13.

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Heidi.

Non voglio piangere. Quando ero piccola, mio padre mi ha sempre detto che piangere faceva bene, soprattutto in certi momenti, quando non vedi altra via d'uscita. Ma piangere non mi fa bene. Non mi fa sfogare. Al contrario, mi sento come svuotata.
Non voglio, ma evidentemente il mio corpo la pensa in modo diverso.
Sento una lacrima bollente scorrere lungo la guancia e fermarsi un attimo sul mento, per poi scivolare via, nel vuoto. Un attimo, e quella lacrima è già passato. Un attimo, e cerco di tirar fuori un sorriso. Almeno un sorriso a metà, per non far vedere a Charlotte quella che sono in realtà.
Debole. Inutile. Difettosa. Impaurita.
«Non devi nasconderti, non con me», mi dice lei mettendomi delicatamente tra le mani un fazzoletto. Mi irrigidisco all'istante. In fondo lei ha detto che io sono un problema. Che non voleva che io uscissi col suo migliore amico. E ora fa la carina? «Lo so che ti ho trattata male...», aggiunge dopo una manciata di secondi.
Riesco solo ad annuire. Non posso fare altro. Sono impietrita, con quelle tre parole che mi frullano per la mente. Vi farete ammazzare. Non riesco a smettere di pensarci, è più forte di me.
E Zayn non mi ha nemmeno guardata, prima di sparire. Non so dove sia andato. Non so perché se ne sia andato. Non so cosa voleva dire Charlotte. Non so un bel niente, al solito. Sono sempre l'ultima a sapere le cose... e anche stavolta non sta andando diversamente, a quanto pare.
«Senti, non mi interessa... voglio solo sapere dove sono andati...». Reprimo malamente un singhiozzo, senza nemmeno essere in grado di dire il suo nome senza soffrire. Non è incredibilmente strano? Sto male solo a pronunciare il suo nome, ora che non c'è. E di sicuro non è mai successa una cosa del genere.
Non a me almeno.
«Sono da Nathan», la sento dire dopo un po'. Un sussurro tanto flebile che persino io faccio fatica a sentirlo. Ma lo sento. E sono a dir poco confusa. Non ho la più pallida idea di chi possa essere questo Nathan.
Posso solo immaginare che Charlotte sia spaventata da lui.
Che magari le abbia fatto del male.
Sento il suo respiro velocizzarsi sensibilmente, fino a fuoriuscirle dalle labbra in piccoli sbuffi. Come un singhiozzo mal trattenuto. Avvicino la mano verso di lei, trovando il suo ginocchio nudo, che stringo appena. Allora lo sento, il singhiozzo. Uscire senza nemmeno che lei lo voglia. Volare libero nell'aria, fino a schiantarsi contro il soffitto.
«Ti ascolto», le dico facendomi scivolare la giacca dalle spalle e mettendomi comoda. Ho come l'impressione che una volta finita, questa giornata mi sembrerà la più impegnativa della mia vita.
«Quello che adesso è il gruppo di Zayn, una volta era il gruppo di Nathan... facevamo tutti parte dello stesso giro», inizia Charlotte. La sento tirare su col naso, e passarsi una mano tra i capelli, per poi prendere a torturarne una ciocca. Sento le unghie battere tra loro e un respiro profondo farsi breccia nei polmoni della ragazza seduta al mio fianco.
Annuisco appena, porgendole poi una mano, che prende come fosse la cosa più preziosa del pianeta, stringendola delicatamente. E non posso far altro se non aspettare che continui a parlare, nonostante la curiosità mi stia uccidendo.
«Nate era il ragazzo grande che tutti volevano tenersi buono, quello che organizzava le feste migliori, quello che usava gli amici senza rendersene conto...». Si ferma qualche istante. Per ridere. Una risata triste, amara, fasulla. Deglutisco, passandomi la mano libera tra i capelli. Non sono sicura di voler conoscere tutta la storia.
Ma la domanda è un'altra.
Voglio conoscere Zayn? Ovviamente.
Tutto quanto? Certo.
«Hai detto che eravate nello stesso giro», riesco a dire, ad una manciata di secondi dalla sua risata. Non so se chiedere o meno. Ma faccio un respiro profondo. E mi costringo a chiedere. «Che genere di giro?».
Sento la sua presa sulla mia mano stringersi sensibilmente. E sussulto, sorpresa. Non so cosa pensare. Charlotte se ne sta al mio fianco, tesa come una corda di violino. Me la sto immaginando, persino col fumo che le esce dalle orecchie.
«Non ho mai visto tante anfetamine come quando giravamo con lui», dice piano. Pianissimo. Sembra essersi calmata. Ma le trema la voce, come se sia sul punto di scoppiare in lacrime. «Ci ha tirati tutti dentro, minacciando di dire tutto a Doniya se lo avessimo tradito...», aggiunge lasciandomi la mano.
E la sua voce è diventata nient'altro che un flebile sussurro, al pronunciare quel nome.
Tossico.
All'improvviso l'opinione di Victoria non mi sembra poi tanto sbagliata. Certo, mi fido di Zayn, più di chiunque altro. Ma c'è qualcosa che non torna. Perché darsi allo spaccio? E chi è questa Doniya?
«Così siamo entrati nel giro. Inizialmente per noia...». Tiro un sospiro di sollievo. Davvero, mi sento decisamente meglio. Noia. Per un attimo diventa la parola migliore del mondo. «Ma poi io e Perrie volevamo uscirne, e Harry la pensava come noi... ma a Zayn servivano i soldi, e sua madre aveva appena perso il lavoro...».
Charlie fa un respiro profondo, seguito da un sospiro, mentre io cerco disperatamente di assimilare il tutto, invano. Sto cercando di trovare una soluzione a tutto, ma sento come se mancasse un pezzo. Il pezzo fondamentale dell'enorme puzzle che è la vita di Zayn.
La vita del mio ragazzo. Dio, suona fin troppo bene.
«Poi che è successo?», chiedo giocando con una ciocca di capelli.
Altro respiro profondo. Altro battito che perdo.
«Doniya, la sorella di Zayn, ha trovato un sacchetto di erba nel suo armadio. Se l'è presa con lui, con me, con Harry, con Perrie... e col suo ragazzo... lei e Nathan stavano insieme», aggiunge Charlotte. La sento scuotere la testa, come se quello che mi ha appena detto non le piaccia.
E prende a gesticolare, mandandomi addosso il suo odore di shampoo al mandarino, continuando a raccontare di quanto Zayn e la sorella fossero legati. Di quanto lei le fosse legata. Di quanto secondo lei Nathan l'abbia usata. Di quanto si sia preso il suo amore senza darle niente in cambio. Fino alla fine.
Mi racconta dell'allontanamento di Doniya e Nathan, di quanto Zayn fosse perennemente incazzato con la sorella perché continuava a frequentarlo. E incazzato con Nathan per averla usata.
Mi dice di quando si sono lasciati. E poi ripresi. E poi lasciati. E di nuovo ripresi.
Di come Zayn si sia arreso all'evidenza. Doniya era innamorata di Nathan.
Mi racconta della primavera in cui l'hanno persa.
Del funerale. Del dolore di Zayn. Del processo in tribunale durato più di un anno. Di quando Nathan è stato scortato in galera. Dell'anno e mezzo appena passato a cercare di ricostruire le loro vite, cercare di andare avanti. Di dimenticare. Di smettere di soffrire.
Ma c'è ancora un particolare che non torna.
«Com'è morta Doniya?», mormoro mentre lei prende fiato, tra una frase e l'altra.
Sento un sospiro leggerissimo provenire dalla ragazza al mio fianco, che nel frattempo mi ha ripreso la mano, lasciando che le mie dita disegnino degli strani ghirigori sul suo dorso. Mi volto, di riflesso, e la sento ridacchiare amaramente.
«L'unico a saperlo di preciso è Nathan». Inarco entrambe le sopracciglia. E io che pensavo di avere una storia complicata. Insomma, sono solo diventata cieca. In confronto a loro io non ho passato assolutamente niente. «Io so solo che hanno avuto un incidente schiantandosi contromano contro un'altra auto, ma non so la dinamica precisa dell'incidente...», si giustifica.
La sento sorridere. E devo ammettere che Charlotte non è tanto male, a conoscerla.
«E Nathan non si è fatto niente...», mormoro tra me.
«Gli ha fatto più male Zayn, che non l'incidente», mi risponde lei, nonostante credevo non mi avesse sentita. E di riflesso mi irrigidisco, smettendo di disegnare sul dorso della sua mano. Gli ha fatto più male Zayn. Male. Zayn. «Ma non ti toccherebbe nemmeno con un dito, credimi», mi rassicura Charlotte intrecciando le dita con le mie.
Mi sento avvampare, per non so quale motivo. E lei scoppia a ridere, rilassata. Di certo più calma di poco fa. La sento scuotere la testa leggermente, lasciarmi una mano per legarsi i capelli, e poi alzarsi dal divano, ridendo sottovoce.
Sono vagamente scioccata dal racconto di Charlotte. Ma non ho intenzione di darlo a vedere. E voglio parlarne con Zayn, comunque. Voglio le sue parole, il suo dolore, la sua sofferenza, la sua versione dei fatti. Voglio sapere cosa ha provato lui, dalle sue labbra.
Non da quelle della sua migliore amica.
Faccio un respiro profondo, posandomi poi una mano sulla guancia in fiamme. E mi viene da sorridere. è Zayn che mi fa questo effetto. Che mi fa arrossire, sorridere, incazzare, ridere, svegliare col piede giusto... sperare di tornare a vedere.
E amare. Amare, sì.
È possibile che mi stia innamorando di lui. E non è come con Alex. Non ci ho messo anni per accorgermene. Alex non mi mancava quando non c'era. Non così, almeno. Ma forse sono solo cresciuta, maturata. E Zayn mi manca, quando non c'è. Come adesso. Zayn mi capisce, meglio di quanto Alex abbia mai provato a fare. Zayn mi vuole, più di quanto mi abbia mai voluta Alex.
«Ti ho portato una tazza di the».
La voce di Charlotte interrompe il flusso dei miei pensieri. E riapro occhi - anche se invano - con un sospiro e un sorriso, mentre lei mi mette una tazza bollente tra le mani. Ma il calore non mi da tanto fastidio, e l'odore di the alla vaniglia mi perfora le narici, ricordandomi il profumo di tabacco di Zayn. «Lui si fa ancora qualche spinello, vero?», le chiedo, facendole quasi andare di traverso il suo the. Ridacchio appena, sentendola imprecare.
«Qualche volta, sì... ti fa dimenticare tutto per un paio d'ore, soprattutto quando va a trovare Doniya, ma come...?».
Rido, scuotendo la testa, per poi sfiorarmi il naso con due dita. L'odore di marijuana si riconosce, eccome. E Zayn odora di erba praticamente sempre, come se vivesse in una piantagione di cannabis.
«Non mi dispiace come odore, su di lui... basta che non ne sia dipendente», ammetto facendo spallucce. Insomma, se gli serve a stare meglio, ben venga. Basta che non si faccia uccidere dalla droga. E sarò egoista, ma non lo voglio perdere, non adesso che l'ho trovato.
Stavolta è Charlie a ridere. La sento sorseggiare il suo the. Ma un attimo dopo ho di nuovo i suoi occhi addosso. È come se fosse indecisa se dirmi qualcosa o meno. Inclino la testa da un lato, facendole capire che sto aspettando che si decida a parlarmi. E ridacchia, di nuovo, in imbarazzo.
È bello che tra me e lei non ci sia bisogno di troppe parole. È bello ridere con la migliore amica del mio ragazzo. Nonostante avessimo iniziato col piede sbagliato. Penso proprio che potremmo andare d'accordo, nonostante l'inizio burrascoso.
«Cosa provi per lui?». Sento il divano muoversi, segno che si sta mettendo comoda per ascoltare quello che ho da dire. Ma non ho niente da dire. Oppure sì? Non lo so, non saprei che dire. «Da donna a donna, giuro che non gli dico niente», aggiunge dopo una manciata di secondi. E la sento sorridere, mentre mi stringe piano un ginocchio.
«Non lo so...».
Scoppia a ridere, divertita. «Certo, e io non provo niente per Harry, come no», borbotta. Faccio un respiro profondo, l'ennesimo della giornata, e decido di sputare il rospo. Di dirle tutto quanto. Di confidarmi come non ho mai fatto. Come con Victoria non posso fare, perché non capirebbe.
«Con lui mi sento come se potessi essere me stessa, senza fingere niente. Mi sento come se vivessi perennemente su una nuvola, come se avessi ripreso a respirare dopo anni... come se con lui mi sentissi bene, nel vero senso della parola, e non solo meglio».
Bene, non meglio.
Bene, come se vivessi per la prima volta dopo tre anni.
Bene, come se non avessi mai smesso di vedere.
Prendo fiato. Ed espirando mi sento leggera come non succedeva da troppo tempo. E Charlie espira con me, borbottando un "wow", leggero come un battito d'ali di farfalla. Ma è un attimo, e la bolla nella quale chiudo sempre me stessa e i miei pensieri, esplode.
Charlotte mi abbraccia, mi tira a sé rischiando di farmi rovesciare il the. Mi tira a sé facendomi ridere. Mi stringe a sé come se non ci fosse un domani. E, come Harry qualche ora prima, mi sussurra un "grazie" che vale più di mille parole.
«Non sorrideva così da una vita», mi dice, alludendo evidentemente a Zayn. «Forse nemmeno con Perrie ha mai sorriso così... la sua ex», aggiunge ridacchiando, vedendomi perplessa. E a ragione. Me lo sentivo che quella Perrie fosse la sua ex.
Sesto senso, forse.
«Perrie c'entra qualcosa con Nathan?».
«Oh, eccome... mi stavo dimenticando. Nathan è il motivo per cui lei e Zayn si sono lasciati. L'ha manipolata, Perrie è uno dei suoi burattini, come lo sono stata io, e come lo è stata Doniya», confessa, triste.
«Cosa ti ha fatto?», riesco a chiedere stringendole una mano.
Ma Charlie non fa in tempo a rispondermi, che suonano alla porta. Si alza in un lampo, e la sento correre a piedi nudi sul parquet. Spero che sia Zayn, come lei spera che sia Harry, non c'è bisogno di un genio per intuirlo.
Spero che stia bene. Spero che non si sia fatto ammazzare, come ha suggerito Charlotte.
Continuo a respirare con calma, ma tormentando la stoffa del divano con le mani, in preda al panico. Panico che cerco di tenermi dentro. Un panico solo mio. Che deve rimanere dov'è, perché nessuno deve capire quanto posso star male per Zayn.
Lo farei capire a lui, se ci fosse. Ma non c'è.
E mi manca, come se mancasse da giorni, e non solo da un paio d'ore.
Mi manca da morire.

Blind love. [Zayn Malik]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora