10.

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Heidi.

La ragazzina più dolce dell’intero pianeta. È l’unica espressione che riesco a trovare per descrivere quella meraviglia che è la sorella di Zayn. Dolcissima, e con la stessa – identica – risata del fratello. E bellissima, a quanto ho potuto sentire sotto le dita.
Ha i capelli lunghi fino alla vita. Scuri, stando a quello che mi ha detto. La pelle liscissima, un naso piccolo ma ben proporzionato, e le labbra sottili. È alta, forse fin troppo per la sua età.
Ed è dolcissima, l’ho già detto?
La adoro, nonostante ci sia stata insieme qualcosa tipo tre ore. Ma dopotutto, come si fa a non amarla? Ripeto, è dolce, come la melassa. E non riesco a smettere di pensare a quanto mi abbia trattata bene nonostante in sostanza non mi conoscesse.
Mi sono sentita bene con un’estranea come non succedeva… da quando ho conosciuto Victoria. E quando le ho chiesto perché fosse tanto gentile con me, la sua risposta è stata sorprendente. Non sembra che abbia dieci anni. Pensa come una quindicenne, o addirittura come una diciottenne.
«Perché sei speciale, come lo era mia sorella».
O forse la soluzione è più semplice. Safaa pensa come una ragazza più grande, semplicemente perché è dovuta crescere in fretta. Perché ha sofferto. E il dolore è l’ultima cosa a cui una bambina della sua età dovrebbe pensare. Dovrebbe giocare, disegnare, fare le cose che fanno i bambini.
Ma senza sua sorella… tutto le sembra più difficile di quello che è.
«A cosa stai pensando?», mi chiede Zayn sfiorandomi una guancia. Allora mi riscuoto dai miei pensieri con un sorriso, accorgendomi che siamo fermi. Deve aver parcheggiato, e non me ne sono nemmeno accorta. Bene, direi.
«A quanto sia bella tua sorella».
Bella, anche se non la vedo. Bella dentro. E bella fuori. Ma per la parte esteriore non posso far altro se non fidarmi di Zayn, e della stessa Safaa. Bella, perché va avanti col sorriso nonostante abbia perso una delle persone più importanti della sua vita. Bella, per il bene evidente che vuole al fratello. Bella per la sua dolcezza.
Bella, punto.
Lo sento strofinare il naso contro la mia guancia, sorridendo. E sorrido anch’io, come di riflesso. Come se in effetti sorridere in risposta al suo sorriso sia la cosa più naturale del mondo.
«Tu sei addirittura più bella, sai?». Non riesco a trattenere un brivido, a quelle parole. Ridacchio, facendo per scostarmi, ma Zayn intreccia la sua mano con la mia, le labbra ancora posate contro il mio zigomo.
Non posso scappare.
Ma la verità è che non voglio scappare.
E il mio cuore inizia a battere all’impazzata, non appena le sue labbra scivolano lungo la linea della mia mandibola, fino ad arrivare al mento. Sospiro, senza pensarci, e lo sento ridere a bassa voce, in modo da riuscire ancora a sentire il battito del mio cuore. Sono sicura che lo sente. Rimbomba, a dir poco.
È a qualche centimetro dalle mie labbra, quando sono costretta a far sfarfallare le ciglia, sentendo qualcuno battere contro il finestrino. Dalla mia parte. A rovinare nel modo più assoluto… tutto quanto. Uno dei momenti più catartici della mia vita rovinato da…
«Castano, occhi celesti, espressione da idiota sul viso…», mi dice Zayn.
Senza allontanarsi, nemmeno di un millimetro. Ridacchio, immaginando l’espressione del mio migliore amico al vedermi in quel modo con un ragazzo. Un ragazzo che non conosce, e di cui nemmeno gli ho parlato, a dire il vero. «È il mio migliore amico», dico con un sorriso, un attimo prima che le labbra di Zayn si posino sulle mie.
Non faccio in tempo a fermarlo. Non voglio fermarlo.
Bacio voluto, desiderato, mal celato. Bacio dolce, potente, possessivo. Bacio lento, ma anche veloce, senza freni. Bacio felice. Bacio pieno di speranza. Bacio di labbra al sapore di sigaretta contro labbra che sanno di fragola.
Un bacio unico. Un bacio solo mio e suo.
Un bacio che dura troppo poco e finisce troppo presto, quando Zayn si stacca succhiandomi il labbro inferiore. «Dovresti vedere la sua faccia», mi sussurra divertito Zayn mentre riprendo fiato, lasciandomi un bacio sotto l'orecchio, per poi allontanarsi.
Ho i brividi, che scendono giù per la schiena.
Brividi che non accennano a diminuire, se non quando lo sento scendere dall'auto. Allora mi costringo a prendere un respiro profondo, appena in tempo perché Louis mi apra la portiera e mi aiuti a scendere, bloccandomi in un abbraccio.
«Ciao Lou», lo saluto trattenendo una risata. Inspiro il suo odore, e sento Zayn ridacchiare, seguito dal rumore delle sue dita tra i capelli. «Te l'avrei detto», mormoro, intimidita.
«Non sono arrabbiato, Didì», mormora di rimando, continuando a tenermi stretta. Sorrido, scuotendo leggermente la testa. Non me l'aspettavo, proprio no. E poi, quel diminutivo rischia di farmi piangere ogni fottuta volta.
O di farmi cadere in un flashback.
Mi fa venire in mente una bambina bionda e dagli occhi celesti insieme ad un bambino della stessa età, dai capelli castano scuro e gli occhi verdissimi. Mi fa venire in mente le migliaia di cadute dall’altalena. Le ginocchia sbucciate. Le merende a base di caramelle gommose. I pomeriggi passati a far finta di studiare. Le feste alle quali quel bambino diventato adolescente mi trascinava contro la mia volontà.
Mi fa venire in mente Alex. E solo lui poteva chiamarmi in quel modo.
«Non mi chiamare così», gli dico trattenendo le lacrime e allontanandomi appena. Faccio sfarfallare le ciglia, per poi chiudere gli occhi, impedendomi di piangere. Fa troppo male sentirsi chiamare in quel modo da qualcuno che non sia il ragazzo con cui sono cresciuta. Fa male. Porta a galla un’infinità di ricordi.
Molti belli.
E altrettanti brutti.
Uno su tutti, essermi svegliata dopo tre mesi di coma e scoprire che il mio migliore amico nonché ragazzo di cui ero cotta da sempre era morto sul colpo nell’incidente. Non vedere in confronto non era niente.
Faceva più male l’idea di non poter più sentire la sua voce. O le sue labbra sulla fronte quando mi salutava. O la sua risata. O i suoi abbracci, che chissà come riuscivano a farmi sentire bene. Davvero bene. Quegli abbracci che facevano sorridere per davvero…
«Stai bene?».
La voce di Zayn mi arriva ovattata, lontana. Allora mi accorgo di non riuscire a fermare le lacrime e sbatto le palpebre, cercando di ritrovare l’equilibrio che sto perdendo, a trattenere tutto dentro. Crollo, senza possibilità di risalita… se non fosse per Zayn, che mi prende al volo per un braccio e mi tira a sé.
Delicatamente, come a colmare il vuoto.
Piano, accarezzandomi la schiena e baciandomi i capelli.
Stringendomi come se io fossi la barca alla deriva e lui il mio porto sicuro. Come se le sue braccia fossero l’ombrello pronto a ripararmi dalla pioggia, e le sue labbra fossero la valvola di sfogo del mio dolore. Facendo sfogare tutta la frustrazione e la tristezza sotto forma di lacrime. Tante lacrime. Troppe.
«Ci penso io», lo sento dire a Louis, mentre continuo a piangere contro la sua giacca di pelle. E «Non ti lascio», mormora dopo qualche secondo, sollevandomi da terra. Mi irrigidisco, non sentendo più l’asfalto sotto i piedi, ma conscia delle sue parole mi rilasso, totalmente.
Non ti lascio.
Non ti lascio cadere. Non ti lascio andare. Non ti lascio, in nessun caso.
Quanti significati per una sola frase, non è buffo? Non è strano quanto tre parole possano cambiare tutto? Tre parole. Undici lettere. Due spazi. Due puntini sulle “i”. Non è buffo come così poco possa sconvolgere la vita di una persona?
E a poco a poco smetto di piangere, ma continuando a nascondere il viso nella spalla di Zayn. Non voglio che Louis mi veda, tantomeno Vic o Liam, di cui sento le voci. Voglio solo mettermi a dormire e svegliarmi nella vita di qualcun altro. Qualcuno che non ha avuto un incidente quasi mortale, non è stato in coma, non ha perso la vista…
Chiunque ma non me, insomma.
Mi accorgo appena di essere trasportata al piano di sopra e lungo il corridoio, verso la mia camera da letto. Mi accorgo appena di essere depositata sul mio letto, ma solo perché non sono più immersa nell’odore di sigaretta e liquirizia di Zayn. Sento solo le sue dita sulle guance, a spazzare via lacrime e mascara in un solo colpo.
«Scusa…», riesco a dire, tirando su col naso.
E sinceramente nemmeno so perché mi sto scusando.
Lo sento ridacchiare e stringermi una mano. «Sei bella anche quando piangi, Heidi», mi dice in un soffio lasciandomi un bacio sulla punta del naso. Alzo gli occhi al cielo, ridendo. È riuscito a farmi ridere, nonostante tutto. Incredibile come ci sia riuscito, con così poco.
«Mi fido», dico ironica, sorridendo appena.
«Ti va di dirmi perché piangevi?», mi chiede dopo una manciata di secondi. È titubante, come intimidito da quello che potrei rispondergli. Come se in un certo senso avesse paura della mia risposta.
Ma è come se in fondo in fondo sentissi il bisogno di parlarne.
«Lou mi ha chiamata come mi chiamava lui…», riesco a mormorare, chiudendo gli occhi per non scoppiare a piangere di nuovo. Sento le mani iniziare a tremare, senza che riesca ad impedirlo. Ma Zayn le prende tra le sue, stringendole appena. «Solo Alex mi chiamava Didì, fa male sentirlo da qualcuno che…».
Mi scappa un singhiozzo. Era un secolo che non parlavo di lui.
Forse, addirittura, non ho mai parlato di lui, dopo l’incidente. Per paura di star male, di ricordare, o… non lo so, sinceramente. Forse per paura di sentire la mancanza di qualsiasi cosa potesse ricordarmi lui. Dalla punta dei capelli alla suola delle scarpe, passando per il suo meraviglioso sorriso.
«Mi manca da morire», mormoro, stretta nel suo abbraccio.
Posa il mento sulla mia testa, senza lasciarmi andare. E finalmente mi sento a casa. Come non mi ero mai sentita in vita mia. Nemmeno con Alex, a dire il vero. Mi sento come se mi avessero tolto un enorme macigno da sopra le spalle. Più leggera, libera. Come se dall’ingresso di Zayn nella mia vita, quasi tre settimane fa, la mia vita fosse diventata la vita che non ho nemmeno provato a vivere in quei tre anni.
Come se stessi recuperando il tempo perduto.


~


Zayn.

Sto cercando di assimilare le informazioni. Troppe, per essere assorbite tutte insieme. Troppi sentimenti da sopportare contemporaneamente, per chiunque. Persino per Heidi. Troppo dolore sul suo volto, troppo smarrimento nei suoi occhi, e troppo tremore nelle sue mani.
Troppo. In qualsiasi caso, sarebbe stato troppo.
E mi fa male vederla in quello stato. In lacrime, con la voce rotta dal pianto. Tutto per colpa di una parola. Un semplice soprannome che evidentemente le porta a galla un mondo. Un mondo che forse credeva di aver sepolto. O dimenticato.
Un mondo che invece è ancora lì, pronto a uscire dal suo nascondiglio non appena ci si distrae. Pronto a tenderti un agguato quando meno te lo aspetti. Nel momento apparentemente perfetto, quanto va tutto bene. Troppo bene.
È in quel momento che ci crolla tutto addosso.
Come un castello di carte dopo un soffio di vento.
«Era il tuo ragazzo?», le chiedo dopo un po’, sentendola più tranquilla. Ho ancora il mento posato sulla sua testa. La tengo ancora stretta, e non ho intenzione di farla scappare, per niente al mondo. E non ho smesso di accarezzarle i capelli nemmeno per un istante.
Si è calmata, minuto dopo minuto.
La sento borbottare qualcosa, il viso ancora nascosto contro il mio petto. E mi viene da ridere, alla sensazione dei suoi capelli che mi solleticano il collo. «Ero innamorata di lui… e non gliel’ho mai detto», mi dice in un soffio.
Triste, ma allo stesso tempo più serena. Più tranquilla.
Come se le avessero appena tolto un macigno da sopra le spalle. Un macigno troppo pesante per lei, e di cui sicuramente non ha mai voluto farsi carico. Ero innamorata di lui e non gliel’ho mai detto. Una stilettata al cuore. E un inaspettato e opprimente senso di malinconia si impadronisce di me.
Malinconia, perché l’amore taciuto – o addirittura non corrisposto – fa schifo. Essere innamorati di qualcuno che non sa che esisti o che ti considera solo come amico quando tu vorresti essere di più, fa schifo.
La stilettata al cuore, invece…
Mi ritrovo a scoprire che sapere che Heidi sia stata innamorata fa male. Perché vederla in quello stato mi distrugge. E perché credo che una ragazza come lei possa amare tantissimo, più di chiunque abbia conosciuto in vita mia.
Perché vorrei che amasse me.
«Io lo capirei se fossi innamorata di me», le dico intrecciando le dita con le sue. La sento trattenere il fiato qualche secondo, per poi espirare. Sorpresa, felice. E allontanandomi la vedo arrossire, ritrovando il solito sorriso allegro di sempre. «E se non ti amassi ti chiederei di insegnarmi a farlo», aggiungo semplicemente.
E il sorriso che si apre sul suo volto è il più bello che abbia mai visto.
Sono sempre stato uno stronzo insensibile, che non ha mai sopportato il romanticismo e le smancerie. Beh, forse ho sempre indossato una maschera. Mi viene troppo naturale essere tanto dolce con lei, come se in realtà io fossi proprio così.
Ho tolto la maschera.
O forse con Heidi non l’ho mai indossata.
«Posso chiederti una cosa?», mi dice dopo un po’, seduta a gambe incrociate sul letto, mentre io le sono sdraiato accanto e la osservo sfiorare i tatuaggi sul mio avambraccio destro. Annuisco, dimenticando per la miliardesima volta che lei non mi vede, e la sento ridacchiare. Alza lo sguardo al cielo, per poi prendere un respiro profondo e… «Rimani a dormire con me?».
Non faccio nemmeno in tempo ad assimilare le sue parole.
Un attimo, e le sue guance si tingono di porpora. Un istante, e mi tiro su a sedere, per poi avvicinarmi a lei e posarle le labbra sulla fronte. Si rilassa sensibilmente, al solo tocco delle mie labbra. Scendo lungo il profilo del naso, fino a fermarmi a due centimetri dalle sue labbra, sospirando.
Lei rabbrividisce, trattenendo un sorriso.
«Vado a dire a Victoria che rimango a dormire», le soffio sulle labbra, per poi allontanarmi con un ghigno. Heidi fa sfarfallare le ciglia, mentre io scendo dal letto e faccio per uscire dalla sua camera.
«Ehi!», esclama, facendomi sorridere. Mi volto verso di lei, e al vederla con un sopracciglio inarcato e le labbra dischiuse a formare una piccola “o” mi viene da ridere. Per fortuna mi anticipa, prima che possa dire qualsiasi cosa. «Io volevo un bacio…», sussurra a voce bassissima.
È la tenerezza, quella ragazza.
E forse non si aspettava che la sentissi, vista la sua espressione al sentire improvvisamente le mie labbra sulle sue. Le accarezzo una guancia con un pollice, facendo poi una leggera pressione sulle sue labbra, in modo da fargliele schiudere. Il tempo di un respiro e le nostre lingue si rincorrono, finché senza fiato Heidi posa una mano sul mio petto, facendomi scostare da lei.
È bellissima anche col viso arrossato e i capelli scompigliati, possibile?
«Scendo un attimo, non sparire», le dico lasciandole un ultimo bacio a stampo.
E il suo sospiro in risposta è semplicemente il suono più bello del mondo.

Blind love. [Zayn Malik]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora