pezzi di cuore sparsi / un'ultima volta

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doppio titolo perché ero indecisa e mi piacevano entrambi

[ capitolo 15 ]

Tutti quei tormenti che rimbombavano in testa avevano proibito a Jungkook di addormentarsi, colorando la notte di bianco

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Tutti quei tormenti che rimbombavano in testa avevano proibito a Jungkook di addormentarsi, colorando la notte di bianco. Aveva trascorso le ore a rigirarsi nel letto, infastidito da un dolore nel petto che gli aveva concesso di crollare giusto una mezz'ora prima di svegliarsi con la medesima angoscia. Quando si era alzato all'alba, il candore del viso era diventato pallido da far inquietudine, due macchie viola regnavano sotto le ciglia, le guance erano tracciate da lacrime secche e alcune gocce erano ancora umide sulla fodera del cuscino. Il divieto di Yoongi, le parole sue e quelle di Hoseok, il rimorso all'idea di aver sbagliato ogni cosa lo faceva sentire talmente distrutto da sentirsi come se potesse cadere in minuscoli frammenti alla prima folata di vento.

Come aveva fatto a non pensarci? Davvero credeva di poter sottrare Taehyung alla famiglia, di allontanarlo dalla vita che stava costruendo mattone per mattone, perfino di costringerlo a rinunciare al lusso per condurlo nella sua misera strada dal futuro incerto? Lo amava come non aveva mai amato nessun altro, ma era arrivato alla conclusione di non poter fargli del male in quel modo così egoista: se era vero che il suo arrivo non avesse fatto altro che incasinare tutto, per il suo bene avrebbe rimediato togliendosi dai piedi.

Incrociare i suoi occhi aveva sempre dato vita a centinaia di farfalle nello stomaco eppure, quella volta, causarono solo una sensazione di ansia, paura, disgusto verso sé stesso e quell'intera situazione. Appena Taehyung gli aprì la porta venne accolto con un sorriso che morì sul nascere nel notare le sue condizioni.

«Jungkook?» il maggiore non solo non si aspettava di trovare proprio lui sull'orlo dell'ufficio, ma si stupì nel vederlo palesemente stanco sia fisicamente che mentalmente. Guardò a destra e a sinistra per controllare non ci fosse nessuno — era raro si incontrassero durante il giorno, soprattutto durante le ore di lavoro — e fece un passo indietro per permettergli di entrare. «E' successo qualcosa?» alzò una mano con l'intento di accarezzargli dolcemente la guancia e si stranì appena l'altro si ritrasse.

Neanche lui capì dove avesse trovato il coraggio di incastrare sfacciatamente le iridi di pece con quelle confuse di Taehyung. «Devo essere breve, non posso più stare qui.» la durezza nella sua voce fece immobilizzare il moro che, non riuscendo proprio a capire, si preoccupò davvero.

«Stai qui tutto il tempo che vuoi, non m'importa se...» il modo apprensivo e tenero con cui lo guardava era come ripassare una lama su una ferita profonda, Jungkook dovette interromperlo.

«Non posso stare più qui con te, Taehyung.» si corresse. Per Taehyung, le lancette dell'orologio si fermarono insieme al resto del mondo. «Mi dispiace, non ti porterò con me. Non funzionerà.»

Le sopracciglia si sollevarono, anche il labbro inferiore cadde dallo sconvolgimento. Impiegò interi attimi a elaborare quelle parole che non avrebbe mai pensato di sentire e, realizzando di trovarsi nel peggiore dei suoi incubi, prese addirittura a tremare. «Cosa? Jungkook, ma che stai dicendo?» accennò un sorriso per una frazione di secondo nell'immaginare fosse tutto uno scherzo, una speranza demolita immediatamente dalla serietà nell'atmosfera. Jungkook riconobbe lo stesse definitivamente spezzando, poté percepire nel petto lo stesso macigno che gli aveva scaraventato addosso.

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