Quando arrivai, c'era un sole freddo, i raggi non riscaldavano per nulla il viso: improvvisamente mi sembrò che quel posto perse il suo calore e, anche l'hotel mi apparse diverso. Non aveva più quel colore accesso, quel bianco e oro che spiccavano come un diamante; era tutto così piatto, senza valore.
Il luogo era avvolto da un silenzio, poco prima c'erano stati i funerali dei miei genitori, le persone mi venivano vicino, sentivo le loro mani accarezzarmi le spalle o il viso, qualcuno diceva qualcosa come:" condoglianze" oppure "fatti coraggio figliolo! Avevi due genitori splendidi." Alcune di loro non li conoscevo o per lo meno mi sembrava di conoscerli, intravedi tutto il personale del hotel, qualche cliente che venendo a sapere della disgrazia era venuto al funerale. Tra tutte le persone i miei occhi erano concentrati su Achille che, su una panca della chiesa rimase in un silenzio assordante mentre crollava in un pianto disumano, ripeto non lo avevo mai visto così; io ero seduto dall'altra parte, di fianco alla sorella di mia madre e ai genitori ormai anziani di mio padre, ovvero i miei nonni e la zia Susan, li avevo chiamati io, erano gli unici parenti in cui erano in contatto i miei genitori, perché la loro scelta di vivere in Italia e in più adottare un bambino coreano non fu ben voluta da parte di tutti.
Di fianco ad Achille c'era sua figlia, Rosy. A stento la riconobbi quando mi si avvicinò e senza dire niente mi abbracciò stringendo le sue braccia attorno al mio collo.
Era diventata una donna, o per lo meno così si dice: il suo volto da ragazzina era scomparso, al suo posto c'erano tratti più marcati, le labbra erano dipinte di un rossetto leggero e il suo corpo fasciato da un abito in nero che le calzava a pennello mettendo in mostra i suoi lineamenti e i suoi capelli, non erano lunghi e mossi come una volta ma corti, raccolti da un fermaglio in argento con delle perle.
Era passato un anno e poco più da quando non l'avevo vista eppure mi sembrò un eternità: a fine della messa, dopo la sepoltura, mi raccontò che aveva concluso la scuola e che la sua intenzione era di ritornare all'hotel ma non in questo modo sperava di trovare tutto come lo aveva lasciato, avrei Voluto dirgli che in realtà da tempo ormai le cose non era più come prima; si trattenne quando vidi i miei capelli rasati,gli dissi che in realtà stavano crescendo e che prima addirittura erano più corti. Infine mi raccontò anche che aveva conosciuto l'amore, un ragazzo di Roma che andava nella sua stessa scuola, mi raccomandai di farmelo conoscere e lei mi sorrise.
Tutto era cambiato.
Ritornare all'hotel non mi aveva fatto bene per niente, no. Di questo grande edificio antico non vi era più niente di mio: la persona che amavo non c'era, le persone a cui tenevo non c'erano. Essere lì in quel momento mi provocava solo un grande dolore, sentì la nausea avvolgermi lo stomaco da quanto stavo male.
Fu proprio quella sensazione che mi spinse a prendere una decisione: trovai Achille seduto su una panchina, dove c'era l'asfalto con la ghiaia. I suoi occhi erano rivolti verso il mare, il colletto del suo cappotto era rialzato per il freddo, nell'aria volava via il fumo della sigaretta che stava fumando, mi sembrò invecchiato di colpo. In silenzio mi avvicinai a lui e anche non si girò si accorse della mia presenza.
"I tuoi genitori hanno dato l'anima per questo hotel." Disse mentre del fumo uscì dalla sua bocca.
"Lo so."
"Devi mantenere in alto l'onore di questo hotel Jungkook. Adesso tocca a te." Spense la sigaretta nei piccoli sassi per terra.
"Achille io ho preso una decisione. L'hotel sarà tuo."
Sapevo cosa avevo appena detto, vendevo l'hotel ad Achille, gli lasciavo la mia eredità fra le mani. Qualcuno penserà che io ero impazzito, probabile che Achille fu il primo a pensarlo.
"Questo non è un lavoro per me. Nessuno, al di fuori di te, saprà gestire il novecento hotel."
"Tuo padre questo non lo voleva."
"Mio padre lo sapeva che io non ne ero capace, ho passato la mia estate dietro ad una reception. Tu gli stavi al fianco, non il figlio." Sospirai nel dire la verità ma sapevamo entrambi che lo era.
"Lascio la gestione a te e a Rosy. Voi due lo amate forse più di me questo posto, sono sicuro che porterete avanti voi l'onore di questo hotel. Ma ormai non mi appartiene più, troppi ricordi conserva questo posto."
Per una manciata di minuti ci fu silenzio fra noi due, mentre le onde del mare diventarono mosse per via del vento che iniziò ad alzarsi; sentì Achille tremare di fianco a me, aveva gli occhi ancora arrossati dal pianto.
"Che cosa farai, Jungkook?"
Era arrivato il momento di dirlo, non solo a lui a me stesso, me ne sarei andato.
" andrò a vivere a Londra. Mi accerterò che le cose andranno bene perché mi fido di te, ti scriverò e ti manderò l'indirizzo della mia casa e, quando potrò verrò a trovarvi, quando sarò pronto a tornare."
Achille si girò verso di me, fu la prima volta da quel momento che mi guardò e mi sorrise, lo stesso sorriso di Rosy.
Fu l'ultima volta che vidi il novecento hotel, Achille e Rosy: non sarò mai pronto a tornare.
Preparai le mie cose e le valigie, chiesi il congedo totale in caserma, arrivai a Milano e presi per la mia volta l'aereo.
Me ne stavo andando per sempre, di nuovo, in una terra sconosciuta.
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The Novecento Hotel| Taekook
Fanfiction1975: Tra l'azzurro del cielo che si univa al colore del mare e la brezza fresca della stagione, vi era il Novecento hotel. L'albergo più lussuoso della costa, dove, le persone di più alta borghesia da ogni parte del mondo, trascorrevano le loro vac...