Heidi.
Riesco a capire dove siamo non appena Zayn mi apre la portiera e mi aiuta a scendere dall'auto. Provo a non ridere, e per fortuna - chissà come - ci riesco. Odore di fiori, risate di bambini, odore di pancakes appena sfornati e di cappuccino. Il parco, certo. Ma sono più che convinta che non è lì che mi sta portando.
Pronta per un posto che sconvolgerà i tuoi sensi?
No, decisamente non è il parco. Infatti sento anche un'altra cosa. La musica. Ovattata, come se fosse dall'altra parte di un vetro. E capisco di avere ragione quando sento una porta aprirsi e i primi accordi di una canzone familiare mi colpiscono le orecchie. Scoppio a ridere, è impossibile non farlo. È la fine, non riesco a smettere, soprattutto quando la risata del mio irlandese preferito si unisce alla mia.
«Voi due vi conoscete?», mi chiedono in coro Niall e Zayn. L'uno che a stento trattiene le risate, e l'altro totalmente sorpreso. Quasi sotto shock. Scuoto la testa, e il biondo scoppia a ridere, per poi tornare a suonare come se niente fosse. «Come lo conosci?», mi chiede Zayn mettendosi dietro di me, come nella serra, e spingendomi delicatamente tra uno scaffale di cd e l'altro.
Quel negozio di dischi è il primo posto che ho trovato da sola, dopo l'incidente. Mi sono fatta guidare dall'istinto, dai piedi che andavano per conto loro. Dagli odori e dai suoni. E il suono della voce di Niall, accompagnato dalla sua amata chitarra, è stato come una calamita per le mie orecchie sensibili.
Solo che non era la prima volta che sentivo quella voce.
«Sua madre è stata la mia infermiera nei sei mesi che ho passato in ospedale, dopo l'incidente», mormoro con un mezzo sorriso. La madre di Niall era riuscita ad insegnarmi che non servivano gli occhi per orientarmi. I tre mesi dopo il coma li avevo passati a girovagare per l'ospedale in sua compagnia. E in compagnia del figlio, a volte.
«Se ti va di parlarne io ci sono, okay?». Sento il respiro caldo di Zayn contro l'orecchio, e non posso far altro se non sorridere.
Con lui vicino non riesco a smettere di sorridere. E la cosa strana è che mi sembra la cosa più naturale del mondo. Naturale, il suo respiro sul collo. Naturale, il nostro a dir poco strano primo appuntamento. Naturale, che io non ci veda e che lui mi guidi tra pile e pile di dischi. Naturale, normale. Normale come ero prima del coma.
Normale come nessuno mi ha fatta sentire, mai.
«Sembra che tu ti trovi a tuo agio con me», gli faccio notare fermandomi di scatto. Il suo petto a sbattere contro la mia schiena, le sue mani strette sui miei fianchi. E le sue labbra premute per un attimo contro il mio orecchio. Ho i brividi, accidenti. «Zayn...», lo riprendo scherzosa.
«Mia sorella era ipovedente», mi dice dopo un po', con un velo di tristezza nella voce. Mi volto, lasciando che tenga le mani sui miei fianchi. E alzo la mano, portandola sul suo viso. Mi si spezza il cuore a sentire la guancia umida. Sta piangendo, e nemmeno so il perché.
Finché non mi rendo conto che ha parlato della sorella al passato. Ha detto era. «Mi dispiace». Sono mortificata. Non so che dire. «Scusa, lascia perdere...», aggiungo facendo per staccarmi, cullata dalla voce di Niall, dall'ingresso del negozio.
Ma Zayn mi tiene ferma per i fianchi, in modo che non mi possa allontanare. Ridacchio come un'adolescente alla prima cotta. Rettifico, io sono un'adolescente alla prima cotta. Anche se tecnicamente non sono più un’adolescente, e sempre tecnicamente questa non nemmeno la mia prima cotta. «Sai perché ti ho portata qui?», mi domanda spingendomi all'indietro. Non mi importa del rischio di poter cadere, mi fido in un modo che nemmeno credevo possibile. Scuoto la testa leggermente.
«Per sconvolgere i miei sensi».
Lo sento ridere tra sé, finché non mi intrappola tra il muro di fondo del negozio e il suo corpo. Avvampo, sentendo le sue dita contro la guancia. E abbasso le palpebre, cercando di riprendere fiato. La sua vicinanza mi fa mancare l'aria, come se fossi asmatica e avessi corso per chilometri. Sensazione strana, ma che per la prima volta dopo tre anni mi fa sentire viva. «Perché questo posto significa tutto per me, e mi è sembrato il posto migliore per poter fare una cosa...», aggiunge intrecciando le dita della mano sinistra con la mia destra, e tenendo l'altra mano contro la mia guancia.
Trattengo a malapena un sospiro, quando sento il suo respiro contro le mie labbra. Abbasso le palpebre, come di riflesso, mentre le sue dita tracciano piccoli cerchi sulla mia guancia. «Sconvolgimi», riesco a mormorare. Ma niente, evidentemente non è giornata.
Perché quando sento Niall schiarirsi la voce e Zayn ridacchiare... È come se mi sentissi morire. Oltre che in imbarazzo e rossa dalla vergogna. Sbuffo, mentre Zayn si allontana, ma continuando a tenere la mano incollata alla mia. «Scusate, io... dico a Victoria che non sei qui», borbotta Niall balbettando, conscio di aver appena rovinato un momento... catartico. A dir poco.
Mi viene da ridere. Povero Niall.
«Vieni, mi è venuta un'idea», mi dice Zayn trascinandomi verso l'angolo del negozio in cui si possono ascoltare i vari dischi. Sorrido appena, sentendo l'odore caratteristico che emanano le cuffie e le varie poltroncine. Mi fermo quando lo sento stringermi la mano e dopo una manciata di secondi sistemarsi una cuffia sui capelli. Sento il rumore della pelle delle cuffie a contatto coi suoi capelli, un fruscio tanto leggero, che chiunque altro non sentirebbe. «Sei la prima ragazza che porto qui...».
Rido, scuotendo leggermente la testa.
«Che onore», borbotto, sentendolo trafficare con la colonna di cd accanto a dove ci troviamo. Ma mi rendo conto che è davvero un onore. Perché se quel posto significa tutto per lui e sono la prima ragazza che ci porta... in qualche modo riesco a convincermi di significare qualcosa.
Mi riscuoto dai miei pensieri solo quando sento le prime parole di Yellow uscire dalle sue labbra e arrivare magicamente alle mie orecchie. Faccio sfarfallare le ciglia, per poi abbassare le palpebre, quando Zayn si avvicina sensibilmente... continuando a canticchiare, con le labbra posate contro la mia guancia. Mi sento la testa vuota, ancora una volta come se mi trovassi su una nuvola. E ora sono davvero sicura che sia merito (o colpa?) suo.
La sua voce è ancora più incredibile quando canta, possibile? È perfettamente intonato nonostante sia sussurrando, in modo che lo senta solo io. Sembra il sussurro di un angelo. Il suo modo di pronunciare certe parole, col suo accento inglese, ma con qualcosa di straniero, mi da i brividi. È... wow. L'unica parola che mi viene in mente per descrivere la sua voce.
Mi accorgo a malapena che le sue labbra scivolano lungo la mia guancia, sono troppo concentrata sul suono della sua voce. E sul fruscio provocato dalle sue labbra l'una contro l'altra a formare le parole.
Continua a sfiorarmi il dorso della mano stretta nella sua, come a rassicurarmi. E a poco a poco mi tranquillizzo, calmando il respiro. Lo sento sorridere mentre si ferma, la fronte posata contro la mia, il suo respiro che si fonde col mio. Naso contro naso. E la sua voce incredibile che sbatte contro le mie labbra. «Look at the stars», lo sento sussurrare, a un millimetro dalle mie labbra. La canzone sta finendo, ma dal canto mio vorrei che durasse in eterno. «Look how they shine for you, and all the things that you do...».
Yellow è una delle mie canzoni preferite. In assoluto.
Solo che non vedo le stelle da tre anni.
E probabilmente non le potrò mai più vedere brillare per me.
L'ultima parola la dice con le labbra praticamente sulle mie, il pollice che continua a tracciare cerchietti sulla mano intrecciata con la sua. Prendo un respiro profondo, ascoltando il fruscio delle cuffie che si toglie da sopra la testa.
«Sicura di voler essere sconvolta?».
Mi limito ad annuire con un mezzo sorriso, spegnendo i pensieri.
Un attimo e sento le sue labbra sulle mie. Solamente posate le une contro le altre, mentre le sue mani scivolano alla base della mia schiena, come a trattenermi in modo che non possa scappare. Come in automatico, porto le mani dietro al suo collo, a giocare coi suoi capelli, mentre con la lingua traccia un linea leggerissima sul mio labbro inferiore.
Sono pervasa dal suo odore, fino quasi a perdere i sensi. E se pensavo che il suo odore fosse fantastico... beh, il suo sapore è anche meglio. Sa di tabacco, tanto quanto il suo odore. E sa di menta, di liquirizia... sa di Zayn. Dischiudo leggermente le labbra, come se sapessi di doverlo fare, e lo sento sorridere, un momento prima che la sua lingua sfiori la mia, delicatamente. Come per gioco.
Le sue labbra sono la fine del mondo.
Lui, è fine del mondo.
Ma quando si stacca appena per riprendere fiato quasi non sbuffo dalla frustrazione. È una droga e, come mi è già successo col suo odore e la sua risata, ne voglio ancora. Vorrei che le sue labbra non si staccassero mai dalle mie, se fosse possibile.
~
Zayn.
Ho cercato di andarci piano tutta la mattina. Da quando l’ho vista mezza nuda e non le sono saltato addosso. A quando nella serra mi ha sfiorato il viso, arrossendo una volta arrivata alle mie labbra, e ho lottato contro me stesso pur di non baciarla all’improvviso. A quando, sempre nella serra, l’ho sollevata da terra e fatta sedere su uno dei bancali…
Le ho sfiorato volontariamente le cosce per tirarla su.
Ma mi sono trattenuto. Come mi sono trattenuto dal posare le labbra sulle sue quando l’ho vista crollare dopo la sfuriata con Charlotte. Si sentiva in colpa, si vedeva. E io avrei voluto portar via tutto il dolore e la colpa provati in quel momento.
Sì, con un bacio. Perché no?
Ma non l’ho fatto. Non l’ho fatto perché l’ho vista fragile, indifesa. E ho semplicemente pensato che avesse potuto pensare che stessi approfittando di lei. Non approfitterei mai di lei. Non potrei.
Ma a vederla tanto tranquilla e sorridente nel negozio di dischi, e praticamente senza fiato per colpa della mia vicinanza… non ci ho visto più. L’idea di cantarle Yellow è venuta da sé, senza pensarci troppo. E lo ammetto, il bacio migliore della mia vita, cazzo.
«Wow», mormoro riprendendo fiato, il viso ancora troppo vicino al suo.
«Wow», mormora di rimando ridacchiando, allontanandosi appena per passarsi una mano tra i capelli. «Mi hai sconvolta, lo ammetto», la sento aggiungere, mentre arrossisce. Allora mi viene in mente una cosa… no, è impossibile. «Non ti sbagli, era il mio primo bacio…».
Merda. Mi sento come se le avessi appena rubato un pezzetto di sé. Un pezzetto che magari avrebbe voluto tenere ancora per un po’. Un pezzetto che magari avrebbe voluto regalare a qualcun altro che non fossi io. E mi sento male se penso che l’ho praticamente costretta a farsi baciare.
Mi allontano, osservandola inarcare un sopracciglio, evidentemente confusa.
«Ti riaccompagno a casa, vieni…», faccio per prenderla per mano, ma lei si ritrae, incrociando le braccia sotto al seno e inclinando la testa da un lato. Mi scappa un sorriso, a vederla tanto determinata, ma non posso fare a meno di continuare a sentirmi in colpa. Scuoto la testa, tornando ad abbracciarla. «Scusa», mormoro, le labbra contro il suo orecchio.
Ride sottovoce, abbracciandomi il torace, le labbra posate all’altezza della mia clavicola.
«Sai, sono felice di averti dato un pezzetto di me, Zayn». No, impossibile. Mi legge nel pensiero. Non vedo come possa aver usato le parole a cui pensavo, altrimenti. Borbotto qualcosa, e lei ride, ancora. Musica per le mie orecchie. E ridacchio anch’io, lasciandole un bacio sui capelli biondissimi. «E non ti sentire in colpa, sei perfetto quando sei te stesso, nonostante tu sia con una ragazza che non ti vede…».
E sorrido, prendendola di sorpresa e posando di nuovo le labbra sulle sue.
Si irrigidisce per la sorpresa, ma dopo un attimo schiude le labbra, sciogliendosi completamente contro le mie. Un sorriso sulle labbra e le mani e giocare coi miei capelli. Il suo sapore di fragola e cannella che mi sconvolge i sensi, e il suo odore di primavera che pervade l’aria tutto intorno a noi.
La sento gemere appena quando la sollevo da terra, le labbra ancora contro le sue, costringendola a legare le gambe intorno alla mia vita e ad aggrapparsi con le mani alle mie spalle. Non la farei cadere, nemmeno se volessi. E se dovesse scivolarmi farei comunque qualsiasi cosa in mio potere per salvarla.
Perché? Perché nonostante la conosca da poco, ci tengo.
Ecco, l’ho ammesso.
Le mordicchio delicatamente il labbro inferiore, succhiando appena e staccandomi. Sembrerà strano, ma non voglio strafare. Meglio trattenersi, non voglio che scompaia per qualcosa di sbagliato che potrei fare, senza nemmeno accorgermene.
Riapro gli occhi, e mi godo la sua espressione sorpresa, mentre si passa la lingua sulle labbra, come sto facendo io, per continuare a sentire il suo sapore. «Sei bellissima», le dico in un soffio, stampandole un bacio leggero sul naso. Faccio per farla scendere, ma quando la sento mugugnare non posso far altro se non sorridere, mentre nasconde il viso contro il mio collo.
«Vorrei stare così per sempre».
«Tieni presente che una volta in macchina ti dovrai staccare», le dico continuando a stringerla con una mano e recuperando la sua borsa con l’altra. Detto fatto, continuo a tenerla in braccio, cullato dalla sua risata incredibile. E ignorando Niall, che ci guarda leggermente spaesato, la trasporto fino alla mia auto.
Scende con un sospiro, quasi delusa.
E fa per dire qualcosa, ma la blocco con due dita sulle labbra.
«Avrei voluto stare così anch’io, per sempre».
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Blind love. [Zayn Malik]
FanfictionHeidi, 20 anni. Zayn, 22 anni. Lei, cieca. Lui, grande osservatore. Lei gli insegnerà ad ascoltare. Lui le insegnerà a vedere. E insieme impareranno ad amare.