sei la parte migliore di me

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LEI

Fortunatamente la serata trascorse in fretta. Tra sorrisi fugaci e occhiate nascoste.

Mi ritrovai nel mio letto. Leyla dormiva serena al mio fianco.

Riflettevo. Come sempre la notte era il giusto pretesto.

Un grattacapo frullava nei miei pensieri.

Dovevo liberarmi di quel peso. Ne avevo l'assoluto bisogno.

Forse era la giusta occasione.

Non dormii.

Vegliai in attesa dell'alba.

Attesi speranzosa.

Era il momento di parlare con i miei. Dovevano sapere che era tornato.

Temevo una loro azione avventata. Con giusta ragione. Non volevo trascinarli in un baratro di ansie e preoccupazioni. Avevano già sofferto una volta. Era abbastanza.

Ma io non volevo mentire.

Chiusi gli occhi. Massaggiai le guance.

Era un modo che avevo inventato per rilassarmi. Assurdo ma totalmente efficace.

Sospirai e riaprii gli occhi. Tornai a fissare la finestra.

Desideravo veder spuntare l'alba.

Ma non fece capolino. In modo ostinato continuai a divincolarmi tra le lenzuola.

Perché avevo sempre mille grattacapi a tormentarmi?

Decisi che preparare la valigia sarebbe stata la mossa migliore.

La gita con la scuola fu il giusto pretesto di evasione. Il giusto pretesto per riflettere.

Erano solo due giorni.

Ma interrompere il consueto, allontanarmi, sarebbe bastato a riflettere.

Non riuscivo a cedere alle mie emozioni.

Dovevo prendere una decisione e obbligarmi a seguirla.

Ma in realtà quella non era la mossa giusta. Non volevo influenzarmi a fare nulla. Volevo fare solo ciò che mi faceva bene. Ciò che avrebbe fatto bene a Leyla.

Nonostante non fosse spuntata l'alba, sentii le chiavi nella serratura.

Mi catapultai al piano inferiore.

I miei genitori sobbalzarono.

"Cosa fai?"

"Perché sei sveglia?"

Entrambi si rivolsero a me.

"Devo parlarvi di una cosa!"

Andare diritti al punto. Era quello l'obiettivo.

"Cosa è successo?" mio padre apparve preoccupato.

"È tornato Can!" mia madre completò sicura.

Come faceva ad essere sempre un passo avanti?

Quando l'aveva capito?

Mio padre sbalordito, attese conferma.

Lo feci.

Li fissai sicura di poter leggere e interpretare le loro espressioni. Ma erano criptici. Fin troppo.

Mio padre mi osservò con intensità.

Attendevano una risposta. Ma in realtà ero io ad essere in cerca di una risposta soddisfacente.

"Leyla è felice?"

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