5. 12 dicembre 2039

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12 dicembre 2039

Respirare. Che corsa incredibile compie un respiro. Dritta e imperterrita lungo la strada della vita. Per poi esaurirsi e tornare al punto di inizio, ma priva di stanchezza e con la stessa intensità ripartire. Consentendoti di esistere, ancora, ancora e ancora.

Manuel ci riflette al risveglio. Ringrazia la corsa dei suoi respiri, ora che scontati, i suoi respiri, non lo sono mica più. Forse non lo sono mai stati. Non lo sono per nessuno. O per lo meno non dovrebbero esserlo. Ciononostante, è così semplice cadere nella trappola dell'inesauribilità, credere che tutto sia banale a tal punto da perpetuarsi in eterno. Quando in realtà la battuta d'arresto è inevitabile eppure, scientemente inconsapevole, finisci ad accorgertene soltanto quanto la senti incombere come un sicario imbestialito e impaziente di pugnalarti alle spalle.

Ed è una lotta all'ultimo sangue adesso, tra il sicario che porta il nome fatale di Linfoma non Hodgkin al quarto stadio e i suoi respiri, che portano i nomi dolci di Jacopo e Simone.

La malattia contro l'amore, l'asfissia contro il respiro, la morte contro la vita.

E cazzo se è determinato per vincere. Non ha mai sentito tanta forza prima d'ora.

«Lo sai che se pensi troppo ti si brucia il cervello?» sovrappensiero viene destato e spaventato da Alex, che sul ciglio della porta ha un'espressione soddisfatta, di chi dopo tentativi reiterati e puntualmente falliti, è riuscito nel suo intento.

«Dieci anni di psichiatria per partorì 'sta stronzata?» ed è attraversato da una luce particolare e chi lo conosce bene se ne può rendere conto immediatamente.

«Di cui sei anni a lavorare per voi e farti tornare questo sorriso.» che la sua anima ride e allora si palesa in ogni frammento del suo corpo, anche se si sta sgretolando a poco a poco a causa dei suoi malfunzionamenti.

«Ricordami un attimo, quanti appuntamenti fallimentari gli avete organizzato tu e Diego?» un ghigno contento si insinua sul volto di entrambi «Più o meno una trentina ma non ne vado fiero» Manuel gli spintona scherzosamente la spalla, come ad esortarlo ad essere sincero «Ok, ne vado fiero» e confessa «Anche se alla fine lui ha sempre voluto te quindi non è di certo merito delle mie magagne se oggi siete di nuovo qui.»

Si riferisce principalmente a quella relazione stabile che è vero, aveva aiutato Simone a risollevarsi dal baratro, ma era comunque con la persona sbagliata in questo universo fatto di uniche combinazioni possibili.

«Perché siete di nuovo qui, vero?» questa domanda nascosta sotto le mentite spoglie di un rimprovero è in realtà una precauzione necessaria per assicurarsi che non si distruggano ancora. Che quei due, pensa, si annientano con una semplicità disarmante per il modo totalizzante con cui riescono ad amarsi.

«Non pensavo che l'avrei mai detto ma siamo di nuovo qui» gli pone la matassa ingarbugliata che alberga nei suoi pensieri tra le dita, affinché lui la sbrogli «anche se ieri stavo per rovinare tutto.»

«Non hai rovinato niente.» lo rassicura «Ma avrei potuto farlo e chissà quante altre volte perderò la lucidità e rischierò di farlo.»

Alex non decide di raccontargli bugie, sarebbe deleterio lasciargli credere che la paura dettata dalla malattia un giorno svanirà. Che per ogni sintomo lancinante non sentirà la sua scadenza sempre più vicina. Che le sue certezze non vacilleranno ai primi capelli caduti a ciocche. Che i suoi occhi non sanguineranno ogni qual volta noterà altri chili persi allo specchio. Che le sedute di chemioterapia non lo condurranno nel sentiero oscuro dell'impossibilità di riuscirci. Che ai responsi negativi non reagirà allontanando le persone a cui tiene per non farle annegare nella sofferenza con lui.

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