ricordare

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LUI

Ero davvero in grado?

In grado di ripartire da zero. In grado di comprare una casa. Di tornare a gestire il resort. In grado di sostenere una famiglia.

Ero perplesso e poco fiducioso.

Mille dubbi, troppe paure, poche certezze.

Mi focalizzai su quelle certezze. Due nomi: Sanem e Leyla.

L'istinto di proteggere Leyla superava qualsiasi mia paura.

L'istinto di proteggere Sanem superava ogni mia incertezza.

Ero concentrato. Troppo. Il clacson dell'auto incolonnata mi fece sobbalzare. Notai oltre il parabrezza che gran parte della strada dinanzi alla mia auto era vuota.

Accelerai e percorsi quel tratto libero. Tornai ad incolonnarmi alla fila d'auto scalpitanti.

E tornai a riflettere.

Tutta quella agitazione era per nulla.

Finalmente avevo ciò che avevo desiderato per due anni. Non poteva mancarmi il coraggio ora.

Non aggiunsi altro. Qualsiasi contraddizione sarebbe stata fuori discussione.

Dopo un lasso di tempo che parve infinito giunsi al resort.

Ero di nuovo lì. In quel resort che era un pezzo di me.

Molti dei miei dirigenti accorsero ad accogliermi. Fra loro c'era mio padre.

Anche la signora Ikbal si affrettò per raggiungere l'ingresso e accogliermi. Non era cambiata molto in quegli anni. Forse solo qualche ruga in più a segnare il suo volto.

Non notai grossi cambiamenti al personale. Pochi volti nuovi.

Mio padre provò ad aggiornarmi e ascoltai attentamente cercando di socializzare con quell' ambiente familiare, ma fin troppo legato al passato.

Seguì mio padre in silenzio. Una donna bassa e sconosciuta con indosso la divisa lavorativa mi riportò alla mente l'unica donna che avessi mai visto indossare quella divisa con un'eleganza innata e fascino attraente. Percorremmo il viale principale. Costeggiammo gli spogliatoi e ricordai il nostro scontro di corpi.

Mi persi in quel ricordo eloquente.

Sorrisi.

Fortunatamente mio padre di spalle non notò quel sorriso spontaneo.

Qualche metro dopo raggiungemmo il retro.

Anche i campi da tennis nascondevano un ricordo vivido.

Sorrisi. Ancora. Perché non potevo farne a meno.

Quel vortice di ricordi mi sommergeva gratificandomi. Erano ricordi vividi ed emozionanti.

Non ero uno sciocco a credere che quelli erano ricordi di una storia d'amore che non avrebbe avuto mai fine!

Giungemmo alla spiaggia.

"Queste amache sono nuove!" mio padre indicò la novità con un dito.

E invece che soffermarmi. Affondai la mente nei ricordi.

Il primo bacio.

LUI (...dal capitolo 5)

Sfilai solo le scarpe. E mi tuffai.

Nuotai immerso. Gli occhi aperti. La cercai e la vidi. Non riuscii a trattenermi. Le afferrai i fianchi cingendola tra le mie mani. La sua vita era così sottile. Si voltò. Era incredula. Un sorriso nascosto. Mi osservava. Questa volta non arrossì. La luna le illuminava il viso. Le gocce d'acqua fra i capelli brillavano.

In silenzio. Osservai quella bellezza così spontanea che non avevo mai visto. Bellissima. Non potei fermarmi. Ero smanioso, desideroso. Desideravo baciarla. Non si ritrasse. La baciai.

Le sue mani erano sulla mia nuca. Smaniosa mi attraeva a sé. Ci baciammo. A lungo. Il suo profumo mi inebriò. Continuai a baciarla desideroso. Non riuscivo ad averne abbastanza di lei. La strinsi a me più forte. I nostri corpi aderirono.

Fui percorso da un brivido e finsi indifferenza.

Il tour proseguì. Nonostante fossi poco attento. Poco lucido.

Mio padre provò a mettermi a mio agio. Una breve pausa al chiosco. Ordinò due caffè e scambiammo qualche chiacchiera.

Un paio di minuti dopo al resort giunse Ayca.

Non mi sorprese la sua presenza. Ma quella di Emre.

"Forestiero!"

"Principessa!" sfoderai quell'appellativo come ossimoro.

Per tenerle testa di tanto in tanto.

"Allora?" si rivolse a me. Risoluta. Come sempre.

"Puoi scegliere tu quale ruolo svolgere!" le offrii un lavoro.

Era sola. Lontana dalla sua famiglia. In una città sconosciuta. Anche se a giudicare da come Emre le ronzava intorno, non era poi così tanto sola.

"Cameriera ... sarebbe perfetto!" annunciò.

Accettai. Era abituata a gestire un ambiente ben più caotico di questo. Ero certo che si sarebbe sentita al posto giusto.

"Segui mio padre ... ti dirà tutto ciò che c'è di burocratico da svolgere!"

"Odio la burocrazia!" fece una smorfia e seguì mio padre.

Ne approfittai per scambiare qualche battuta con Emre. Non indagai. E non scoprii se effettivamente fra loro ci fosse qualcosa.

La giornata trascorse veloce. Tra nuove e vecchie conoscenze.

Ayca indossò la divisa.

Certo che nessuno potesse indossarla come la indossava Sanem.

Sanem ...

Dovevo prendere una decisione. Trovare il coraggio.

Riflettere...

Ebbi tempo di riflettere solo quando finalmente fui nel mio ufficio. Solo.

Cercai di riappropriarmi dei miei spazi.

Riflettei.

Dovevo solo trovare il modo giusto per fare quel passo.

Non volevo che il coraggio potesse ancora abbandonarmi.

Ad ogni rintocco l'idea di dover agire si faceva strada in me.

Dovevo provarci.

Come?

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