21 giugno 1975, l'estate era arrivata all'hotel novecento.
Fissavo le piccole date scritte sotto i numeri dei giorni del calendario appoggiato al bancone; dietro di me nonostante l'orologio segnasse un orario di una tarda mattinata, si sentiva un via vai del personale, fare avanti e indietro per le sale e per le camere: il lavoro rispetto al mese di maggio era aumentato e ogni giorno arrivavano sempre più persone.
Osservavo mio padre passarmi di sfuggita davanti e dietro di lui Achille mentre mandavano le comande a chiunque vedessero con la divisa da personale che portava lo stemma dell'hotel quasi come se fosse quello di una famiglia reale.
Nel mentre io passavo le mie giornate tra uno sbuffo e l'altro e, ad ordinare le stanze per i rispettivi ospiti, Rosy da quel giorno in cui venne a sapere del famoso musicista di jazz non faceva altro che osservare la foto ritagliata male, parlare con le altre ragazze di questo ragazzo così bello che stava per alloggiare nel nostro hotel ed io non capivo l'entusiasmo, eppure vi erano ragazzi nel nostro hotel: cosa era che le attirava così tanto? Anzi consideravo le reazioni di Rosy al quanto esagerate addirittura era indecisa su cosa indossare quel giorno.
Alfred, l'usciere dell'hotel, era tra i pochi ragazzi con cui parlavo: era un ragazzo di origini francesi e arabe, magro e altissimo dalla pelle sempre dorata: parlando, uscì fuori l'argomento del musicista, e lui mi disse che anche mio padre era davvero teso dell'arrivo, era un musicista davvero importante e che sicuramente giocava a favore dell'hotel il fatto che lui alloggiava al Novecento. Gli chiesi una sua opinione e del perché le ragazze era così emozionate e lui mi rispose semplicemente: "sono ragazze che aspettano un giovane probabilmente non sposato! Solitamente arrivano sempre in dolce compagnia questi uomini non credi jungkook? Anzi sai cosa ti dico? Beati loro" mi diede una leggera spinta alla spalla facendomi barcollare e cercai un appoggio alla mano scorrevole della porta d'ingresso: quasi come se volesse cercare una mia approvazione alla sua opinione: a quella battuta rise solo Alfred.
Nessuna sapeva della mia omosessualità all'hotel e né tanto meno lui e non ero altrettanto disposto a raccontarglielo, non volevo dirlo a nessuno, non lo sapeva nemmeno Rosy; eccetto il ragazzo con cui condivisi la mia prima volta e che mi regalò la conferma di ogni mio punto interrogativo.
Park Jimin era un ragazzo nata e cresciuto in ma anche lui di origini coreane; non me lo dimenticherò mai nonostante per lui non provassi sentimenti forti ma solo attrazione fisica: non me lo dimenticherò mai per il semplice fatto che lui insieme a me conserva il mio primo bacio, la prima esperienza sessuale con un uomo. Veniva sempre in vacanza qui all'hotel Novecento con la sua famiglia, era più grande di me di tre anni e quando successe, avevamo rispettivamente io sedici anni e lui diciotto anni in riva al mare di sera; era stato magnifico e lo ringrazia di avermi liberato da un malessere che diventata sempre più pesante e che cercavo di rinnegare la mia vera essenza.
Io non ho mai amato nessuno, neppure Jimin che ormai non vedo da anni: tempo a dietro mi inviò una cartolina dalla Francia dicendomi che partiva per l'Australia e che non ci saremo mai più rivisti probabilmente, ma che ricordava l'estate del 73 come un dolce ricordo che non scorderà mai. Quando finì di leggere la piccola cartolina spedita direttamente dalla sua città, sorrisi e decisi di conservala nella piccola scatola di ricordi che nascondevo sotto il letto, ma non gli scrissi e fu così che quel segreto tramontò assieme al sole di quella sera e assieme al nostro addio.
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Passarono i giorni e pensai che il famoso ragazzo non sarebbe più arrivato dato che i giorni di giugno scivolavano via come un battito di ciglia e il mese prossimo si avvicinava sempre di più ed io non ero pronto perché i mesi dove vi era maggior lavoro erano luglio e agosto. Sentì il rumore di passi pesanti venire verso la reception dove il mio viso era lì schiacciato sul legno color ciliegio; sentì delle mani sbattere violentemente sul banco e io sobbalzai spaventandomi: era mio padre ed il suo viso era rossiccio peril caldo ed era visibilmente agitato più del solito ed io non capì il motivo fino a quando la sua bocca non pronunciò: "Achille! La camera 145 è stata preparata a dovere, vero? Ricorda ai camerieri che sta arrivando tra una decina di minuti." e collegai subito: ma evidentemente non solo io ma anche gli altri che lo sentirono, soprattutto Rosy e lo staff prettamente femminile che si avventò subito all'entrata dell'hotel dove vidi Alfred che si stirò con la mano il suo completo nero e il suo papillon rosso e da lontano mi sembrò di sentirlo schiarirsi la voce ed io rimasi lì dietro a quel bancone, la mia camicia azzurra era stropicciata data la mia postura che avevo assunto poco prima e giurai di aver sentito mio padre rimproverarmi per sistemarmi ma fu troppo tardi: dalle vetrate dell'entrata vidi una macchina nera che luccicava sotto il sole caldo di mezzogiorno, i vetri oscurati non permettevano di vedere chiaro chi ci fosse all'interno della macchina ma non fu solo questo, una sfilza di fotoreporter si avventarono verso la macchina, i flash delle loro macchine fotografiche catturavano la mia attenzione e si vedevano chiaramente nonostante fosse giorno.
Spostai lo sguardo verso la hall dell'hotel e vidi mio padre e Achille posizionarsi poco dopo l'entrata e con la coda dell'occhio vidi anche mia madre arrivare con un vestito a tubino bianco che gli fasciava la vita divinamente, eppure lei arrivava solo per l'ora dei pasti e per il resto delle ore delle giornate le trascorreva in un piccolo giardino dietro l'hotel riservato per noi oppure in spiaggia; si posizionò al fianco di mio padre.
Dalla cucina, che si trovava all'inizio del corridoio che conduceva alla prima ala dell'hotel del primo piano c'erano tutte le ragazze si erano ammucchiate alla porta e si udì uno stridulo "eccolo!" che catturò la mia attenzione e anche quella di Achille che fulminò in lontananza la figlia Rosy che si riconosceva in mezzo alle altre.
"Signor. Kim! Benvenuto al Novecento Hotel! È un onore ospitarla qui!" disse mio padre appena una figura oltrepassò l'entrata che Alfred aprì con disinvoltura.
Mi sporsi ancora di più dal bancone per vedere ancora meglio e quando mio padre si spostò assieme ad Achille, mia madre e tutta la fila di camerieri per fare strada al nuovo ospite il mio corpo subì una scarica elettrica che quasi mi spaventai e scrollai un leggero brividi neanche fosse arrivata una folata di vento improvvisa.
Il ragazzo accennò un sorriso tirato quasi da presuntuoso nei confronti di mio padre e disse un leggero "grazie" con un piccolo inchino e quando vide mia madre la salutò con un bacio sfiorato sulla mano che lei stessa gli porse e gli disse "Signor. Kim io sono la signora Reyes e sono una sua grande ammiratrice! Gradirei che una di queste sere in cui lei alloggerà ci potrà regalare un piccolo concerto." lui la guardò e gli sorrise dolcemente: "le promesse vanno mantenute e io glielo prometto." Tali parole suscitarono una risata leggera di mia madre.
Delle persone dietro il giovane ragazzo finirono di raccogliere i bagagli e non mi resi conto che venivano verso di me perché i miei occhi per tutta la durata erano puntati verso di lui: una camicia bianca uguale al pantalone segnavano il suo fisico magro e alto e dei capelli neri ondulati erano la cornice più perfetta che io avessi mai visto su un viso e la sua pelle così uguale alla mia risaltava ancora più la sua bellezza su quel bianco candido.
"Signor. Kim lui è mio figlio Jungkook!" disse mio padre battendo la mano leggermente sul bancone e io distolsi lo sguardo da lui che, intanto ispezionava l'hotel dall'alto fino al basso arrivando a guardare me e fu in quel momento che i nostri sguardi si incontrarono, potevo sentire lo sguardo di Rosy puntato verso di me e non solo, anche quello dei miei genitori che aspettavano una mia educata presentazione.
"Molto piacere di conoscerla Signor. Kim!" solo quello riuscì a dire mentre lui rimaneva lì a fissarmi senza spiccare parola fino a quando non si decise a farlo: "sei così giovane, puoi anche non chiamarmi signore." potrei giurare di averlo sentito ridere e subito mio padre si avvicinò per accettarsi che il Sign. Kim non si fosse offeso.
"Ehm si.. ho diciotto anni..." lo sputai fuori quasi come se fosse un sussurro ma lui ci sentì, anche troppo bene.
"siamo entrambi giovani allora, forse io sono più grande di te però preferisco che almeno un ragazzo come me mi dia del tu." mi sorrise, un sorriso così puro e bello che in quel momento volevo afferrare la macchina fotografica di uno dei fotoreporter al di fuori dell'entrata e scattargli una foto. Al primo impatto sembrava un ragazzo solito che arrivava all'hotel novecento ovvero il classico con la puzza sotto il naso, in realtà nonostante la sua fama mondiale, era una persona alla mano e gentile."mi auguro che la mia stanza sia pronta signor. Reyes! Se permetteste vorrei riposarmi dopo un lungo viaggio." disse mentre si voltò verso mio padre.
"Ah! Ma certo sign. Kim! Lei desidera sempre una camera col numero 145 e noi abbiamo esaudito il suo desiderio che non a caso è la stanza migliore dell'hotel novecento." continuò: "Jungkook chiedi ad fattorino di portare le valigie al signor e di accompagnarlo nella suite!" tentai di chiamare uno di loro ma fui bloccato con la mano da lui e, alzai lo sguardo nella sua direzione: "Jungkook, è così che ti chiami? Perché non mi accompagni tu? Magari mi racconti anche qualcosa dell'hotel novecento. Che ne dite signor. Reyes?" distolse lo sguardo da me per porgerlo dietro di lui dove si trovava mio padre che acconsentì con un cenno della testa e un debole "si" forse impaurito dalla mia non competenza ancora tutta da imparare.
"veramente io non sono l'adett-" cercai di spiegargli ma lui soprastò il suo tono di voce superando il mio invitandomi a seguirlo con gesto di mano mentre si avviava verso all'ascensore dell'hotel che conduceva ai piani superiori.
Mi girai verso mio padre e i tre facchini personali di Kim Taehyung mi superarono mente portavano le valigie e per un momento tutto questo mi sembrò assurdo mentre mi subivo gli interi sguardi di tutto il personale dell'hotel novecento.
Mi ritrovai in ascensore con il musicista di jazz più famoso dei nostri tempi.
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The Novecento Hotel| Taekook
Fiksi Penggemar1975: Tra l'azzurro del cielo che si univa al colore del mare e la brezza fresca della stagione, vi era il Novecento hotel. L'albergo più lussuoso della costa, dove, le persone di più alta borghesia da ogni parte del mondo, trascorrevano le loro vac...