8.Verità o bugia?

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«Come ti stai trovando in casetta?»

Chiedo, squarciando il silenzio che aveva alleggiato nel salotto per gli ultimi dieci minuti, dando ad entrambi il tempo di finire la propria tisana.

Credo sia stato il silenzio meno imbarazzante e anzi più pieno di serenità della storia, tant'è che sarei stata zitta accanto a lui ancora per ore.
Però si sa qual è il problema del silenzio: anche quando è piacevole, alla fine lo interrompi per forza perché hai paura che per l'altra persona non sia la stessa cosa.

Francesco si gira verso di me poggiando la testa sullo schienale del divano, guardando in alto per qualche secondo come se dovesse riflettere sulla risposta.

«Verità o bugia?»

Mi chiede ridacchiando, e io mi sistemo meglio accanto a lui pronta ad ascoltare cosa mi deve dire.
Sono girata su un fianco così da poterlo guardare bene in faccia, ma siamo a debita distanza perché mi pare di aver capito che siamo entrambi due persone che hanno bisogno dei loro spazi.

«Verità»

«La verità è che non posso dire di starmi trovando male. Insomma, sono tutti simpatici con me, scherzo con tanta gente e faccio tante chiacchiere leggere»

«Ma?»

«Ma io non sono tanto uno da chiacchiere leggere»

Risponde sbuffando una risata, e io sorrido perché in qualche modo lo immaginavo.
Resto in silenzio aspettando che continui a parlare, e lui inizialmente esita un attimo, come se fosse stupito dalla mia mancanza di interventi.

«Non mi aspetto di essere capito, però devi sapere che io preferisco stare da solo il 90% delle volte»

Comincia, guardandomi dritto negli occhi. Faccio caso solo in quel momento a quanto siano azzurri.

«E il restante 10% mi piace trascorrerlo con certe persone, ma sono poche. Ho questa strana idea in testa da quando sono piccolo, che vale la pena passare del tempo con qualcuno solo se quel qualcuno ti dà qualcosa»

Lo ascolto attentamente prendendo ogni sua parola come un qualcosa da cui devo imparare, mi accorgo di quanto le frasi che pronuncia siano profonde come le sue canzoni.

«Non deve essere per forza qualcosa di grande o concreto, può anche trattarsi solo di una sensazione»

Continua, distogliendo solo un secondo lo sguardo da me, e abbassando la voce che aveva involontariamente alzato un po' dimenticandosi di tutti gli altri che stanno dormendo.

«Se quella cosa non c'è, io preferisco stare da solo. Da sempre. Non sai quante cose si imparano su sé stessi quando si sta da soli»

Vorrei dirgli che lo so invece, ma rimango in silenzio perché sono davvero interessata a dove possa andare a parare questo discorso.

«E qui purtroppo non c'è la possibilità di scegliere. Abitando con 20 persone non si è quasi mai soli, mi sento come se dovessi rendere conto a qualcuno ogni volta che mi ritaglio del tempo con me stesso. È asfissiante»

Confessa, e quanto lo capisco.

«Lo pensavo anch'io all'inizio»

Mi permetto di rispondergli quando vedo che per il momento non ha intenzione di aggiungere altro.

«Mi sentivo soffocare, sempre circondata da qualcuno che voleva sapere perché stessi zitta o perché stessi da sola»

Francesco mi guarda e io mi sento in soggezione, i suoi occhi sono così azzurri anche al buio e mi sembra di guardare il cielo terso dell'estate.
Anzi, il cielo terso della primavera, più freddo e insolito.

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