertito dalla reazione della piccola.
E prendo Heidi per i fianchi, sfiorando involontariamente il lobo del suo orecchio con le labbra. Sorrido appena, sentendola rabbrividire. «Ammettilo, la mia risata è molto più sexy», scherzo, mentre Safaa apre la porta, senza lasciarle la mano nemmeno per un istante.
«Sicuramente», mi dice ironica, riuscendo a farmi ridere.
Ma in quella situazione la cosa più bella, ed esilarante allo stesso tempo, è mia sorella. Che ci guarda sorridente, con un sopracciglio inarcato e le manine piantate sui fianchi. Alzo gli occhi al cielo. E’ tanto carina, peccato che la ragazza che tengo ancora per la vita non la riesca a vedere.
«E così, tu saresti la ragazza che riesce a far sorridere mio fratello…».
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Blind love. [Zayn Malik]
FanfictionHeidi, 20 anni. Zayn, 22 anni. Lei, cieca. Lui, grande osservatore. Lei gli insegnerà ad ascoltare. Lui le insegnerà a vedere. E insieme impareranno ad amare.