due anni dopo

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DUE ANNI DOPO

LUI

Il contrasto tra le mie aspirazioni e la realtà nella quale mi trovavo, mi portò inevitabilmente a soggiogare le mie esigenze. Mi ritrovai in tutti i sensi catapultato in una vita del tutto diversa. Nuova.

Avevo abbandonato il resort. Per la prima volta nella mia vita.

Avevo preso le distanze da tutto. Da chiunque. Tranne Emre.

Un paio di telefonate e qualche videochiamata.

Avevo un umile lavoro. E una piccola casa in un microscopico quartiere.

Avevo anche un'auto nuova. Non che con il mio nuovo misero stipendio potessi permettermene una. Ma avevo pur sempre i miei risparmi. Il necessario che avevo ricordato di portare via prima di partire. Non avrei effettuato prelievi di alcun tipo. Non volevo rendermi facilmente reperibile.

Immerso in una vita sconosciuta, mi ritrovai incastrato in una routine altrettanto nuova.

Ogni mattina il tragitto da casa mia sino al luogo in cui lavoravo comportava una certa dose di pazienza. L'enorme e onnipresente scia di auto variopinte presenziava lungo la strada principale. Eppure, quel costante fastidio rappresentava per me una sorta di familiarità con la mia città.

Ritrovai le forze di condurre una vita apparentemente normale.

Ma la realtà era ben diversa.

Ero privo di emozioni.

I rari sorrisi erano transeunti: arrivavano e sparivano qualche secondo dopo.

Il benessere non riusciva a perdurare nel tempo. Avvertivo il vuoto.

Lo sforzo di non soffermarmi sul mio passato richiedeva più tenacia e più forza di quanta ne avessi realmente.

Ma cercavo di non soffermarmi mai su quel vuoto costante. Fingevo semplicemente che nulla del mio passato fosse esistito. O almeno ci provavo.

Ero lì. Quello era ciò che importava. Ogni qual volta un ricordo, una sensazione, riemergevano, innescavo qualche azione diversiva che mi deviasse dai miei pensieri.

Lo feci.

Infilai la chiave nel quadrante e misi in moto. Pronto ad affrontare il traffico.

Accesi il riscaldamento dell'auto.

Mi guardai attorno, fino ad incontrare il mio sguardo nello specchietto retrovisore.

Non riconoscevo neanche più me stesso.

I miei stessi occhi mi tradivano. Mentivano in modo poco convincente anche a me stesso.

Il vuoto era lì. Ogni tanto mi ci soffermavo, perdendomi in delle digressioni estranianti di ricordi e malinconie. L'oblio esiliante, così lo chiamavo io.

Nulla lo avrebbe celato. Neanche se mi fossi sforzato di non pensarci. Neanche se mi fossi convinto ad andare avanti. A dimenticarla.

Ma come si dimenticava ciò che era diventato parte di te?

Come potevo dimenticarmi di lei che era il mio respiro?

E forse l'errore era proprio quello. Io non dimenticavo il mio respiro. Semplicemente da quel momento non respiravo più.

Giustificavo quel vuoto costante così.

Ma in quei giorni la mia irrequietezza era riemersa più del solito.

Qualche sera prima. Mentre giravo la chiave nella serratura per chiudere il locale. In un angolo buio del deserto vicoletto, intravidi una donna dai capelli castani e un uomo, scambiare effusioni. Vidi lei, quella donna sconosciuta e riconobbi qualcosa di familiare.

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