Capitolo dodici

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Passavamo la maggior parte del nostro tempo in hotel, e ormai avevamo anche fatto l'abitudine a stare insieme in mezzo alla gente anche senza volerlo, ovviamente senza cadere nelle occhiate indiscrete dei clienti e dei miei genitori; per il novecento hotel io e Tae eravamo amici, "l'amicizia tra il figlio del proprietario e il musicista."
Stufo di quella monotonia del giorno, chiesi a Tae se gli andasse di passare una giornata diversa. All'inizio fu interdetto, mi spiegò che non poteva girare da solo senza un uomo di scorta. Gli proposi di andare a Capri, un isola vicino alla costa e gli raccomandai che non sarebbe successo niente dato che andavamo in giorno settimanale, che era poco affollato: il suo tentennare iniziale diventò un accettare ed io gli saltai addosso dalla gioia.
Ancora non lo sapevo che quello, sarebbe stato l'ultimo momento passato con Tae.

Alla mattina partimmo presto, chiesi a mio padre di prenotarci il traghetto che ci avrebbe portato sull'isola e lui nonostante fosse contraddetto da questa insolita amicizia, accettò di accontentarmi; ci salutò sul bordo del battello quella mattina, raccomandandosi con me di comportarmi bene e mi diede un piccolo foglio di carta piegata con il numero del hotel all'interno:" in caso succedesse qualcosa! Mi raccomando kookie!" Quel nomignolo fece diventare il mio viso rosso dall'imbarazzo perché intanto dietro di noi, Tae se la sghignazzava e per tutta la durata del nostro piccolo viaggio non fece altro che prendermi in giro chiamandomi in quel modo ma, io non ero infastidito anzi, il suono della sua risata e il suo sorriso, rimpiazzavano quel sentimento ed io mi divertivo a sentirlo ridere o a vederlo sorridere.

Quando i nostri piedi toccarono la terra ferma, entrambi eravamo stati travolti dall'odore dei panni stesi sui filo di ferro, dalle cassette di frutta che animavano le strade, dai piccoli bar della piazzetta dove la gente seduta si gustava la granita del posto o il caffè, che non mancava mai.
Tae prese il suo capello e incominciò a sventolarsi sul petto facendo un po' aprire la sua camicia bianca che scopriva la sua pelle abbronzata. Qualcuno lo aveva riconosciuto, in lontananza sentivamo delle voci:" Oddio! È lui!" Qualcuno in dubbio non si avvicinava, forse pensavano che lo avevano confuso con il musicista vero e proprio, altri si avvicinavano per congratularsi in un inglese storpiato o eccellente per chi conosceva la lingua.
Lui gli sorrideva calorosamente e li ringraziava mentre aveva la mano appoggiata sul petto in segno di gratificazione: nonostante le persone lo bloccassero rendendogli un po' complicata la sua passeggiata a Capri, io ero contento, ero con lui nella mia isola preferita, nel mio posto preferito che racchiude la mia infanzia, che mi ricorda le piccole gite fuori porta con mia madre quando ero piccolo, e i bagni con l'acqua di un blu Marino mai visto, neanche sulla costa.
Niente poteva andare storto, assolutamente niente.
La nostra gita fuori porta durò un giorno, il personale di Taehyung si assicurò che non potevano perdere tempo, dovevano lavorare, il tour era vicino. Lo portai in una piccola spiaggia che conosceva mia madre che era solita a frequentare posti meno affollati e così quella spiaggia era rimasta così, piccola e poco abitata.
Quando entrambi entrammo nell'acqua limpida del mare ci schizzavamo a vicenda ridendo a crepapelle vedendo la faccia di Tae quando urlò che non voleva essere bagnato: incominciò una lotta tra chi riusciva a buttare il primo sotto l'acqua. Quella giornata era passata dai mille bagni, tra il cruciverba italiano che io gli traducevo, tra i baci nascosti sotto il telo da asciuga, e la sabbia che si attaccava al nostro corpo, insegnai a Tae a giocare a carte.

Ritornammo sul traghetto con i capelli bagnati dell'ultimo bagno fatto al tramonto che il vento del trasporto ci asciugò, Tae mi ringraziò della giornata dandomi un leggero bacio fugace sulle labbra, mi disse che non aveva passato una giornata così spensierata da molto tempo ormai, mi disse, queste parole che ancora oggi ricordo:" hai la capacità di farmi sentire una persona normale."
Quando ritornammo in Costa, non c'era mio padre a portarci in albergo con la vettura ma Alfred; pensai che mio padre, dato l'orario serale, aveva da fare e che non sarebbe potuto venire. Non ci feci caso finché non vidi da vicino il volto di Alfred, una leggera preoccupazione gli si leggeva in volto, evitò di guardarmi e prese i piccoli zaini che io e Tae avevamo sulla spalla, chiudendoli nel porta baule.
Mi girai verso Tae e mi sembrò che lui non si rese conto di niente e arrivai alla conclusione che fosse una mia impressione. Quando arrivai in hotel collegai tutto.
Alfred dopo aver appoggiato il bagaglio di Tae mi disse che dovevo raggiungere i miei genitori in casa, erano lì ad aspettarmi: il panico incominciò a salire, avevo paura che fosse successo qualcosa, che qualcuno avesse scoperto la mia relazione con Tae e subito amaramente mi pentì di averlo portato a Capri. Avvisai Tae che lo avrei raggiunto subito dopo aver parlato con i miei e vidi che anche lui si incominciò a preoccuparsi.
Quando arrivai a casa, vidi i miei genitori seduti nel tavolino in ferro bianco in giardino, nel lato della visuale del mare dove spesso trascorrevamo del tempo insieme. vidi mia madre con le mani incrociate a modi preghiera mentre i gomiti erano appoggiati al tavolo e la sua fronte appoggiate sulle sue dita e di fronte a lei mio padre, che giocava con una foglio, mi sembrò una lettera.
Gli chiesi cosa era successo, che mi avevano fatto preoccupare già da quando Alfred mi aveva comunicato di raggiungerli a casa. Mio padre parlò.

"Jungkook ti hanno chiamato per il servizio militare. Devi partire fra una settimana."
Si sporse con il busto in avanti per darmi una busta e lanciai un'occhiata a mia madre per capire se era scherzo, ma i suoi occhi mi diedero la conferma alle parole di mio padre.
Aprì la busta di colore marrone chiaro, e un foglio lèggeva:" ministero della difesa" e accanto "consiglio di leva".
Sarei dovuto partire fra una settimana.
Settembre non era ancora arrivato, eravamo quasi alla fine di agosto si, ma ancora mancavano dei giorni prima che partisse Tae.
Ma qualcosa andò per sbieco, sarei dovuto partire prima io.
Sentì il sangue gelarsi nelle vene.

The Novecento Hotel| TaekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora