l'idea che non mi appartenesse ...

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LEI

La pioggia. L' atmosfera. Le sue mani indugianti sulla mia schiena. Calde. Prepotenti. Tutto mi suggeriva di lasciarmi andare. Chiusi gli occhi. Il calore delle sue labbra riscaldò anche le mie. I nostri corpi vicini. Troppo. Le mie labbra sfiorarono le sue. Morbide. Familiari.

Le sue mani abbandonarono fastidiosamente la mia schiena. Credetti che stesse per afferrarmi il viso. Stringermi fra le sue mani. Per attirarmi a sé.

Invece no.

Il suo corpo si allontanò da me.

In un attimo. Avvertii il freddo. Avvertii la pioggia.

Lo fissai inerme. Non riuscivo a comprenderlo. Ero perplessa. Amareggiata. Confusa.

LUI

Finalmente era di nuovo tra le mie braccia. I nostri corpi aderivano smaniosi. Di nuovo.

La pioggia le accarezzava il volto. Le gocce tra i capelli brillavano di luce propria. Sfolgorante.

Era bellissima. La strinsi a me.

Ero bramoso. Quando ero con lei. Sempre.

Eppure, non appena chiusi gli occhi e accostai le mie labbra alle sue. Pericolosamente. Sentii solo la rabbia ribollire. Ricordai quel gioco. La vidi arrossire nel ricordo di quel primo bacio. Osman era il suo primo amore. Un amore storico.

Non seppi neanche definire la ragione della mia reazione impulsiva. Ma l'accettai. Mi distaccai. Senza indugiare. Senza oppormi. A malincuore abbandonai le sue labbra. Il suo profumo...

Quanto avrei voluto baciarla.

Ero arrabbiato. I suoi atteggiamenti narravano altro. Ardore, impeto, attrazione.

Ma i fatti rappresentavano la dicotomia emblematica.

Forse era confusa. Forse voleva semplicemente giocare con me. Non sarei stato io l'artefice dei suoi turbamenti.

Mi voltai. Fissai il parcheggio. La pioggia sottile e costante faceva da sfondo al mio umore cupo come il cielo.

Non la guardai. Era la cosa migliore. Un semplice sguardo mi avrebbe guidato al fallimento. Non avrei resistito. Non sarei riuscito a domarmi. Avrei parlato troppo. Ferendola. Oppure, peggio ancora, mi sarei riavvicinato a lei. Troppo. Per abbracciarla. Baciarla.

Per sentire di nuovo le sue labbra mie. Ma non lo erano. Le sue labbra non mi appartenevano.

Per sentire di nuovo il suo sapore, ma non mi apparteneva.

Era la migliore scelta. Distanza di sicurezza. Evitare il contatto visivo.

Qualcuno soggiunse.

"Tutto bene?" pronunciò rivolgendosi a lei. Era Osman. Era lui.

Si voltò. Mi fissò interrogativo. I suoi occhi neri indugiarono nei miei. Erano occhi puliti. Erano espressivi. Docili.

Se solo avesse saputo di quel bacio.

"Vado!" continuai. Abbandonandoli lì. Alle mie spalle.

Camminai sotto la pioggia.

Non m'importava di nulla. Volevo solo andare via.

LEI

Lo guardai allontanarsi. Non parlai. Ero dubbiosa. Frastornata. I suoi atteggiamenti altalenanti mi confondevano. Ero confusa. Si avvicinava pericolosamente a me.

Le sue provocazioni. Il suo sguardo indomabile. Le sue mani. La sua bramosia.

Forse mi illudevo. Quel bacio probabilmente era stato un errore. Per lui.

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