CAPITOLO 16

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Il telefono di Levana suonò verso le tre del mattino. Iker guardò nell'oscurità, mentre i suoi occhi si focalizzavano sul soffitto. Non si mosse. Accanto a lui, Levana gemette, si stirò e lui sentì il materasso schiacciarsi mentre si metteva a sedere.

"Pronto?"

La sua voce era roca e assonnata e Iker la trovò stranamente molto sexy.

"Che cosa vuoi? Perché mi stai chiamando?"

Bruscamente il suo tono s'indurì. La sentì alzarsi dal letto e rimase immobile.

"Per quello che ne sai, potrei essere in galera!" esclamò lei in un sussurro furente. "Non che tu ti sia preoccupato di controllare!"

'Suo padre... Dev'essere proprio lui!'

Iker non si mosse. Voleva che Levana rimanesse nella stanza a continuare a parlare. Soprattutto, avrebbe voluto toglierle di mano il telefono e gridare insulti all'uomo dall'altro capo, ma non era così che avrebbe potuto riavere indietro il suo denaro.

Per qualche ragione, in quel momento, si sentiva più furioso perché quell'uomo aveva lasciato la propria figlia a subire le conseguenze delle sue azioni.

'E tu hai fatto in modo che fossero vere conseguenze.'

Si sentì torcere lo stomaco e il rimorso lo travolse.

"Lo avresti visto al notiziario? Questa è veramente carina!"

La porta della camera da letto si aprì e la voce di Levana svanì. Iker gettò le gambe oltre il bordo del materasso e si alzò, poi, senza fare rumore, si diresse verso la porta.

Lei l'aveva lasciata socchiusa e ne approfittò, indugiando nell'ombra del corridoio, mentre faceva del suo meglio per riuscire ad afferrare il resto della conversazione.

"Devi restituire il denaro! Tutto quanto!" stava dicendo Levana.

Il respiro gli si fermò nel petto. Se suo padre lo avesse restituito, Iker avrebbe perso gran parte del suo potere su di lei. Di certo, legalmente, avrebbe avuto ancora diritti, ma il suo vero obiettivo era sempre stato la restituzione della somma che gli era stata sottratta e Levana lo sapeva.

Il fatto era che lui non l'avrebbe mandata in galera e l'avrebbe anzi protetta, non importava come. Ma, se lei lo avesse saputo, forse avrebbe scelto di non rimanere e questo era inaccettabile. Iker aveva bisogno del proprio potere... aveva bisogno di lei.

"Lui sa! Lui sa chi sono!"

Ci fu una pausa.

"Sono con lui ora."

Un'altra pausa.

"Non sono maledetti affari tuoi, cosa ci faccio con lui!"

Suppose che suo padre stesse parlando di nuovo.

"Sì, in pratica vado a letto con lui e di nuovo non sono affari tuoi."

Fece qualche passo.

"La sua sgualdrina? Questa è comica detta da te! Tu sei un ladro e ti permetti di farmi la morale? Restituisci il denaro, perché se c'è una cosa che io non posso assolutamente fare è proteggerti da Iker. Lui farà quello che vuole, non ho alcun controllo sulla faccenda."

Doveva avere riattaccato perché un momento dopo, lasciò ricadere la mano lungo il fianco e lui la sentì sussurrare una breve imprecazione. Iker si scostò dalla porta e tornò a letto, in attesa che lei arrivasse.

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