la vidi e pensai solo a quanto fosse bella !

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LUI

Guidavo assorto. Gli occhi fissi sulla strada. D'un tratto poche gocce sporadiche annebbiarono il vetro anteriore della mia auto. Osservai il cielo. Due grossi nuvoloni minacciosi incombevano pesanti oltre una coltre di nebbia scura. Le poche gocce divennero più incessanti e frequenti. La pioggia carica contrastava in maniera costante il silenzio opprimente della mia auto. Avvertii quella pioggia come un presagio. Mi sentivo affine e compreso da quel clima inaspettato.

Calai solo di poco il finestrino e una brezza fredda indugiò violenta.

Non riuscivo a comprendere. Era qualcosa di diverso. La rabbia era mista al dispiacere. Non sentirla mia, nonostante ci avessi sperato grazie a quel bacio. Non sentirla mia, dopo che per pochi istanti lo era stata.

Ero inerme e non potevo più imporle la mia presenza. Mi feriva.

Era scappata via per abbracciarlo. Mi aveva dimenticato. L'ultima volta che l'avevo accompagnata a casa non aveva dimenticato di voltarsi per salutarmi prima di rientrare. Al resort avevo riservato a lei un ultimo sguardo prima di voltare l'angolo ed avevo incrociato i suoi occhi attenti e scrutatori. Non mi aveva mai dimenticato. Nemmeno nel locale.

E invece era bastato quel ragazzo a lavare via la mia presenza.

Tutto ora aveva senso.

Un tuono mi destò dal turbinio di pensieri. Accelerai. Volevo arrivare a casa. Volevo fare una doccia calda e rilassarmi. Distrarmi.

Impulsivamente telefonai ad Emre. Gli dissi di raggiungermi. Gli dissi che avevo bisogno di vederlo. Di passare del tempo con lui. Non volevo parlargli di nulla. Non volevo parlare di lei.

Avevo solo bisogno di distrazione.

Emre mi raggiunse a casa in pochi minuti.

Lo invitai ad entrare.

Scambiammo qualche commento.

Poi la conversazione finì.

Feci una doccia.

E preparai il divano letto nel mio salotto.

Non gli chiesi di trattenersi per la notte. Lo diedi per scontato. Quella notte non volevo restare solo.

Mi sedetti sulla mia poltrona. La schiena tesa all' indietro. Le mani davanti al volto. Ricordai il nostro bacio nell'acqua. Le sue mani sulla mia nuca. I nostri corpi. La sua dolcezza. La sua incontaminatezza. La sua semplicità così spontanea.

Perché?

Perché mi aveva baciato in quel modo?

Emre provò ad invogliarmi. Mi chiese di dirgli la verità.

Ma gli dissi che non avevo alcuna voglia di parlare.

Volevo silenzio. E lui me lo concesse con dignità.

Quella sera confermai ciò che già sapevo da sempre. I nostri silenzi esprimevano più di qualsiasi parola.

LEI

Ero finalmente nel mio letto. Osservavo la finestra. Come sempre, avevo spalancato le tende, cercando una quiete oltre quel vetro che contrastasse il mio animo inquieto. 

Ripensai a poco prima.

Avevo rivisto Osman.

La sensazione di felicità ritrovata in quell'abbraccio. La mia infanzia, la mia adolescenza, la mia vita. Avevo condiviso con lui parte della mia esistenza più di quanto ne avessi condivisa con mia sorella. Il distacco non aveva cambiato nulla. Eravamo noi, sempre noi, di nuovo noi.

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