Attenzione!⚠️
Nelle prossime pagine troverete immagini che potrebbero urtare la vostra sensibilità. Le foto non sono reali e non appartengono alla vita vera dei personaggi, ma sono degli edit che ho trovato su Internet e che ho deciso di inserire nella storia.~~
Lo vedevo lì, disteso su quel letto d'ospedale, senza forze e senza alcuna reazione ai farmaci e alle cure somministrate. Dormivo da giorni su una sedia scomodissima e non mi allontanavo nemmeno per pochi minuti da quella stanza. Ero convinta che se me ne fossi andata, lui si sarebbe svegliato e non avrebbe trovato nessuno al suo fianco. Così, uscivo dalla camera solo per parlare con i dottori o per andare a comprare un caffè, anche se in Germania i caffè non erano poi un granché. Tutti erano tornati a casa propria, tutti tranne io e Taehyung, che avevamo deciso di rimanere insieme a Jimin a Berlino, l'ospedale più vicino che si era reso disponibile per operare il ragazzo e per offrirgli le cure migliori.
"Non credi che tu debba riposare un po'?" Mi chiese Taehyung in maniera retorica.
"Sto bene, non preoccuparti."
"Sono giorni che sei rinchiusa qui. Almeno vai a farti una doccia calda."
In effetti il mio aspetto non era dei migliori.
"Rimango io con lui. Non lo perderò di vista nemmeno un secondo. Dopotutto, sono anche io un medico." Disse mettendomi una mano sulla spalla.
Io accennai un sorriso e mi diressi verso l'uscita dell'ospedale. Camminavo e guardavo con occhi luminosi le luci della Berlino illuminata al tramonto del Sole, mentre i giovani uscivano per una birra e gli anziani rincasavano a causa del freddo. E quel freddo secco che penetrava sotto i miei pesanti indumenti non era nulla al freddo causato dall'assenza di Jimin. Non avrei mai pensato che mi sarei sentita così per una persona che fosse diversa da Nathan. Riflettevo su quello che ci eravamo detti quel giorno, poco prima della tragedia, poco prima che tutto andasse a rotoli. Camminavo e, di fronte alle mie iridi, quel maledetto senso di inadeguatezza rimaneva fisso e immobile, come se tutta quella situazione fosse la punizione divina per un qualcosa che non avremmo mai dovuto fare, perché vietato dalla legge del più forte: amarsi. In un mondo fatto di gerarchie come quello militare, l'amore non aveva una parte. Non aveva un nome. Era semplicemente sconosciuto e ignoto. Ed era giusto che fosse così. Non puoi uccidere qualcuno che ami. Se, in una situazione d'emergenza, dovessi scegliere tra salvare la persona che ami e un altro uomo con una percentuale maggiore di sopravvivenza, senza ombra di dubbio, sceglieresti la persona che ami. Non si chiama amore questo, bensì egoismo. Egoismo di tenere in vita ciò che rende felice noi e non ciò che rende la vita degli altri più felice. E camminando trascorsi la serata, tra il fresco venticello tedesco e il lago congelato dove i bambini pattinavano, pensando a quanto sarebbe stato bello condividere quel momento con Jimin e con gli altri, magari lontano da lì, magari a Seoul. Stavo davvero prendendo in considerazione di andare in Corea? Per così poco? Per Jimin? Stavo davvero decidendo di cambiare la mia vita e di andare dall'altra parte del mondo solo per un uomo? Mi sembrava di star tradendo Nathan. Così alzai gli occhi al cielo sereno, immaginando che anche Yoongi la notte successiva avrebbe visto la stessa stella che stavo guardando io in quell'instante e che quindi avremmo avuto ancora qualcosa che ci avrebbe tenuti vicini, come un mezzo di comunicazione, ma senza usare le parole. Gli astri numerosi splendevano su quel quadro nero e macabro, scenario di sanguinose battaglie e terribili ricordi.
Berlino.
Berlino, città carneficina. Città nuova con una storia oscura. Ed io, di fronte alla porta di Brandeburgo, piangevo per paura di aver fatto la stupidaggine più grande della mia vita: aver rinunciato alla felicità. Ero terrorizzata dal fatto che ormai, la mia vita avesse preso quella piega irreversibile. Prima Nathan, poi Jungkook e adesso Jimin. Forse non avrei mai dovuto amare nessuno, era come se avessi condannato tutti loro ad una morte certa, come se li avessi indirettamente mandati al patibolo. Ed ero stanca di ciò. Io volevo essere libera dalle ingiustizie e dalle intemperie della vita. Volevo decidere io il mio destino. Ma, purtroppo, nessuno mi aveva donato dei poteri magici, ne tantomeno vi ero nata. Dovevo accettare la realtà.
Ormai... tutto era chiaro.Mi distesi sul divano in quell'appartamento in affitto e gli occhi pesanti lasciarono spazio all'incoscienza: a Nathan. Anche quella notte era tornato per ricordarmi il suono della sua voce. Ma questa volta per dirmi qualcosa di importante.
"Layla, va' da lui."
"Ma-"
"Niente ma, ti ho sempre detto che rifletti troppo sulle cose. Tu lo ami."
"Non è vero, io amo te."
"Layla, io non tornerò da te. Quindi vai avanti. Io sarò sempre accanto a te."
Mi svegliai di scatto tutta sudata. Avevo la pelle d'oca come se qualcuno mi avesse appena toccata delicatamente. Un brivido mi attraversò.
Ma improvvisamente il telefono squillò.
Era Taehyung.
Il mio cuore saltò un battito e le mani incominciarono a tremare; e incerta avvicinai l'iPhone all'orecchio."Che c'è? Non vieni a trovarmi?"
Sul mio viso si formò un sorriso a trentadue denti e immediatamente iniziai a correre verso l'ospedale.
Sempre più veloce.
Sempre più impaziente.
Correvo e non vedevo l'ora di stringerlo a me.
Forte.
Con affetto.
Con amore.
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𝐋𝐚 𝐝𝐢𝐟𝐟𝐞𝐫𝐞𝐧𝐳𝐚 𝐭𝐫𝐚 𝐦𝐞 𝐞 𝐭𝐞 |𝐏𝐚𝐫𝐤 𝐉𝐢𝐦𝐢𝐧|
Fanfiction24 febbraio 2022. Sette giovani ragazzi speciali si ritrovano a combattere per la patria di qualcun altro. Ma cosa accadrebbe se la mente di uno fosse offuscata dalla paura di perdere una cara conoscenza di trincea?