𝐜𝐚𝐬𝐚

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Eravamo sulla strada di casa.
Ma cosa dico? Quale casa?
Intendevo dire che eravamo sulla strada per gli accampamenti militari. Già, quelli erano oramai la nostra casa.
E quei ragazzi la nostra famiglia.
Io e Jimin, da soli e in silenzio.
Il rumore del motore del fuoristrada nascondeva implacabile le grida al di fuori dei finestrini. Sentivamo solamente ciò che avevamo dentro, ciò che ci era rimasto dopo quella giornata. Dolore. Tanto dolore che celavamo dietro i nostri sguardi, dietro i nostri occhi. Nessuno dei due aveva intenzione di parlare, non ne avevamo le forze. Avrei voluto dirgli qualcosa per tirarlo su, ma io ero la prima ad aver bisogno di un sorriso. Non avrei potuto aiutarlo. Non in quello stato. Mi guardavo il braccio sul quale si era venuto a formare un piccolo livido per il prelievo. Lo guardavo con tanta voglia di amputarlo, perché tutto quel sangue che avevo versato non era bastato per salvare Jungkook.

"Perché non l'hai operato tu?" Chiese Jimin spezzando quel silenzio.

Quella domanda, ad essere sinceri, mi colse impreparata.

"Io..."

"Avresti potuto salvarlo!" Alzò la voce.

Faceva paura. Ingoiai la saliva e non risposi.

"Jimin..."

Lui accostò il veicolo, si fermò e appoggiò il capo sul volante. Iniziò a singhiozzare. Ed io, io che in quel momento stavo facendo di tutto pur di non piangere, mi lasciai sfuggire una lacrima che aveva un sapore così amaro da lasciarmi la bocca secca e paralizzata. Perché le parole non avrebbero cambiato nulla. Assolutamente nulla.

"Perché non l'hai operato?" Ripetette piangendo, supplichevole.

"Io non ci ho capito niente! Jungkook stava perdendo troppo sangue, non avrei fatto in tempo a prepararmi e ad entrare in sala operatoria! Sarebbe morto!"

"Ma lui è morto! Lo avevo lasciato a te, mi fidavo di te!"

"Sai cosa Jimin? Vaffanculo!"

Scesi dall'auto, sbattetti lo sportello e guardai il ragazzo allontanarsi a tutta velocità.

"Bravo! Scappa! Vigliacco! Sei bravo solo a buttare merda sugli altri..." Gli urlai da lontano, iniziando a camminare per una direzione sconosciuta.

E fu così che mi ritrovai per una strada sterrata, in mezzo al nulla. Dispersa, disorientata e debole, senza sangue e senza cibo. E fu in quel momento che mi misi a ripensare a quello che avrei potuto fare. Mi misi a ripensare alle parole di Jimin. E se avesse avuto ragione? Se Jungkook fosse morto per colpa mia? Ma i pensieri senza fonti energetiche assimilate non hanno lunga vita, se non in un sonno incosciente. Caddi a terra senza forze, su un terreno arido e sabbioso, aspettando che qualcuno venisse a prendermi, mentre continuavo a rimuginare sulla morte di Jungkook, su quel ragazzo d'oro, venuto a mancare troppo presto.

~~

"Hey ragazzi..." Disse Jimin agli altri, una volta ritornato alla base dopo qualche ora.

Tutti avevano gli occhi arrossati, gonfi e lucidi e nessuno riusciva ad andare a letto.

"Dov'è Layla?" Chiese Jin al ragazzo.

"Non è ancora tornata?" Rispose Jimin stranito.

L'aveva lasciata sul ciglio della strada, è vero, ma quel luogo non era poi così lontano dall'accampamento militare. Sarebbe dovuta essere già rientrata. Jimin uscì fuori dalla tenda e insieme a lui anche Taehyung.

"Cos'è successo?"

"Abbiamo litigato. O meglio, le ho urlato contro..." Disse il biondo, passandosi le mani tra i capelli e tirandoli indietro, preoccupato.

Taehyung abbracciò l'amico.

"Tornerà vedrai."

Ma a Jimin questa teoria non convinceva molto.

"L'aspetto io, voi andate pure a dormire." Disse il ragazzo.

~~

Erano ormai le undici di sera, ma di Layla neanche l'ombra. Jimin continuava ad aspettarla seduto su una sedia, giochicchiando con un coltellino e facendo tremare insistentemente la gamba destra su e giù. Avrebbe voluto mangiarsi le mani, tornare indietro nel tempo. Avrebbe voluto tapparsi la bocca nel momento in cui stava per sfogare tutta la sua ira contro Layla. Così, decise di andare a cercarla. Prese il giubbotto antiproiettile, se lo infilò e mise in moto l'autovettura.

"Dove stai andando?" Chiese Yoongi.

"A prenderla."

Il commilitone sorrise, e immediatamente capì che Layla, per Jimin, era diventata una certezza e che lui avrebbe fatto di tutto per lei. Anche morire, se fosse stato necessario.

~~

"Layla!"

Jimin continuava a chiamarla, fino a quando non scorse a terra una figura femminile. Si avvicinò velocemente e controllò se fosse ancora viva.

"Layla, svegliati!"

Ma la ragazza continuava a tenere gli occhi chiusi, troppo stanca per parlare, ma vigile e attenta, e sapeva alla perfezione che Jimin era lì. Sentiva tutto anche se non riusciva a reagire. Era pallida. Jimin la prese in braccio delicatamente. Lei gli cinse il collo con le braccia, aggrappandosi a lui e poggiò la testa sul petto del ragazzo. Sentiva il suo battito cardiaco accelerare leggermente, forse per lo sforzo. I lunghi capelli castani le scivolavano sulla schiena, trafitti dal venticello notturno afghano.

"Mi dispiace per quello che ho detto prima..." Sussurrò lui, pensando di parlare da solo. Ma Layla lo sentiva benissimo e accennò un lieve sorriso. "Sono stato uno stupido. Me la sono presa con te, quando tu non c'entravi niente. Avevo solo bisogno di tirare fuori la mia rabbia e tu eri l'unica persona su cui potevo farlo."

Ma quando alzò il capo in direzione del rumore di un motore, si rese conto che era troppo tardi per andarsene via.

"Cazzo."

𝐋𝐚 𝐝𝐢𝐟𝐟𝐞𝐫𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐭𝐫𝐚 𝐦𝐞 𝐞 𝐭𝐞 |𝐏𝐚𝐫𝐤 𝐉𝐢𝐦𝐢𝐧|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora