CAPITOLO 7

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La stanza era vuota... era sparito tutto.

Non vi era più nulla che identificasse chi viveva in quella piccola casa, a Barcelona. Niente giocattoli a testimoniare la presenza di un bambino... Niente pentole o tegami in cucina per provare che ci viveva una madre che tutte le sere preparava la cena. Perfino le coperte che di solito erano in un angolo della zona soggiorno erano sparite.

C'erano solo degli sconosciuti che gli sorridevano. I suoi giocattoli non c'erano più, ma la cosa peggiore era che sua madre se n'era andata. Lui aveva continuato a chiedere dove fosse, finché era rimasto senza voce, ma nessuno gli aveva risposto.

Solo sorrisi e rassicurazioni che tutto sarebbe andato bene, quando lui sapeva che nulla sarebbe mai più stato come prima. La stanza era vuota e lui non riusciva a trovare niente che gli servisse...

"No!"

Iker gridò e si svegliò madido di sudore, con il cuore che gli martellava furioso nel petto.

"Un'altra volta quel maledetto incubo! Un'altra volta quella stanza vuota!" disse lui passandosi una mano sul viso, come per allungare i brutti ricordi.

Si guardò intorno, cercando di fare mente locale dove fosse... Fece un respiro profondo. La stanza dove si trovava adesso non era vuota e lui dormiva in un enorme letto matrimoniale con morbide coperte e cuscini che ne coprivano ogni centimetro. In un angolo scorse il suo cassettone e, sulla parete, la TV a schermo piatto.

Tutto era al proprio posto e la cosa più importante era che lui non era più un bambino disperato e inerme, ma un uomo potente, che si trovava in cima al mondo. Eppure, per qualche ragione, nonostante la consapevolezza di avere avuto il solito incubo, la sua inquietudine non diminuì. Si sentiva ancora il petto serrato, come se una grande mano gli stesse stringendo la gola.

Si alzò dal letto e andò al mobile bar accanto alla porta della sua camera. Aveva bisogno di un drink e poi avrebbe potuto tornare a dormire. Accese la luce e prese una bottiglia di scotch, versandosene una dose generosa.

Mentre si portava il bicchiere alle labbra, ripercorse il sogno nella sua mente e di colpo il viso del bambino cambiò. Non era più lui, ma un piccolo con l'espressione ribelle e i capelli ondulati e scuri come quelli di una donna che conosceva molto bene.

Iker imprecò e sbatté il bicchiere sul bancone del bar. Non c'era ragione perché lui prendesse parte alla vita del figlio che Levana stava aspettando. Le probabilità che lei fosse veramente incinta erano scarse e che il figlio che portava in grembo fosse suo ancora più esigue.

No! Quella era un'altra tattica per sfruttarlo. Quella donna era una truffatrice, proprio come suo padre, e lui lo sapeva benissimo. Sì è vero, quando avevano fatto sesso era vergine, ma forse sotto, c'era un piano ben preciso... Iker non poteva esserne certo, ma doveva essere così.

Doveva dimenticarsi di quella donna! Si sarebbe limitato a mandarle ogni mese una cospicua somma di denaro, ma niente di più. Lei e il bambino sarebbero stati adeguatamente assistiti e lui avrebbe potuto continuare la propria vita, come se lei non fosse mai esistita.

Di colpo, gli apparvero nella mente un paio di grandi e tristi occhi marroni. Iker fissò il bicchiere di scotch e lo scagliò contro la parete, osservandolo fracassarsi. Si lasciò dietro una macchia scura, uno spruzzo di liquido e cocci di vetro sul pavimento.

Non gli importava! E non avrebbe dovuto importargli nemmeno di Levana Phillips e del bambino che poteva o non poteva aspettare!

'Abbandoneresti tuo figlio? È questo che sei diventato? Hai dimenticato come ci si sente?' sentì una voce nella sua testa, una voce che conosceva molto bene.

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