CAPITOLO 9

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Lei tenne gli occhi fissi nei suoi e obbedì, decidendo in quell'istante che non le avrebbe portato nulla di buono combatterlo.

"Iker, perché vuoi che io rimanga?" chiese.

"Ho pensato molto. Desidero essere presente nella vita di mio figlio e voglio che anche tu lo sia. Io rimasi orfano di entrambi i genitori in tenera età e non posso deliberatamente fare lo stesso al mio bambino."

"Io... Io la penso allo stesso modo. Almeno per quanto mi riguarda."

Era la verità... Essendo cresciuta senza una madre, Levana non aveva mai contemplato di rinunciare ad un figlio. Sapere che sua madre l'aveva lasciata con un padre imbroglione, inadatto a prendersi cura di una bambina, e non si era mai più preoccupata di contattarla, le aveva causato molto dolore. Era impensabile che facesse la stessa cosa.

"Allora è deciso. Possiamo fissare una data per il matrimonio?"

"Io non voglio sposarti."

"Okay... Il matrimonio non è necessario. Su questo punto sono flessibile, ma credo che dovremmo condividere una casa, non credi? Sarebbe scomodo per il bambino andare avanti e indietro tra il tuo piccolo appartamento e una delle mie case."

"Stai suggerendo di andare a vivere insieme?"

"Se ti rifiuti di sposarmi, andrà benissimo anche la convivenza."

"Ma... non capisco. Tu non puoi desiderare una relazione con me..."

"Naturalmente che non la desidero."

Lui gettò là le parole con indifferenza.

"Non m'importa nulla di te, se non per quello che tu significhi per nostro figlio. Anche se ci sposeremo, continueremo a condurre le nostre vite separatamente."

"Ti ho detto che non voglio sposarti."

"Ed io non ho insistito su quest'argomento," replicò lui. "Solo che la ritengo una scelta."

"Iker... Tu mi credi riguardo al bambino?"

"Sì."

"E lo vuoi... Insomma... Vuoi essere veramente presente...? Essere un vero padre?"

"Sto per diventarlo, Levana. Questo significa che dovrò esserlo," rispose Iker, un po' meno sicuro del solito.

"Perché hai cambiato idea?"

"Vivevo a Barcelona quando ero piccolo."

Si appoggiò indietro alla sedia.

"Stavamo in Raval, un quartiere molto povero e malfamato. Vivevo lì con mia madre. Non ho mai conosciuto mio padre. Un mattino, mi svegliai e trovai la casa era vuota... Era stato portato via tutto quanto e c'erano degli sconosciuti. Mia madre non c'era ed io continuavo a chiedere dove fosse, ma nessuno mi rispondeva. Più tardi, scoprii che era stata uccisa mentre tornava a casa dal lavoro. Suppongo che il padrone di casa si fosse preso tutti i nostri averi e mi avesse lasciato da solo, ma non conosco i dettagli... Cose del genere sono sempre difficili da scoprire, rimangono solo ricordi d'infanzia. Le reminiscenze di un bambino di cinque anni non sono sempre chiare, ma io so bene cosa significhi essere soli e sentirsi persi."

C'era uno sguardo distante nei suoi occhi scuri, un pozzo profondo di cui lei non riusciva a vedere il fondo, così diverso dalla sua abituale indifferenza.

"Non desidero questo per nostro figlio. Esigo che abbia una vera casa ed entrambi accanto a sé. Se mai dovesse svegliarsi nel cuore della notte, non voglio che sia solo."

Levana si sentì serrare il petto. Guardò il suo piatto e prese a giocherellare con un'oliva. Le emozioni la facevano sentire a disagio. In particolare, quelle delle altre persone.

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