𝐝𝐨𝐯'𝐞' 𝐌𝐢𝐤𝐞

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"Scappate!"

"Mettetevi a ripa-"

L'esortazione travolgente di Mike venne mutilata da un'ulteriore esplosione, più vicina e più distruttiva. Ci mettemmo tutti dietro qualcosa di utile alla sopravvivenza. Io venni tirata da Namjoon per un braccio dietro ad un muretto di cemento armato, la migliore protezione che potessimo trovare in un luogo deserto come quello. Se non fosse stato per lui, sarei stata spazzata via come polvere sotto il tappeto.

"Grazie..." Dissi affaticata.

Lui accennò un semplice e genuino sorriso. Uscimmo allo scoperto e andammo alla ricerca del resto della squadra. Sembravano stare tutti bene, eppure ne mancava uno all'appello, mancava quella mosca fastidiosa che da settimane riempiva le mie noiose e silenziose giornate di dolci ronzii volanti: Mike.

"Dov'è Mike?" Chiesi.

Gli altri si guardarono attorno, notando anche loro che colui che era sempre il primo a rispondere agli ordini non era balzato fuori dal nulla come sempre era solito fare. Sentii il cuore iniziare a farsi portavoce di pensieri negativi. Per quanto avessi odiato Mike in quelle settimane, sia per la sua lingua troppo lunga, sia per le verità fredde che mi buttava addosso ogni benedetto giorno, mi resi conto che non potevo nemmeno immaginare una guerra senza Mike al mio fianco, che mi guardasse le spalle, che mi facesse da consulente, amico, psicologo. Non me ne resi conto subito, ma per un attimo mi alienai dalla realtà. Intorno a me si venne a formare una bolla resistente che mi impediva di sentire e vedere ciò che mi circondava. Il mio sguardo era fisso su un punto all'orizzonte, ma la vista era sfocata e la messa a fuoco era pessima. Sentii solo un braccio strattonarmi con forza repentinamente.

"Vuoi forse morire per caso?" Mi chiese serio dopo che un masso pesante cadde di fianco a noi.

Rivolsi lo sguardo verso i suoi occhi neri come la pece e ci parlammo a vicenda stando in silenzio.

Sospirò e accennò un lieve, ma percepibile sorriso.

"Lo troveremo, vedrai. Adesso però dobbiamo andarcene da qui." Disse Jimin dandomi una delicata pacca sulla sulla spalla per poi dirigersi verso gli altri.

Io lo seguivo, attenta a dove mettessi i piedi e a non inciampare, continuando a guardarmi intorno alla ricerca di Mike, che nel contempo sarebbe potuto essere dovunque e in nessun luogo.

E se fosse rimasto bloccato? O peggio, ferito?

Sapevo che quell'idea fosse sbagliata, lo sapevo eccome, ma la mia mente, in quel momento, mi urlava di tornare indietro e di salvarlo. Così iniziai a correre dalla parte opposta degli altri tra le macerie e i bombardamenti.

"Layla! Dove stai andando? Layla?!"

Urlavano, ma ormai nelle mie orecchie vibravano rumorose le esplosioni a cadenza funebre. Mi accorsi solo dopo che Jimin mi stava seguendo in quell'impresa folle. Poi mi fermai e mi voltai verso di lui. Ci ritrovammo l'uno di fronte all'altro. Ci dividevano solamente una decina di metri di vuoto.

"Che ci fai qui?" Chiesi a voce alta, mentre il vento spostava i miei lunghi capelli dalle scapole, scoprendo le clavicole.

"È una pazzia, Layla, torniamo indietro."

"Hai detto che non si lascia nessuno indietro Jimin! Lo hai detto tu!"

"È per questo che sono qui! È pericoloso."

"Ma dobbiamo trovare Mike!"

"Layla, andiamocene..." Disse tendendo la mano verso di me.

"Perché? Perché non lo cerchi?"

Lui non rispose, continuava a guardarmi, speranzoso di convincermi a tornare alla base dagli altri e a scappare da quel luogo che ci stava crollando sulle teste. Ma io ero irreversibile; nella mia mente splendeva limpido nel buio solo il desiderio di trovare Mike e di riportarlo sano e salvo a casa, ovunque questa fosse stata.

"Layla... Mike è-"

Boom.

Un altro missile attaccò il palazzo e interruppe la voce di Jimin. Tra di noi si alzò un velo polveroso che impediva di vederci. Ero a terra con le mani sul capo per proteggermi; solo quando sembrava tutto finito mi rialzai lentamente.

"J-Jimin stai bene?"

La polvere scese e finalmente riuscii a scorgerlo a terra, disteso, mentre si teneva la spalla  sofferente. Accorsi da lui per soccorrerlo. In un attimo, quella mente offuscata dalla paura per Mike, si trasformò in lucidità. Strizzai gli occhi come se mi fossi risvegliata da un lungo sonno profondo. E fu lì che mi resi conto di aver posto in primo piano, di nuovo, i sentimenti.

"Sto bene." Disse alzandosi.

"Stai sanguinando."

"Non è niente." Rispose. "Adesso mi credi quando ti ho detto che qui è pericoloso? Forza, andiamocene."

Lo seguivo con la testa china, massacrandomi le mani con le unghie, facendo fuoriuscire dal palmo gocce di sangue. Capitava spesso, ma mai per la rabbia di aver commesso un errore di valutazione, mai per un amico disperso, mai per la disperazione della morte di un compagno.

"Smettila di torturarti le mani." Disse senza neanche voltarsi.

"Eh? Di cosa stai parlando?"

"Ogni volta che senti di aver fatto una cazzata, inizi a maciullarti le mani."

Mentre Layla si guardava i palmi insanguinati, chiedendosi che cosa inconsapevolmente stesse combinando, Jimin ripensava alla scena raccapricciante di qualche attimo prima. L'aveva visto con i suoi stessi occhi, aveva visto Mike saltare in aria come coriandoli grigi e poco festosi, lo aveva visto morire sotto le bombe russe e sorridere, sorridere ad uno sconosciuto, perché Jimin per Mike era tale. Jimin per Mike era solo un conoscente, ma gli sorrise così genuinamente che il ragazzo dai capelli biondo cenere si sentì sorprendentemente sollevato.

E sul punto di morte gli disse: prenditi cura di lei.

𝐋𝐚 𝐝𝐢𝐟𝐟𝐞𝐫𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐭𝐫𝐚 𝐦𝐞 𝐞 𝐭𝐞 |𝐏𝐚𝐫𝐤 𝐉𝐢𝐦𝐢𝐧|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora