non giocare con la mia gelosia!

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LEI

"Puoi prestare attenzione?" invitai Cey-cey troppo distratto.

"Se magari ti sbrigassi!" controbatté, a metà tra l'isterismo e la rabbia.

L'irritabilità del mio collega emergeva ogni qualvolta ci si presentasse un episodio lavorativo al di fuori dell'ordinario. E quella mattina il servizio fotografico era proprio uno di quegli imprevisti insoliti.

La scala traballò nuovamente. Cercai di stringere la presa della mano sul sottile cavo elettrico.

"Cey-Cey!"gridai, forse presa dal panico. Temei il peggio.

Erano circa due ore che cercavo di sistemare le luci, completamente in bilico.

Ikbal aveva affidato il lavoro a Cey-Cey, ma colto dalla sua irrefrenabile ansia, mi aveva supplicato di aiutarlo.

La scala continuò a trasmettere il tremolio frenetico delle mani di Cey-Cey.

Cercai di soprassedere. L'ansia del mio collega era la causa ultima dei miei problemi, quella mattina.

Quel giorno tutti erano iperattivi. Una parte del resort era delimitata e riservata al servizio fotografico.

Gli operatori alla macchina e l'assistente si occuparono di posizionare i paraluce lungo l'ambiente.

La costumista e la truccatrice allestirono il proprio angolo alle prime ore dell'alba. Per anticipare i tempi ed essere pronte all'avvio del lavoro.

Il sarto si affannava in un viavai, a causa di un imprevisto con uno degli abiti.

Lo scenografo si occupò dell'allestimento, supportato da alcuni colleghi.

Inquadratura e illuminazione erano affidate al direttore della fotografia, probabilmente in ritardo.

Mentre la gestione totale dell'intero servizio era delegata, mio malgrado, a Ceyda.

Un gruppo di lavoro affidabile e meticoloso, eppure, per quanto mi fosse stato riferito, la donna aveva insolitamente insistito a presenziare durante le riprese.

Mentre Cey-cey continuava ad angustiarsi in preda all'ansia, la scala continuava a traballare sotto ai miei piedi.

Quando finalmente avevo fissato il filo elettrico alla parete, in modo saldo e sicuro, avvertii Cey-Cey di rafforzare la presa pronta finalmente a scendere da quella scala.

Non rispose ed io indietreggiai lievemente.

Udii lo stridio della scala in modo pericoloso.

La scala cadde, ed io con lei.

Irrimediabilmente.

Finii per terra.

Ero sempre stata una temeraria. Osman ed io ci arrampicavamo ovunque sin da bambini. Ero una veterana. Sapevo benissimo come cadere da un'altezza limitando i danni.

Infatti, caddi su un fianco. Fortunatamente anche la presenza dell'erba agevolò la caduta.

Nonostante l'esperienza, nonostante la mia destrezza, avvertii una fitta al ginocchio destro.

"Accidenti, Sanem scusami!" gridò Cey-Cey sopraffatto dall'ansia.

Tutti i presenti erano rivolti verso me. Il vociare allarmato si acuì.

Avvertii un lieve senso di disorientamento, che tramortì la mia dignità in quel momento.

Qualcuno sopraggiunse alle mie spalle. Un tocco freddo lungo i miei fianchi. Erano delle mani sottili, sconosciute.

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